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IL
SALUTO DEL PARROCO
“Natale quando arriva, arriva” recitava uno spot
pubblicitario non molto vecchio. Del resto è il tam-tam dei “consigli per gli
acquisti”, molto prima dei segni liturgici, a segnalarci l’arrivo delle
feste. E infatti il Natale arriva, puntuale, potremmo dire quasi inesorabile. Arriva,
nonostante le tribolazioni o le sofferenze, arriva nonostante le guerre e le
tensioni che possiamo sentire più o meno vicino alla nostra vita. Arriva in
tutte quelle famiglie che poco più di un mese fa hanno visto i loro cari e i
loro sogni finire sotto i colpi di una violenza bieca e lucidamente folle. Una
follia che ogni giorno si ripete dietro ogni angolo di questo pianeta che
spesso, troppo spesso, si trova a piangere i propri morti. Natale arriva, ma rischia anche di passare, se non sappiamo
fermarci a contemplare il mistero di salvezza che esso porta in sé. Per fare
questo sarà necessario superare le voci delle tante “sirene” commerciali e
mediatiche per lasciare che a sussurrare ai nostri cuori siano le parole cariche
di amore che ci vengono da Dio. Sarà necessario fermare il tempo per consentire
la nostra contemplazione, la nostra preghiera. “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Abbiamo alle spalle ormai
un anno segnato ancora una volta da eventi spesso funesti e carichi di dolore
anche se non mancano mai i segni di speranza e di carità che però troppe volte
vengono lasciati nel dimenticatoio, non fanno notizia in tutti quei contenitori
televisivi dove si indugia troppo sulle emozioni e su cose del tutto frivole e
lontane dalle cose vere del mondo. Ci sono tante luci che brillano ma non di
luce propria, sono solo il riflesso delle cose di questo mondo. La luce vera,
per noi che ci diciamo cristiani, non può essere altro che Gesù Cristo. Le tenebre che ci
avvolgono, il buio delle nostre sconfitte o dei nostri dolori sono illuminate
dal Cristo che nonostante tutto non smette di amarci, di venire in mezzo a noi
come segno di salvezza del Padre. Nel Natale si rinnova la nostra grande
speranza che si concretizza in quel segno contraddittorio di povertà e umiltà
che è il bambino Gesù. Cosa c’è di più indifeso di un bimbo, cosa ci può essere
di più povero? Eppure Dio sceglie questa via per arrivare a noi. Non sceglie la
via della potenza, dell’appariscenza ma dell’incontro. Il Natale è il
“sacramento dell’incontro” come lo definisce mons. Tessier, arcivescovo di
Algeri. È l’incontro tra la nostra povertà e la grandezza di Dio che si è
fatto povero per amore del suo popolo e realizzare le sue promesse di salvezza. Potrebbe essere questo il segreto del nostro Natale:
l’incontro vero con Dio nel cuore della storia. Gesù nasce nella povertà di
Betlemme mentre l’impero romano emana tutta la sua potenza facendo il
censimento di tutti i territori. Anche noi, tante volte, ci troviamo a vivere il
Natale censendo le nostre ricchezze o i nostri regali. In realtà siamo chiamati
a guardare alla luce che brilla a Betlemme comprendendo che lì, in Gesù
Cristo, troviamo la nostra ricchezza, la nostra salvezza. Impariamo ad incontrarci con Dio nella preghiera personale,
nella celebrazione dei sacramenti che sono segno dell’amore di Dio. Non sia un
giorno di semplice tregua in cui tutti andiamo a Messa e tutti ci facciamo gli
auguri. Sia piuttosto un giorno nuovo, un giorno che segna la nascita di una
nuova umanità, di una nuova storia illuminata dal Messia, l’Unto del Signore
che realizza le promesse di Dio. È un sogno? Può darsi. Si può pensare che
questa sia una semplice illusione. Ma allora è un’illusione anche Dio? È
un’illusione il Cristo incarnato a Betlemme, morto e risorto per noi? Non
penso proprio! Un sogno è tale e resterà tale se mai proviamo a
realizzarlo, se mai ci incamminiamo su quella via spesso irta e piena di
ostacoli che è la strada delle cose belle da realizzare. Tutte le cose che
contano, che sono importanti, costano fatica, impegno, energie e determinazione. Allora non aspettiamo i grandi cambiamenti della storia, non
aspettiamo segni straordinari dal cielo o visioni celesti che ci indichino la
via da seguire. Non indugiamo ma mettiamoci in cammino sulla strada che porta
all’incontro con Dio. Mettiamoci sulla strada divenendo noi stessi segni
dell’incontro attraverso gesti di accoglienza, di attenzione e di solidarietà
verso le persone. Non accontentiamoci di stare bene noi e pensare che sia a
posto il mondo. Sfruttiamo questo Natale per porre veri gesti di
riconciliazione, cogliamo le occasioni che ci sono e che forse non avremo più.
