Per l'uso del Messale Romano
In diverse circostanze è stato
espresso il desiderio di conoscere quei principi e quelle norme che la Chiesa
ha stabilito per la celebrazione della S.Messa, centro e culmine di tutta la
vita cristiana. In alcuni numeri di questo Bollettino ne riportiamo le parti
più significative perché tutti conoscano le indicazioni che la comunità
cristiana deve far proprie per quella comunione che la unisce alla Chiesa
universale.
IMPORTANZA E DIGNITÀ DELLA
CELEBRAZIONE EUCARISTICA
STRUTTURA, ELEMENTI E PARTI
DELLA MESSA
I. STRUTTURA GENERALE DELLA MESSA
II. I DIVERSI ELEMENTI DELLA MESSA
Lettura della parola di Dio e sua spiegazione
Le orazioni e le altre parti che spettano al
sacerdote
Altre formule che ricorrono nella celebrazione
In qual modo proclamare i vari testi
Gesti e atteggiamenti del corpo
III. LE SINGOLE PARTI DELLA MESSA
Saluto all'altare e al popolo radunato
Orazione conclusiva dei riti di introduzione (o
colletta)
Alcune note sulla PREGHIERA DEI FEDELI o Preghiera
Universale
1. La celebrazione della Messa, in
quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, costituisce
il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per quella
locale, e per i singoli fedeli '. Nella Messa infatti si ha il culmine sia
dell'azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli
uomini rendono al Padre, adorandolo per mezzo di Cristo Figlio di Dio2.
In essa inoltre la Chiesa commemora, nel corso dell'anno, i misteri della
redenzione, in modo da renderli in certo modo presenti. Tutte le altre azioni
sacre e ogni attività della vita cristiana sono in stretta relazione con la
Messa, da essa derivano e ad essa sono ordinate4.
2. È perciò di somma importanza che
la celebrazione della Messa, o Cena del Signore, sia ordinata in modo che i
ministri e i fedeli, partecipandovi ciascuno secondo il proprio ordine e grado,
traggano abbondanza di quei frutti5, per il conseguimento dei quali
Cristo Signore ha istituito il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo
Sangue e lo ha affidato, come memoriale della sua passione e risurrezione,
alla Chiesa, sua dilettissima sposa6.
3. Si potrà ottenere davvero questo
risultato, se, tenuto conto della natura e delle altre caratteristiche di ogni
assemblea, tutta la celebrazione verrà ordinata in modo tale da portare i
fedeli a una partecipazione consapevole, attiva e piena, esterna ed interna,
ardente di fede, speranza e carità; partecipazione vivamente desiderata dalla
Chiesa e richiesta dalla natura stessa della celebrazione, e alla quale il
popolo cristiano ha diritto e dovere in forza del Battesimo7.
4. Non sempre si può avere la
presenza e l'attiva partecipazione dei fedeli, che manifestano più chiaramente
la natura ecclesiale della azione liturgica8; sempre però la
celebrazione eucaristica ha l'efficacia e la dignità che ie sono proprie, in
quanto è azione di Cristo e della Chiesa, e il sacerdote vi agisce sempre per
la salvezza del popolo.
5. Poiché inoltre la celebrazione
dell'Eucaristia, come tutta la Liturgia, si compie per mezzo di segni sensibili,
mediante i quali la fede si alimenta, s'irrobustisce e si esprime10,
si deve avere la massima cura nello scegliere
e nel disporre quelle forme e quegli
elementi clic la Chiesa propone, e che, considerate le circostanze di persone
e di luoghi, possono favorire più intensamente la partecipazione attiva e
piena e rispondere più adeguatamente al bene dei fedeli.
6. Pertanto questa « Istruzione » si
propone di esporre i principi generali per l'ordinamento della celebrazione
dell'Eucaristia, e presentare le norme per regolare le singole forme di
celebrazione". Le Conferenze Episcopali, secondo la Costituzione sulla
Sacra Liturgia, possono prescrivere, per il loro territorio, delle norme che
tengano conto delle tradizioni e della cultura propria dei loro popoli, delle
regioni e delle diverse comunità12.
1 Cfr Concilio Vaticano II,
Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 41;
Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 11; Decreto sul
ministero e la vita sacerdotale, Presbyterorum ordinis, nn, 2, 5, 6;
Decreto sull'ufficio pastorale dei vescovi, Christus Dominus, n. 30;
Decreto sull'Ecumenismo, Unitatis redintegratio, n. 15; sacra
Congregazione dei Riti, Istruzione Eucharisticum Mysterium, 25 maggio
1967, nn. 3 e, 6: A.A.S. 59 (1967) pp. 542, 544-545.
