Saluto del Parroco
     

Felici e contenti…

Ci sono molti modi di leggere la storia dell’umanità e quanto ci accade. Potremmo leggere questa prima metà del 2006 con l’occhio emozionato e “caldo” dello sportivo, ripensando ai fasti delle Olimpiadi invernali di Torino con le grandi prestazioni degli atleti di casa nostra e ancora più ricordando l’esultanza che risale a pochi giorni fa quando alle 22.41 del 9 luglio Fabio Grosso ha tirato in porta l’ultimo rigore della finale contro la Francia. Potremmo dire che siamo tutti felici e contenti, ancor più se è vero quanto scrive l’autorevole “Financial Times”, giornale economico londinese, che afferma che una vittoria al mondiale di calcio può aumentare di un punto abbondante il famoso e unico punto di riferimento di uno stato: il PIL, Prodotto Interno Lordo.

In tutto questo periodo però, segnato anche dal grande scandalo del calcio italico, mi è risuonata dentro una frase sentita un giorno per caso alla radio, una sorta di aforisma detto da un artista teatrale, Alessandro Bergonzoni, intervistato proprio su “calciopoli”. L’arugto autore parafrasando una definizione ormai celebre ha detto: “Il calcio è un’arma di distrazione di massa”.

Una “A” al posto di una “U” e ne è uscita una frase davvero forte e, secondo me, significativa che non vuole semplicemente condannare o penalizzare il mondo di per sé bello del calcio ma invitarci a pensare e a capire come sia estremamente facile, nel nostro modo di vivere, lasciarci prendere da tante “armi di distrazione di massa”.

È importante allora riuscire a fare sintesi di ciò che proviamo, di ciò che viviamo, per non rischiare di diventare una semplice fiumana umana come quella della del lunedì sera a Roma. Giusto fare festa, giusto ringraziare e, se vogliamo, anche celebrare. Ma non lasciamoci distrarre per non perdere il senso di tutto. Dobbiamo estrapolare dalla cornice le cose che contano, quelle che lasciano un segno oltre la memoria del dire: “Io mi ricordo la finale di Berlino”. Tre cose segneranno il mio ricordo personale. Tre cose che vanno al di là della vittoria perché secondo me hanno qualcosa di vero da insegnarci: la compattezza del gruppo, una squadra che ha saputo stare e giocare assieme così da portare a un risultato significativo; la figura di Rino Gattuso che prima che giocatore si è dimostrato un uomo in grado di essere un vero e proprio leader; la solidarietà espressa nei confronti di Gianluca Pessotto che lottava tra la vita e la morte all’ospedale di Torino.

Felici e contenti… ma con i piedi per terra proprio per non lasciarci cogliere in fallo dalle “armi di distrazione di massa” che finiscono col portarci fuori dalla vita, fuori da una realtà che invece ci chiama alle nostre responsabilità, ai nostri impegni.

Come accennavo prima non c’è solo il calcio. Alla lista delle armi dobbiamo aggiungere mode, tendenze, modelli culturali spesso proposti dalla televisione che ci illude su un benessere e una felicità poggiate su tante cose effimere e passeggere, l’attenzione quasi morbosa (il cosiddetto gossip) nei confronti dei vari personaggi di questo o quel settore.

Gli antichi romani avevano una filosofia politica molto semplice: “pane et circenses”. Dobbiamo stare molto attenti a non cadere anche noi in questo vortice del “pane e divertimento” perché rischieremo di perdere il senso della vita dimenticando i veri valori dell’esistenza.

L’anelito fondamentale dell’uomo è la felicità e anche Dio vuole l’uomo felice. Ma questa felicità non si trova semplicemente nel divertimento e nelle cose di questo mondo.

Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore tuo Dio ti dà per sempre” (Dt. 4,40)

La vera felicità per un cristiano sta nella comunione piena e profondo con Dio, con se stesso e con gli uomini. Del resto non possiamo dimenticare anche quella parola che otto volte ricorre all’inizio del discorso della montagna di Matteo: “Beati…” (cfr. Mt. 5,1-12).