Non aspettiamo “domani” per dire o fare delle cose che ci permettono di
incamminarci sulla strada del Signore. Questo tempo è un momento privilegiato
per fare questo. Ma viviamo anche questo momento per un vero incontro con Dio
nella vita spirituale che è il vero motore della nostra vita di fede. Ringrazio
il Signore per i tanti segni belli e profondi che si manifestano ogni giorno
all’interno delle nostre comunità ma al tempo stesso prego, e invito anche
voi a farlo, perché il lo Spirito Santo soffi sempre nel nostro cuore e ci
permetta di crescere nella fede. Questo incontrarsi che vogliamo vivere nel Natale si esprime
poi anche nel nostro essere chiesa. Se ci pensiamo anche il presepio è
un’icona della comunità dei credenti fatta di tante persone con storie,
capacità, sensibilità e sofferenze diverse. Ma tutti hanno un intento comune:
andare a vedere il Signore. Il nostro essere chiesa trova il suo fondamento in
Cristo, nel nostro credere in lui, nel cercare di incontrarlo in maniera sempre
più efficace nella nostra vita. Non dobbiamo mai scordare questo perché non
possiamo pensare di poter camminare da soli. Piuttosto dobbiamo imparare a
orientare le nostre forze e le nostre energie per crescere nella responsabilità
e far crescere le nostre comunità che sempre più hanno bisogno dell’apporto
di tutti. Scrive il Concilio Vaticano II: “I fedeli esercitino il loro
apostolato in spirito di unità. Siano apostoli tanto nelle proprie comunità
familiari, come nelle parrocchie che già di per se stesse esprimono l’indole
comunitaria dell’apostolato” (AA 18). È necessario uscire da quella
mentalità che ci porta a pensare alla parrocchia come una semplice
dispensatrice di servizi per renderci conto che dobbiamo essere protagonisti
della vita della comunità, che dobbiamo andare verso il Signore per diventare
davvero quella comunità “grembo della fede” di cui parlano gli orientamenti
pastorali della diocesi. Questa urgenza diventa ancora più forte se diamo uno sguardo
alla situazione pastorale in cui siamo venuti a trovarci: un sacerdote per tre
comunità. Però Gesù Cristo è lo stesso per tutti… è nato per tutti,
soprattutto è morto e risorto per tutti. Legato al Natale l’arrivo del nuovo anno. Ci auguriamo
tutti che il 2004, che è alle porte, sia migliore di quello appena passato.
Diciamo sempre così, ma credo che quello che sta passando resterà nelle
memoria più per il dolore e la paura che per le gioie e le cose belle che per
fortuna, comunque, non sono
mancate. Basti pensare al coraggioso esempio del pontefice o alla beatificazione
di madre Teresa di Calcutta. Ma pensiamo anche a tutte le cose positive che sono
riposte nel nostro cuore. Colgo l’occasione con questo messaggio natalizio per fare
gli auguri a tutti, soprattutto alle persone che vivono lontano, ma che sentiamo
sempre vicine nella preghiera e nel cuore. Un saluto particolare va alla comunità
di Lastebasse che con questo numero di “Campane” entra a far parte dei
lettori di queste pagine. Buon Natale e felice 2004 a tutti. Don
Giacomo |