2 Cfr Concilio Vaticano II,
Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concìlium, n. 10.
3 Cfr ibidem, n. 102.
4 Cfr Concilio Vaticano II, Decreto
sul ministero e la vita sacerdotale, Presbyterorum ordinis, n. 5;
Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 10.
5 Cfr Concilio Vaticano II,
Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn.
14,19,26,28, 30.
6
Cfr ibidem n.47.
7
Cfr ibidem, n. 14.
8 Cfr ibidem, n.41.
9 Cfr Concilio Vaticano II, Decreto
sul ministero e la vita sacerdotale, Presbyterorum ordinis, n. 13.
10 Cfr Concilio Vaticano II,
Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 59.
11 Cfr per le Messe nei gruppi
particolari: sacra Congregazione per il Culto divino, Istruzione Actio
pastoralis 15 maggio 1969: A.A.S. 61 (1969) pp. 806-811; per le messe con i
fanciulli: Direttorio delle Messe con i fanciulli, 1 novembre 1973; A.A.S. 65
(1974) pp. 30-46; sul modo di unire le Ore dell'Ufficio con la Messa; Institutio
generalis sulla Liturgia delle Ore, ed. tip. 1971, nn. 93-98.
12 Concilio Vaticano II, Costituzione
sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 37-40.
7. Nella Messa o Cena del Signore, il
popolo di Dio è chiamato a riunirsi insieme sotto la presidenza del sacerdote,
che agisce nella persona di Cristo, per celebrare il memoriale del Signore,
cioè il sacrificio eucaristico13.
Per questa riunione locale della
santa Chiesa vale perciò in modo eminente la promessa di Cristo: «Là dove sono
due o tre radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20).
Infatti nella celebrazione della
Messa, nella quale si perpetua il sacrificio della Croce14, Cristo è
realmente presente nell'assemblea dei fedeli riunita in suo nome, nella persona
del ministro, nella sua parola e in modo sostanziale e permanente sotto le
specie eucaristiche15.
8. La Messa è costituita da due
parti, la «Liturgia della Parola» e la «Liturgia eucaristica»; esse son così
strettamente congiunte tra di loro da formare un unico atto di culto16.
Nella Messa, infatti, viene imbandita tanto la mensa della Parola di Dio quanto
la mensa del Corpo di Cristo, e i fedeli ne ricevono istruzione e ristoro17.
Ci sono inoltre alcuni riti che iniziano e altri che concludono la
celebrazione.
9. Quando nella Chiesa si legge la
sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua
parola, annunzia il Vangelo.
Per questo, le letture della parola
di Dio, che costituiscono un elemento importantissimo della Liturgia, si
devono ascoltare da tutti con venerazione. E benché la parola di Dio nelle
letture della sacra Scrittura sia rivolta a tutti gli uomini di ogni epoca e
sia da essi intelligibile, tuttavia la sua efficacia viene accresciuta da
un'esposizione viva e attuale, cioè dall'omelia, che è considerata parte
dell'azione liturgica18.
10. Tra le parti proprie del
sacerdote, occupa il primo posto la Preghiera eucaristica, culmine di tutta la
celebrazione. Seguono poi le orazioni, cioè: l'orazione di inizio (o colletta),
l'orazione sulle offerte e l'orazione dopo la comunione. Queste preghiere
dette dal sacerdote nella sua qualità di presidente dell'assemblea nella
persona di Cristo, sono rivolte a Dio a nome dell'intero popolo santo e di
tutti i presenti19. Perciò giustamente si chiamano «orazioni
presidenziali».
11. Spetta ugualmente al sacerdote,
per il suo ufficio di presidente dell'assemblea radunata, formulare alcune
monizioni e proporre le formule di introduzione e di conclusione previste nel
rito medesimo. Di loro natura queste monizioni non esigono di essere pronunziate
alla lettera, nella formulazione presentata nel Messale; per cui potrà essere
opportuno l'adattarle in qualche modo, almeno in alcuni casi, alle vere condizioni
della comunità20. Così pure spetta al sacerdote che presiede
annunziare la parola di Dio e impartire la benedizione finale. Egli può inoltre
intervenire con brevissime parole, all'inizio della celebrazione, per introdurre
i fedeli alla Messa del giorno; alla Liturgia della Parola, prima delle
letture; alla Preghiera eucaristica, prima di iniziare il prefazio; prima del
congedo, per concludere l'intera azione sacra.
