Una casa per gli anziani
     

Dopo quasi vent'anni di presenza come Presidente nella Casa di Riposo “San Giuseppe” ho passato il testimone al dottor Giovanni Zocche, nominato dal Vescovo al mio posto nel Consiglio di amministrazione. Il dottor Zocche ha una particolare competenza nel settore perché è stato Direttore generale di una ULSS del vicentino e ha svolto compiti particolari nella sanità e nella assistenza sociale, per cui ci sono tutte le premesse di una buona continuità nella guida della Istituzione.

L'inizio della mia presenza e del mio impegno nella Casa di Riposo è statao molto casuale. Il rev.mo mons. Daniele Lomghi, con l'aiuto del fratello p. Gìustino, aveva, con molto coraggio e con molta fede nella Provvidenza, iniziato l'accoglienza di persone anziane nello stabile della vecchia casa canonica, che era già stata l'antica abitazione dei conti austriaci Trapp. Se non ci fosse stata la benemerita iniziativa di mons. Daniele oggi non ci sarebbe questa Casa di Riposo RSA (Residenza Sanitaria Assistita). Don Daniele si fidava della Provvidenza e della carità che raccoglieva nel suo peregrinare ma era meno attento alle nonne di legge che già allora regolavano istituzioni del genere. Dopo due/tre ispezioni dell'ULSS e dei Nas il vescovo di Vicenza veniva avvertito delle irregolarità riscontrate e di conseguenti denuncie penali per don Daniele. Fu per questo che il vescovo mons. Onisto mi invitava a vedere come stavano le cose per evitare guai peggiori. Ciò non toglie nulla al coraggio e alla sensibilità caritatevole di mons. Longhi. Era “tedesco” dì tempra e di formazione, ricco di esperienze maturate in servizi vari in Italia e a Roma; guardava al sodo, al valore delle cose, forse meno preoccupato di seguire la burocrazia sempre più esigente. Per un doveroso atto di ricordo e riconoscenza verrà presto inaugurata una lapide a ricordo dell'opera svolta da mons. Daniele e dal fratello p. Giustino.

I primi anni sono stati un po' difficili per resistenze interne ed esterne. Bisognava reperire personale con la qualifica richiesta, adeguarsi alle norme previst, impostare una corretta amministrazione, adottare la Casa in alcune cose essenziali, rinnovare parte della attrezzatura, stabilire i rapporti con l'ULSS, ottenere dalla Regione del Veneto l'autorizzazione al funzionamento previe alcune garanzie, premessa indispensabile per usufruire di contributi finanziari. Con il Consiglio di amministrazione, con il quale nel frattempo si era stabilita una leale e fattiva collaborazione, con coraggio e oculatezza ci si è posto il problema di portare la Casa ad una capienza che consentisse una gestione economica almeno a pareggio.

Dal Ministero della Sanità, tramite la Regione e con molte fatiche, si è ottenuto un primo sostanziale contributo che ha consentito di affrontare l'ampliamento della Casa verso nord-est, inaugurato con la presenza del vescovo mons. Nonis nei dicembre del 1997. Quasi subito si mise mano alla ristrutturazione interna della parte vecchia dello stabile e alla realizzazione dell' ampio parcheggio per il personale e i visitatori. Ora la Casa di Riposo “San Giuseppe”, che rimane sempre di proprietà della parrocchia di Pedemonte, data in comodato alla Casa di Riposo, è riconosciuta come Fondazione, è una RSA (Residenza sanitaria assistita), ed è considerata ONLUS, cioè un Organismo di utilità sociale senza scopo di lucro).

L'edifìcio (lo descrivo per chi è lontano o non avesse ancora avuto la possibilità di visitarlo) si sviluppa su quattro piani collegati da ascensore. Gli uffici amministrativi e direzionali sono al piano terra, come l'ambulatorio, la sala soggiorno, la sala da pranzo, la cucina. Al piano seminterrato si trovano la lavanderia, la stireria, i magazzini, la palestra attrezzata, la sala riunioni, la cappella dedicata a San Giuseppe con l'ingresso principale. Al primo e secondo piano sono collocate la stanze degli ospiti, a due posti letto, arredate per ciascun ospite di armadio e comodino personale, tavolo e sedia. Ogni stanza ha i servizi igienici attrezzati interni. Le stanze a due letti sono complessivamente 22. Ci sono anche quattro stanze ad un letto, ciascuna con i suoi servizi igienici interni. In ognuno dei due piani è funzionante un bagno assistito, una sala polifunzianale e un cucinino. Complessivamente quindi ora la Casa può ospitare 48 persone autosufficienti e non autosufficienti.

