Saluto del Parroco
     

Nella chiesa di santo Stefano, a Umm Ar Rasass in Giordania (vedi foto a lato) si trovano degli incantevoli mosaici bizantini del VI secolo d.C. Nonostante il passare dei secoli e la furia devastatrice degli uomini si conservano ancora molto bene.

La tecnica del mosaico è antichissima e ancora oggi, anche in Italia, possiamo vederne di bellissimi a Ravenna, in antiche ville romane o, in una forma di assoluta bellezza, nel duomo di Morreale, vicino a Palermo. Più piccole sono le tessere usate, migliore è il risultato e la cura dei particolari.

Non è certo mia l’immagine che paragona la comunità dei credenti a un mosaico, è una metafora usata molto spesso, così come quella della barca (Cfr. Matteo 8,23-27), ma credo possa aiutarci in questa riflessione estiva che, comunque, è già proiettata sul nuovo anno pastorale che inizierà a settembre con un momento intenso e forte: dal 13 al 17 settembre saranno ancora con noi padre Franco e padre Simone per riprendere i temi della Missione che abbiamo vissuto con impegno e partecipazione lo scorso anno.

Nell’alveo della proposta pastorale della Diocesi saremo chiamati a riflettere sulla seconda parte della lettera pastorale del Vescovo: diventare Chiesa. Un cammino triennale quello che abbiamo di fronte che in questo primo anno ha uno slogan significativo: “Chiesa: casa e scuola di Comunione”. Cosa può significare questo per noi?

Scrive Paolo alla Chiesa di Corinto (1 Cor 3,4-9): “ [4]Quando uno dice: “Io sono di Paolo”, e un altro: “Io sono di  Apollo”, non vi dimostrate semplicemente uomini?  [5]Ma che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo? Ministri attraverso i  quali siete venuti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha  concesso. [6]Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto  crescere. [7]Ora né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma Dio che  fa crescere. [8]Non c'è differenza tra chi pianta e chi irrìga, ma ciascuno  riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro. [9]Siamo infatti  collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio.

Pur essendo nell’era del cosiddetto “villaggio globale” è altrettanto vero che viviamo in un tempo di disgregazione dove molto spesso ci si basa sul “si salvi chi può” che ci conduce al rifugiarsi nel privato e a considerare l’altro più come un contendente che un fratello o una sorella con cui vivere l’esperienza evangelica. Anche la fede non risulta essere un “collante” che dà consistenza e unità alla nostra vita. Al nostro ipotetico mosaico mancano troppe tessere così che rischia non solo di essere incompleto ma anche sbiadito, incolore.

Anche ripensando alle parole di Paolo non dobbiamo mai dimenticare che siamo collaboratori di Dio, addirittura edificio e campo! Diventare comunità cristiane che sono casa e scuola di comunione comporta, secondo me, due grossi impegni.

Il primo, che comunque è priorità per ogni credente, è quello di rientrare la nostra vita in Gesù Cristo morto e risorto. Solo in lui possiamo trovare la piena comunione. Sempre Paolo, all’inizio della prima lettera ai cristiani di Corinto (1,13), ricorda che Cristo non può essere diviso. Ed è proprio nella fede che cresciamo nella comunione consapevoli che siamo tutti rinati in Cristo nel battesimo e invochiamo Dio chiamandolo “Abbà”, Padre.

Il secondo impegno è di fatto, conseguenza del primo, trova in esso la sua radice. Per diventare casa e scuola di comunione dobbiamo uscire dai nostri privatismi, dalla nostra indifferenza, dalla difesa a oltranza di quelli che reputiamo essere nostri “diritti”. È tempo di allargare il nostro sguardo pensando non solo al bene spicciolo che ricopre la nostra vita ma anche a quella di tutta la comunità. Se Gesù avesse seguito questa “scuola di pensiero” non sarebbe stato inchiodato alla croce e la nostra redenzione sarebbe a di là da venire.

Quello delle nostre comunità è un bel mosaico perché tante persone portano il loro contributo in vari modi e varie forme, ma il nostro può diventare un mosaico straordinario, pieno di tutti i colori e sfavillante di luce perché trasmette l’amore di Dio. Impariamo a vivere insieme, ad unire le forze, a costruire, uniti dalla fede nel Risorto, una Chiesa di “pietre vive” capace di diventare segno di gioia e di speranza in un questo tempo in cui la tenebra sembra vincere sulla luce. Tessera dopo tessera il nostro mosaico potrà diventare un’opera d’arte, l’arte dell’amore di Dio per noi.

Spero che questo tempo estivo diventi occasione di riflessione per tutti noi e occasione propizia per un impegno nuovo e vitale che ci permetta di crescere come comunità di credenti ma anche di uomini e donne inseriti in questo spazio di storia, in questo particolare tessuto sociale e storico. Il tempo della vacanza e del giusto riposo, spero ci aiuti in questa presa di coscienza.

A tutti voi, ma soprattutto a coloro che ci leggono da posti lontani, l’augurio che l’estate sia tempo di sollievo, di riposo, di ricarica interiore ma, soprattutto, sia ricco di ogni benedizione da parte del Signore “Mio rifugio e mia fortezza,  mio Dio, in cui confido”. (Sal 91,2)

 

Don Giacomo

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