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Dal volume "Un tuffo nel passato - Cinquantesimo di fondazione della Chiesa di S. Carlo Borromeo - Padova - Impressioni e ricordi di Italo Dianin" La nuova chiesa aveva avuto in dotazione dal vescovo due campanelle, troppo piccole perché la loro voce potesse essere udita in una parrocchia di così grandi proporzioni: don Egidio, sempre di larghe vedute, fece costruire un grande impianto con 6 grossi altoparlanti, situati lungo il perimetro esterno della cupola della chiesa e comandati dalla sacrestia, che cominciarono a diffondere concerti delle più celebri campane d'Italia; il loro suono melodioso arrivava fino ai paesi vicini. Questo impianto in quegli
anni fu il primo del genere, e riuscì a destare grande gioia in tutti i
parrocchiani, che anche in questo modo si sentivano sempre più non solo
invitati, ma anche coinvolti a frequentare la propria chiesa, soprattutto in
certe solennità: quelle della Madonna in particolare, quando, oltre alle campane
si suonavano inni sacri popolari, che avevano un richiamo e un fascino al quale
pochi sapevano resistere. Così, alle nostre manifestazioni, la chiesa, pur
grande, era sempre piena; né adulti né piccoli pensavano più ad andare in
altre parrocchie, vedendo come ci eravamo bene organizzati e sentendo il grande
entusiasmo che ci animava tutti nel portare avanti le iniziative sorte per fare
della parrocchia una grande famiglia. Ideato
dall'arch. ing. Brunetta, fu una delle prime grandi opere, la cui mancanza era
molto sentita; la sua costruzione si faceva tanto desiderata, per abbellire il
nostro spoglio e grande presbiterio. Don Egidio voleva che tutte
le celebrazioni liturgiche si svolgessero con grande dignità: nonostante i
moltissimi impegni finanziari, con l'aiuto della Provvidenza e grazie
all'interessamento di tutta la parrocchia, l'altare
fu portato a compimento a tempo di record, tanto che nel maggio del 1942 poté essere inaugurato e benedetto dal vescovo. Ricordo che quel pomeriggio cadeva
una fitta pioggia, ma la chiesa si era riempita lo stesso. Il presule celebrò i
Vespri pontificali, tenendo un paterno e commosso discorso di plauso per il
parroco e la comunità intera, che in così breve tempo avevano realizzato
un'opera grandiosa. Ci incitò con fervore a continuare il cammino così
coraggiosamente intrapreso. Il Brunetta dotò di 14
scalini di legno dorato l'altare, che si ergeva monumentale e solenne sul
grandioso presbiterio lastricato di marmi preziosi; il vescovo stesso ebbe a
definirlo «degno di una cattedrale». Una massiccia balaustra per
la Comunione, composta di marmi e cristalli pregiati, coronava magnificamente
tutto l'insieme, dandoci l'impressione di trovarci in una grande basilica. L'esposizione del SS.mo e
gli altri momenti della memorabile funzione furono animati da canti, preparati
con cura da tutte le associazioni, unite insieme sotto la direzione del
parroco, che sapeva coinvolgerci tutti in modo meraviglioso; ne uscì un
coro,che saliva alto a glorificare e ringraziare Dio del fausto avvenimento. Mi tornava In mente il
piccolo e modesto altare in legno, che per trono aveva due mattoni coperti da un
drappo bianco, e mentre allora mi si era stretto il cuore per tanta povertà,
adesso mi sentivo rapito dalla gioia. L'altare si presentava
ornato di fiori bianchi e coperto da una tovaglia bellissima, dono delle donne
di Azione Cattolica; al centro risaltava il prezioso e aureo tabernacolo, per
realizzare il quale tanti parrocchiani si erano separati volentieri da qualche
ricordo:ne era risultata così una vera reggia per il SS.mo Sacramento. Ci fu poi una vera e propria
gara per tenere l'altare pulito. La Confraternita del SS.mo si assunse il
compito di non far mai spegnere le 4 lampade che ardevano giorno e notte; a quel
tempi i lumi di quel genere funzionavano ad olio d'oliva e questo creò non
poche difficoltà, che però il priore, sig. Giuseppe Donà, riuscì a superare
con una diligenza degna di lui, uomo di grande fede che sapeva trasmettere anche
agli altri. Al sabato ci si organizzava e si andava per i giardini della parrocchia a raccogliere i fiori, sicché ogni domenica sembrava una solennità. In
breve tempo la nostra chiesa, che mancava di tutto, venne arricchita delle porte
laterali in legno e della bussola della porta centrale, dono di una
parrocchiana. Furono allestiti altri due confessionali, uguali a quello che ci
aveva donato il vescovo assieme al battistero, quando ci aveva consegnato la
chiesa. Comparve anche un piccolo altare con l'immagine della Madonna col
Bambino in gesso bianco, alla quale ci affezionammo molto presto, invocandola
con grande fede e tenendo con cura
il suo altare. specialmente nelle grandi feste mariane, nelle novene e nel mese
di maggio. Don Egidio fece rivestire e pavimentare in marmo tutta la base della chiesa; commissionò ad un celebre scultore le nuove statue della Madonna e di S. Antonio, offerte dalla signora Peghin e dal signor Roverato, il quale fece in seguito dono anche del grande affresco di S. Carlo in gloria the si trova dietro l'altare maggiore, opera del prof. Licini. Diede inizio alla costruzione dell'asilo, opera che gli stava particolarmente a cuore, prevedendo quanto importante sarebbe diventato nell'educazione delle generazioni di bambini a S. Carlo. Il grande ingegno del parroco, il suo fervore nel portare a compimento tante opere e la sua grande buona volontà dovettero fare i conti anche col clima di guerra che si stava vivendo, mentre si avvicinava una data decisiva per le sorti della nostra Patria e di conseguenza anche per la nostra parrocchia.
Furono commissionate ad una celebre ditta della Val Gardena. Appena pronte, furono imballate in due grandi cassoni, ma non poterono essere accolte subito in parrocchia, perché non vi erano ancora gli altari e per la paura dei bombardamenti. Così mons. Schievano, arciprete della cattedrale di Padova e grande amico di don Egidio, le accolse provvisoriamente in duomo, deponendole dietro l'altare di S. Antonio, finche non fossero pronti anche gli altari che dovevano ospitarle. Anche al duomo le statue corsero un serio pericolo, perché durante un bombardamento notturno sulla città l'edificio fu seriamente danneggiato dalle bombe, che distrussero quasi tutta la facciata e parte dell'interno. Le nostre statue furono salvate da tanta rovina solo per miracolo: se potessero parlare!
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