12. La natura delle parti «
presidenziali » esige che esse siano proferite a voce alta e chiara e che siano
ascoltate da tutti con attenzione21. Perciò mentre il sacerdote le
dice, non si devono sovrapporre altre orazioni o canti, e l'organo e altri
strumenti musicali devono tacere.
13. Il sacerdote formula preghiere
non soltanto come presidente a nome di tutta la comunità, ma talvolta anche a
titolo personale, per poter compiere il proprio ministero con maggior
attenzione e pietà. Tali preghiere si dicono sottovoce.
14. Poiché la celebrazione della
Messa, per sua natura, ha carattere «comunitario»22, grande rilievo
assumono i dialoghi tra il celebrante e l'assemblea dei fedeli, e le
acclamazioni23. Infatti questi elementi non sono soltanto segni
esteriori della celebrazione comunitaria, ma favoriscono ed effettuano la
comunione tra il sacerdote e il popolo.
15. Le acclamazioni e le risposte dei
fedeli al saluto del sacerdote e alle orazioni, costituiscono quel grado di
partecipazione attiva che i fedeli riuniti devono porre in atto in ogni forma
di Messa per esprimere e ravvivare l'azione di tutta la comunità24.
16. Altre parti, assai utili per
manifestare e favorire la partecipazione attiva dei fedeli, spettano all'intera
assemblea: sono soprattutto l'atto penitenziale, la professione di fede, la
preghiera universale (detta anche preghiera dei fedeli) e la preghiera del
Signore (cioè il Padre nostro).
17.
Infine, tra le altre formule:
a) alcune costituiscono un rito o un
atto a sé stante, come l'inno Gloria, il salmo responsoriale, l'Alleluia e il
versetto prima del Vangelo (canto al Vangelo), il (Santo-Sanctus),
l'acclamazione dell'anamnesi e il canto dopo la comunione;
b) altre, invece, accompagnano
qualche rito, come i canti d'ingresso, di offertorio, quelli che accompagnano
la «frazione» o atto di spezzare il pane (Agnello di Dio - Agnus Dei) e la
comunione.
18. Nei testi che devono esser
pronunziati a voce alta e chiara dal sacerdote, dai ministri, o da tutti, la
voce deve corrispondere al genere del testo secondo che si tratti di una
lettura, di un'orazione, di una monizione, di un'acclamazione, di un canto;
deve anche corrispondere alla forma di celebrazione e alla solennità della
riunione liturgica. Inoltre si tenga conto delle caratteristiche delle diverse
lingue e della cultura specifica di ogni popolo.
Nelle rubriche e nelle norme che
seguono, le parole «dire» oppure «proclamare» devono essere intese in
riferimento sia al canto che alla recita, tenuto conto dei principi sopra
esposti.
19. I fedeli che si radunano
nell'attesa della venuta del loro Signore, sono esortati dall'Apostolo a
cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali (cfr Col 3, 16). Infatti il
canto è segno della gioia del cuore (cfr Atti 2, 46). Perciò dice molto bene
sant'Agostino: «II cantare è proprio di chi ama»25, e già
dall'antichità si formò il detto: «Chi canta bene, prega due volte».
Nelle celebrazioni si dia quindi
grande importanza al canto, tenuto conto della diversità culturale delle popolazioni
e della capacità di ciascun gruppo anche se non è sempre necessario cantare
tutti i testi che per loro natura sono destinati al canto. Nella scelta delle
parti destinate al canto, si dia la preferenza a quelle di maggior importanza,
e soprattutto a quelle che devono essere cantate dal sacerdote o dai ministri
con la risposta del popolo, o dal sacerdote e dal popolo insieme26.
Poiché sono sempre più frequenti le riunioni di fedeli di diverse nazionalità,
è opportuno che sappiano cantare insieme, in lingua latina, e nelle melodie
più facili, almeno le parti dell'Ordinario della Messa, specialmente il
simbolo della fede e la preghiera del Signore (Pater noster)27.
20. L'atteggiamento comune del corpo,
che tutti i partecipanti al rito sono invitati a prendere, è il segno della
comunità e dell'unità dell'assemblea: esso esprime e favorisce l'intenzione e
i sentimenti dell'animo dei partecipanti21.