Tre ambiti quindi sui quali dobbiamo sempre vigilare per far sì che  quella di ciascuno di noi sia una vita significativa e carica di senso. Un senso che ha la sua origine e la sua radice in Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza. Un Padre buono e misericordioso “lento all’ira e pieno d’amore, Dio fedele” (Sal 86,15) che deve essere il centro della nostra vita, la fonte viva a cui ogni giorno attingiamo nella preghiera, nella vita spirituale e nei sacramenti. È lui la sorgente dell’amore.

A partire da questa sorgente dobbiamo imparare a vigilare su noi stessi e sul prossimo. Di solito, davanti alle parole di Gesù “ama il prossimo tuo come te stesso” (Mt 19,19) ci soffermiamo soprattutto sulla seconda parte, dimenticando che se non abbiamo rispetto e amore per noi stessi non possiamo averne per gli altri. Avere amore e rispetto per se stessi, alla luce dell’evangelo, non è un gesto di insano narcisismo o di egoismo ma è la capacità di accettare noi stessi per quello che siamo, con i nostri pregi e i nostri difetti senza così incorrere in inutili confronti che spesso non fanno altro che generare un’invidia deleteria. Amare se stessi significa avere rispetto per la propria vita fisica, consci del fatto che è un dono di Dio che non possiamo buttare alle ortiche. Fare festa e divertirsi, mi rivolgo soprattutto a certe fasce giovanili, non significa nuotare nell’alcool tutti i fine settimana che ci sono in un anno. Amare se stessi significa prenderci il tempo per formarci, sia spiritualmente sia umanamente magari attraverso delle buone letture.

Il terzo ambito è quello delle nostre relazioni con gli uomini. Io penso che finché da qualche parte del pianeta ci saranno uomini e donne che ogni giorno devono lottare per sopravvivere non abbiamo motivo di essere felici.

Il rispetto dell’altro, anche nelle sue diversità, diventa una priorità fondamentale della nostra vita. Un proverbio cinese recita: “Uomo è chi sale sul palanchino, uomo è chi tira il palanchino”. La felicità di questo mondo è spesso fondata sull’infelicità di altri. Questo non ci deve far perdere di vista, soprattutto in ottica cristiana, la carità e la solidarietà ma anche la capacità di sapere e conoscere quanto avviene intorno a noi. Ricordiamocelo bene: non accontentiamoci del “pane et circenses”.

Oggi più che mai l’umanità ha bisogno del “gioco di squadra” per poter ottenere risultati significativi che ci portano veramente ad essere uomini e donne degni di essere a immagine e somiglianza di Dio. Più che mai abbiamo la necessità di essere uomini e donne che colgono le priorità della vita e sanno rispondere alle necessità di un’umanità sofferente sempre più grande. Per fare questo sempre più ci sarà bisogno di solidarietà e attenzione che nascono, io credo, anche dalla nostra capacità di non lasciarci distrarre da quelle famose armi di distrazione di massa.

Sarebbe davvero bello, un giorno non molto lontano, poter uscire per le strade gridando a squarciagola “Campioni del mondo”. Sì, campioni del mondo di umanità, di solidarietà, di rispetto e riconciliazione. Difficile, ma non impossibile se il nostro “Commissario Tecnico” è Gesù Cristo morto risorto per noi.

A tutti voi, soprattutto a chi ci legge da lontano, gli auguri di un’estate serena. Il momento delle vacanze possa essere occasione per invigorire le forze e rinnovare la speranza soprattutto là dove le vicende umane sono state segnate dalla sofferenza e dal dolore.

L’esempio di Maria, Madre di Dio e Madre nostra, che veneriamo nella sua Assunzione al cielo, ci sia di aiuto e di conforto nella strada della vita per potere, passo dopo passo, diventare dei veri cristiani, solidi nella fede ed efficaci nella testimonianza.                

 Don Giacomo

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