Saluto del Parroco
     

L’inverno sembra finalmente finito, mentre le prime piccole gemme appaiono quasi timidamente sui rami degli alberi e le ultime chiazze di neve si sciolgono sotto i raggi di un sole che giorno dopo giorno diventa sempre più forte.

È stato sicuramente uno degli inverni più lunghi di questi ultimi anni, segnato dal freddo e da tanta neve che ci ha ricordato che ogni tanto può anche succedere che dobbiamo fermarci… rallentando i ritmi frenetici della nostra vita.

L’inverno è alle spalle, meteorologicamente  è iniziata la primavera ma il timore, la paura, è che l’inverno ce lo portiamo dentro, nel cuore. Non c’è inverno siberiano che tenga di fronte a quello del cuore, che ci porta ad essere freddi, grigi, senza più alcuna speranza. È il clima che respirano gli apostoli nel Getsemani e nelle ore della Passione.

E avanzatosi un poco, si  prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: “Padre mio, se è  possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma  come vuoi tu!”. [40]Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E  disse a Pietro: “Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me? [41]Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è  pronto, ma la carne è debole”. (Mt 26,39-40)

La scena della preghiera nell’orto degli ulivi, così ben rappresentata dal primo dei 14 quadri della via crucis di Pedemonte, ci propone due figure ben distinte.

Da un lato la figura di Gesù che guarda al calice tenuto da un angelo. Gesù che vive l’esperienza della solitudine ma soprattutto dell’abbandono nelle mani del Padre; Gesù consapevole di quello che sta succedendo ma altrettanto conscio della sua missione: rivelare in modo definitivo l’amore di Dio che offre il suo Figlio per la redenzione dell’umanità: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque creda in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).

È un Gesù che, nonostante, l’angoscia dell’ora sembra librarsi sul terreno, sembra alzato da terra mentre viene illuminato da quel fascio di luce, che richiama alla presenza dello Spirito Santo e che lo fa risaltare rispetto agli altri personaggi della scena, la schiera dei soldati sullo sfondo e i tre apostoli.

È un Gesù in preghiera, Gesù nel pieno della sua comunione con il Padre perché proprio in questa relazione d’amore egli si prepara a manifestare la gloria di Dio, proprio sulla croce.

Ci sono poi i tre apostoli, Pietro, Giacomo e Giovanni che dormono il sonno profondo della prostrazione, della sfiducia. Come Gesù è leggero loro sono pesanti nella loro posizione. È il sonno dell’indifferenza.

Anche noi, chiamati dal Signore a vegliare con lui, come i tre apostoli, corriamo il rischio di addormentarci, di cadere in quell’inverno spirituale che ci porta a tirarci fuori da tutto, ad estraniarci da quella che è, o dovrebbe essere, la nostra vita di cristiani.

Dico vita cristiana perché per tutto il resto si procede nella normalità di un’esistenza normale, fatta delle solite cose, dove ci si comporta più o meno correttamente, dove si cerca di barcamenarsi in una situazione culturale ma anche economica e sociale che fa intravedere delle grosse crepe.

Certo non mancano segni belli e significativi ma ho come l’impressione che, spesso, nella fede, ci siamo lasciati andare alla deriva di una religiosità che nulla ha a che vedere con quella relazione profonda con Dio, con il fare esperienza del suo amore misericordioso, che è alla fine è alla base della nostra fede.

Credo sia importante risvegliarsi da questo torpore spirituale che ci ha portato o ci porta lontano dalla figura di Gesù Cristo, rivelazione dell’amore del Padre. Gesù che a volte viene sostituito da tanti altri piccoli idoletti che ci creiamo o, ancora, da quell’egoismo che ci porta a considerarci più bravi, onesti o intelligenti degli altri.

Dobbiamo forse uscire da una sorta di appiattimento che rende tutto uguale, per non correre il rischio di non saper più distinguere ciò che conta di più e ciò che conta di meno.

Per il cristiano, cioè per il seguace di Gesù Cristo, il centro di tutta la vita deve essere il Messia e la sua “buona notizia” come possiamo leggerla nella prima lettera di Giovanni che fa da incipit all’enciclica di Benedetto XVI: “Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui. Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto” (1Gv 4,16)

Le grandi liturgie del Triduo Pasquale, che ci accingiamo a vivere, sono una grande occasione per uscire dall’inverno spirituale che spesso ci attanaglia. Sono strumento importante non tanto per celebrare dei riti commemorativi quanto piuttosto per entrare nel mistero della redenzione che si è compiuto in Cristo.

Sono altresì occasione per riprendere il nostro cammino, per rialzare il capo e cogliere la speranza che viene da Gesù Cristo, una speranza che non manca nemmeno oggi in un tempo in cui molti eventi o situazioni ci appaiono con tinte piuttosto fosche.

Questo cogliere la speranza che viene dalla risurrezione ci deve portare anche a “risorgere” nella vita dove, più che mai, c’è bisogno di energie e impulsi nuovi. Troppo spesso ci ritiriamo nel nostro “privato” lasciando agli altri il compito di tirare la baracca.

E qui mi rivolgo in modo particolare ai giovani che devono rendersi consapevoli che sono il futuro del paese e senza la loro creatività e vitalità si rischia davvero un grave impoverimento. Non abbiate paura di rimboccarvi le maniche, di rendervi partecipi della vita della comunità imparando a scoprire Gesù Risorto e imparando a gustare la gioia di rendersi utili per il prossimo. Non abbiate paura di mettervi in gioco, con determinazione e costanza, imparando a fare progetti che vanno al di là dell’immediato guardando al futuro con fantasia e lucidità, consapevoli che avere molto da dare.

Spesso troviamo nell’iconografica l’immagine della croce fiorita. Dal legno della croce, su cui si compie il mistero della redenzione, sbocciano i fiori, simbolo di una primavera nuova, che vince l’inverno del peccato. Cristo, con la sua Risurrezione, anche quest’anno ci ricorda che può iniziare un tempo nuovo, una primavera nuova, nella quale ognuno di noi fa sbocciare i fiori di un’esistenza vissuta nel nome del Signore, come cristiani inseriti nel tessuto storico di questo tempo che abbiamo la grazia di vivere.

Possa essere per tutti, soprattutto per chi ha vissuto o sta vivendo momenti di sofferenza, una Pasqua di gioia e di risurrezione, dove facciamo il pieno di speranza per continuare il nostro cammino. Per tutti possa essere un momento di gioia e un momento di commozione perché davanti al mistero dell’amore di Dio ci rendiamo conto, con emozione appunto, che Dio non ci fa mai mancare il suo amore.

Impariamo a vivere da risorti, desiderosi di vivere, di trasmettere e comunicare la fede, capaci di servire così come Gesù ha fatto con noi.

Il Signore Risorto vi conceda ogni benedizione e sostenga il vostro cammino, riempia di forza il vostro cuore e vi conceda di vivere in pace con tutti per essere testimoni efficaci della sua Buona Notizia.

Buona Pasqua.

 

                                      Don Giacomo

Powered by Don Giacomo Viali e Sandro Ciechi