L’Istituzione è retta da un Consiglio di amministrazione che ne segue l'andamento, delibera le spese, approva il bilancio annuale certificato sempre dallo studio Commercialisti riuniti De Lorenzo di Padova. Attualmente la Casa occupata 39 dipendenti, come prevede il rapporto con gli ospiti, tutti sono in regola con il titolo richiesto dalla funzione svolta: amministrativi, infermieri, operatricì sanitarie, addetti a servizi vari, cuoche. Si avvale della presenza del medico di base, di una psicologa, di un fisioterapista e un educatore. E' dotata di un automezzo attrezzato per il trasporto dell'anziano all'ospedale o per visite mediche. Un buon numero di volontari e le Suore Elisabettine di Casotto animano la vita degli ospiti.

Ho illustrato finora gli aspetti strutturali e organizzativi della Casa di Riposo. E' doveroso porsi una domanda che auguro si pongano sempre tutti gli abitanti di Pedemonte e dintorni. Da un punto di vista sociale e cristiano cosa può rappresentare una Casa di Riposo in una parrocchia? Cosa ci dice? Certamente offre la possibilità di accoglienza ad anziani soli o malati del Comune, che possono godere di una riduzione nella retta mensile. Certamente offre possibilità di lavoro a parecchie persone. Oggi forse la Casa di riposo è l'Istituzione che occupa più dipendenti di altre realtà locali.

Credo però che una Casa di Riposo in una parrocchia, tanto più se questa è nata ed è affiancata alla parrocchia, deve significare molto di più per una comunità cristiana. Deve essere un richiamo al rispetto, all'aiuto, alla valorizzazione delle persone anziane. Ogni cristiano di Pedemonte guardando quell'edificio che si erge maestoso sopra le abitazioni e domina quasi il Paese dovrebbe chiedersi: come considero io, come rispetto, apprezzo la saggezza e l'esperienza dell'anziano che ho in casa, che mi abita vicino, che vive in paese? Come mi faccio sensibile ai suoi bisogni con disponibilità anche all'aiuto concreto? Oggi la società tende ad emarginare l'anziano perché non produce più e spesso è visto come un peso. So che nel vostro ambiente rimane ancora un grande rispetto per chi è nella terza o quarta età. Esso rimane in casa finché è possibile, è considerato portatore di valori ed esperienze, rispettato per quanto ha fatto e continua a fare. E questo va a vostro merito, testimoniato anche dal buon numero di persone che volontariamente frequentano la Casa di Riposo per dare conforto e sollievo anche a chi non appartiene alla vostra comunità.

Si dicono molte cose oggi sugli anziani specialmente da parte dei politici. Io vorrei ricordare quello che dice la Bibbia, anche se quel contesto sociale e culturale è molto diverso dal nostro. Ma rimane parola di Dio. A parte tante affermazioni che presentano l'anziano come “il sapiente”, “il maestro di vita” “il saggio”, "la guida sicura” è bello leggervi che “il coro delle voci che lodano Dio non deve essere composto solo di suoni giovanili, ma anche di suoni bassi e lenti: giovani e fanciulli, vecchi e bambini esulteranno insieme" (Ger.31.13). Anche gli anziani ricevono lo spirito messianico annunciato da Gioele e percepito presente nella Chiesa da Pietro quando scrive: "Negli ultimi giorni, dice il Signore, io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona: i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni, i vostri anziani faranno sogni di pace" (At.2.17) La fede ci insegna che nell'ottica cristiana la vecchiaia non è lo sfasciarsi della vita e a noi spetta il dovere di aiutare ogni anziano, nella salute e soprattutto nella malattia, a dare valore cristiano al suo vivere.

A conclusione aggiungo un invito ed esprimo un rammarico. L'invito è soprattutto rivolto ai giovani e alle giovani perché scelgano di prepararsi al compito di infermiere o di operatrici di assistenza. La casa ne ha bisogno e consente a chi fa queste scelte di avere occupazione in loco. Altre volte ho avuto occasione di rivolgere questo invito in chiesa o nel consiglio pastorale. Il rammarico è di non aver potuto realizzare due cose cui tenevo particolarmente. Fare cioè ancora un piccolo ampliamento dello stabile a nordest per dare un po’ più spazio alla sala da pranzo oggi un po’ angusta, e per avere dei locali per realizzare un servizio sul territorio, cioè per prelievi e analisi, mettendo a disposizione locali e personale infermieristico. Auguro a chi mi sostituisce e al Consiglio di amministrazione di superare le difficoltà, esterne a noi, che finora hanno impedito la realizzazione di questi due progetti.

                                                                  Mons. Valentino Grolla

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