21. Per ottenere l'uniformità nei
gesti e negli atteggiamenti, i fedeli seguano le indicazioni che vengono date
dal diacono, o dal sacerdote, o da un altro ministro, durante la celebrazione.
Inoltre, in tutte le Messe, salvo
indicazioni in contrario, i fedeli stiano in piedi dall'inizio del canto di ingresso,
o mentre il sacerdote si reca all'altare, fino alla conclusione dell'orazione
di inizio (o colletta), durante il canto dell'Alleluia prima del Vangelo;
durante la proclamazione del Vangelo; durante la professione di fede e la
preghiera universale (o preghiera dei fedeli); dall'orazione sulle offerte fino
al termine della Messa, fatta eccezione di quanto è detto in seguito. Stanno invece
seduti durante la proclamazione delle letture prima del Vangelo e durante il
salmo responsoriale; all'omelia e durante la preparazione dei doni
all'offertorio; se lo si ritiene opportuno, durante il sacro silenzio dopo la
comunione. S'inginocchiano poi alla consacrazione, a meno che lo impediscano o
la rjstrettezza del luogo, o il gran numero dei presenti, o altri motivi ragionevoli.
Spetta però alle Conferenze
Episcopali adattare i gesti e gli atteggiamenti del corpo, descritti nel Rito
della Messa romana, alla cultura dei vari popoli29. Nondimeno si
faccia in modo che tali adattamenti corrispondano al senso e al carattere di
ciascuna parte della celebrazione.
22. Fra i gesti sono comprese anche
le azioni e gli atteggiamenti del sacerdote nel recarsi all'altare, quelle per
la presentazione dei doni e per la comunione dei fedeli. Conviene che queste
azioni siano fatte in modo decoroso, mentre si eseguono canti appropriati,
secondo le norme stabilite per i singoli movimenti.
23. Si deve anche osservare, a suo
tempo, il sacro silenzio, come parte della celebrazione30. La sua
natura dipende dal momento in cui ha luogo nelle singole celebrazioni. Così,
durante l'atto penitenziale e dopo l'invito alla preghiera, il silenzio aiuta
il raccoglimento; dopo la lettura o l'omelia, è un richiamo a meditare
brevemente ciò che si è ascoltato; dopo la comunione, favorisce la preghiera
interiore di lode e di ringraziamento.
24. Le parti che precedono la
Liturgia della Parola, cioè l'introito, il saluto, l'atto penitenziale, il
Kyrie eleison, il Gloria e l'orazione (o colletta), hanno un carattere di
inizio, di introduzione e di preparazione.
Scopo di questi riti è che i fedeli,
riuniti insieme, formino una comunità, e si dispongano ad ascoltare con fede
la parola di Dio ed a celebrare degnamente l'Eucaristia.
25. Quando il popolo è riunito,
mentre il sacerdote fa il suo ingresso con i ministri, si inizia il canto d'ingresso.
La funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione,
favorire l'unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero
del tempo liturgico o della festività, e accompagnare la processione del
sacerdote e dei ministri.
26. Il canto viene eseguito
alternativamente dalla schola e dal popolo, o dal cantore e dal popolo, oppure
tutto quanto dal popolo o dalla sola schola. Si può utilizzare sia l'antifona
con il suo canto, quale si trova nel Graduale romanum o nel Graduale
simplex, oppure un altro canto adatto all'azione sacra, al carattere del
giorno o del tempo, e il cui testo sia stato approvato dalla Conferenza
Episcopale.
Se all'introito non ha luogo il
canto, l'antifona proposta dal Messale Romano viene letta o dai fedeli, o da
alcuni di essi, o dal lettore, o anche dallo stesso sacerdote dopo il saluto.
27. Giunti in presbiterio, il
sacerdote e i ministri salutano l'altare. In segno di venerazione, il
sacerdote e il diacono lo baciano e il sacerdote lo può incensare secondo
l'opportunità.
28. Terminato il canto d'ingresso, il
sacerdote e tutta l'assemblea si segnano col segno di croce. Poi il sacerdote
con il saluto annunzia alla comunità riunita la presenza del Signore. Il saluto
sacerdotale e la risposta del popolo manifestano il mistero della Chiesa radunata.
29. Salutato il popolo, il sacerdote,
o un altro ministro che ne sia capace, può fare una brevissima introduzione
alla Messa del giorno. Quindi il sacerdote invita all'atto penitenziale, che
viene compiuto da tutta la comunità mediante la confessione generale, e si conclude
con l'assoluzione del sacerdote.
