Saluto del Parroco
     

Gli apostoli (tornati dalla missione) si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: “Venite in disparte, in un luogo solitario e riposatevi un po’”. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte” (Mc. 6,30-32)

Credo siano ancora vivi in noi gli echi della missione parrocchiale vissuta ai primi di Ottobre. Ancor più è vivido in noi il ricordo della visita pastorale dei Vescovo che si è conclusa pochi giorni fa. La prima parte dell’anno pastorale è stata segnata da questi due importanti momenti che hanno richiesto energie e risorse, non solo nella fase preparatoria ma anche in quella di attuazione. Credo che la partecipazione così consistente alle celebrazioni e agli incontri sia certamente segno di impegno e di forte coinvolgimento non semplicemente emotivo.

Anche noi come gli apostoli, non solo abbiamo vissuto la missione ma, in qualche modo siamo stati inviati in missione. Il Vangelo di Marco apre il capitolo 6 con l’invio dei dodici da parte di Gesù. A metà capitolo tornano e, ci dice l’evangelista, si radunano attorno a Gesù per raccontare quanto hanno vissuto. Lo possiamo chiamare il tempo della sintesi, della memoria.

È bene che anche noi viviamo questo tempo proprio per non perdere quanto abbiamo vissuto soprattutto nei giorni della missione. Gli stimoli di padre Franco e padre Simone sono stati spesso forti, sono andati diritti al cuore permettendoci una riflessione profonda sulla nostra vita e anche sul nostro modo di vivere la fede.

Di fronte agli entusiasmi di quei giorni c’è il rischio che magistralmente ci ricorda l’evangelista Matteo nella parabola del seminatore (13,3-9): il seme della parola è stato gettato nella nostra vita ma le spine (le preoccupazioni della vita) finiscono per soffocar questo seme vitale. Cosa dobbiamo o possiamo fare per far sì che queste “spine” non finiscano per soffocare il seme della Parola di Dio?

Innanzitutto dobbiamo tener coltivato il terreno della nostra vita perché sappiamo bene che i “spinari” fanno presto a crescere se non teniamo pulito e dissodato. Preoccupazioni e cose da fare non mancano mai, siamo sempre di corsa e viviamo in un mondo dove il modello cristiano non è certo di moda. Tenere coltivato il campo della nostra vita ci chiede di tener fisso lo sguardo verso il Cristo, ricordando bene qual è il centro della nostra vita, la sorgente di ogni nostra azione e soprattutto di ogni nostro gesto d’amore.

È bello pensare agli apostoli che si riuniscono attorno a Gesù per raccontargli quello che hanno detto e fatto. Credo che anche noi abbiamo bisogno di riunirci attorno a Gesù per raccontargli la nostra vita, per fare il punto del nostro cammino di credenti. Questo riunirsi per noi si esprime nella preghiera e nei segni della liturgia. Tutta la comunità, ogni domenica, è chiamata a riunirsi attorno a Cristo, che si fa Parola e Pane nella celebrazione Eucaristica, quella S. Messa domenicale che troppo spesso mettiamo come un optional della nostra vita di fede. Troppe le cose da fare per averne il tempo…

C’è un altro aspetto importante che emerge dal testo di Marco che apre questa riflessione. Gesù invita i suoi ad andare in disparte per riposarsi un po’. Dalle parole del maestro emerge tutto l’amore di Dio per il suo popolo. È un gesto squisitamente umano di attenzione ma è anche la manifestazione divina di un amore che sa cogliere la stanchezza dell’uomo, il suo bisogno di un porto sicuro dove sostare e rifiatare dopo il lungo cammino, un posto tranquillo dove non solo fare memoria ma anche curare quelle piaghe e quelle ferite che la vita, ineluttabilmente, provoca nella nostra storia.

Gesù chiama a anche noi ad andare in questo “posto solitario” per riposare un po’. Del resto anche la grotta di Betlemme era fuori mano e Giuseppe e Maria si fermarono lì per riposare un po’.

Siamo alle porte del Natale, ancora una volta siamo chiamati a contemplare il mistero dell’incarnazione di un Dio che si fa storia, che si fa umanità e ci chiama a riposarci un po’ stando in sua compagnia. Una compagnia sicura, amorosa, ma soprattutto fedele e misericordiosa.

Abbiamo alle spalle un altro anno segnato da mille tragedie e dai segni evidenti della follia umana che spesso ha la violenza come unica forma di comunicazione. Se guardiamo alla vita del Paese non scorgiamo segni positivi. Spesso c’è un clima di paura: paura del futuro, dell’altro, di quanto non possiamo controllare.  Sono tutte cose più o meno vere ma spesso troppo enfatizzate dai mass media troppo impegnati o sul nero o sul rosa…

E allora, mentre ci riposiamo un po’ in compagnia di Gesù è importante che ci raccontiamo le cose belle, che lodiamo il Signore per i progetti che abbiamo saputo realizzare, che ci raccontiamo il bene che abbiamo ricevuto anche quest’anno, che ci ricordiamo dei santi e di tutti quelli che non smettono di vivere la loro missione di cristiani in ogni parte del mondo.

Mi piacerebbe, nel prossimo anno, inventare un nuovo TG, un notiziario in cui sono si parla per mesi di Garlasco, di Cogne o di Perugia, ma si dà voce a chi fa del bene, che festeggia tutti i volontari che ci sono in giro per il mondo, un telegiornale che se muore uno come don Benzi non gli dedica un semplice “coccodrillo” di cinque minuti ma ci racconta la sua via dedicata al vangelo. Un TG che ci ricorda che il Signore non smette mai di amarci nonostante la nostra “dura cervice” come dice Mosè riguardo ad Israele.

Ma forse non occorre aspettare così tanto… Se vogliamo già in questo Natale possiamo cogliere il bene. Il bene dell’Emmanuele, il Dio con noi, ma anche quello di relazioni recuperate, di tempo dato nella gratuità, di un riposo del corpo e dell’anima che ci dona un po’ di serenità e soprattutto il tempo per ripensare la nostra vita e le nostre relazioni.

Sia un Natale di bene, ma non di buonismo, un Natale in cui recuperiamo gli stimoli e i doni della missione per viverli in maniera significativa come cristiani consapevoli del loro compito e del loro impegno missionario.

Colgo l’occasione di questo messaggio anche per ringraziare di cuore frà Simone e frà Franco per l’esperienza che ci hanno aiutato a vivere nella missione. Esperienza che per me è stata anche profondamente umana visto che abbiamo vissuto assieme per tutta la settimana.

A tutti, soprattutto a chi è lontano e a chi vive momenti di difficoltà e di sofferenza, gli auguri di un Natale sereno e pieno di gioia e anche di un nuovo anno carico di speranza e di soddisfazioni.

La gioia del Natale, la gioia del Signore che viene in mezzo a noi colmi la nostra vita e ci guidi, sereni, sulle strade della vita.

Buon Natale.

                                                                       Don Giacomo

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