30. Dopo l'atto penitenziale ha
inizio il Kyrie eleison, a meno che non sia già stato detto durante l'atto
penitenziale. Essendo un canto col quale i fedeli acclamano il Signore e
implorano la sua misericordia, di solito viene eseguito da tutti, in alternanza
tra il popolo e la schola o un cantore.
Ogni acclamazione di solito si dice
due volte; ma non si esclude che, in considerazione dell'indole delle diverse
lingue o della composizione musicale o di circostanze particolari, sia
ripetuto un maggior numero di volte, o intercalato da un breve «tropo». Se il
Kyrie eleison non viene cantato, si recita.
31. Il Gloria è un inno antichissimo
e venerabile con il quale la Chiesa, radunata nello Spirito Santo, glorifica e
supplica Dio Padre e l'Agnello. Viene cantato da tutta l'assemblea, o dal
popolo alternativamente con la schola oppure dalla schola. Se non lo si canta,
viene recitato da tutti, insieme o alternativamente.
Lo si canta o si recita nelle
domeniche fuori del Tempo di Avvento e Quaresima; e inoltre nelle solennità e
feste, e in particolari celebrazioni più solenni.
32. Poi il sacerdote invita il popolo
a pregare; e tutti insieme con il sacerdote stanno per qualche momento in
silenzio, per prendere coscienza di essere alla presenza di Dio e per poter
formulare nel proprio cuore la preghiera personale. Quindi il sacerdote dice
l'orazione, chiamata comunemente «colletta». Per mezzo di essa viene espresso
il carattere della celebrazione e con le parole del sacerdote si rivolge la
preghiera a Dio Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo.
Il popolo, unendosi alla preghiera ed
esprimendo il suo assenso, fa sua l'orazione con l'acclamazione Amen.
Nella Messa si dice una sola
colletta; la stessa cosa va le anche per l'orazione sulle offerte e dopo la
comunione.
La colletta termina con la
conclusione lunga, e cioè:
·
se è rivolta al Padre: Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli;
·
se è rivolta al Padre, ma verso la fine dell'Orazione
medesima si fa menzione dei Figlio: Egli è Dio (opp. che è Dio) e vive e regna
con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli;
·
se è rivolta al Figlio: Tu che sei Dio e vivi e regni con
Dio Padre, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Invece l'orazione sulle offerte e
l'orazione dopo la Comunione hanno la conclusione breve, e cioè:
·
se è rivolta al Padre: Per Cristo nostro Signore;
·
se è rivolta al Padre, ma verso la fine dell'orazione
medesima si fa menzione del Figlio: Egli vive e regna nei secoli dei secoli;
·
se è rivolta al Figlio: Tu che vivi e regni nei secoli
dei secoli.
33. Le letture scelte dalla sacra
Scrittura con i canti che le accompagnano, costituiscono la parte principale
della Liturgia della Parola; l'omelia, la professione di fede e la preghiera
universale o preghiera dei fedeli sviluppano e concludono tale parte. Infatti
nelle letture, che vengono poi spiegate nella omelia, Dio parla al suo popolo31,
gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un
nutrimento spirituale; Cristo stesso è presente per mezzo della sua parola,
tra i fedeli32. Il popolo fa propria questa parola divina con i
canti e vi aderisce con la professione di fede; così nutrito, prega
nell'orazione universale per le necessità di tutta la Chiesa e per la salvezza
del mondo intero.
34. Con le letture si offre ai fedeli
la mensa della parola di Dio e si aprono loro i tesori della Bibbia33.
Poiché secondo la tradizione l'ufficio di proclamare le letture non spetta al
presidente ma ad uno dei ministri, conviene che, d'ordinario, il diacono, o, in
sua assenza, un altro sacerdote legga il Vangelo; un lettore invece legga le
altre letture. Mancando però il diacono o un altro sacerdote, leggerà il
Vangelo lo stesso sacerdote celebrante34.
35. Alla lettura del Vangelo si deve
il massimo rispetto; lo insegna la liturgia stessa, perché la distingue dalle
altre letture con particolari onori: sia da parte del ministro incaricato di
proclamarla che si prepara con la benedizione o con la preghiera; sia da parte
dei fedeli, i quali con le acclamazioni riconoscono e professano che Cristo è
presente e parla a loro, e ascoltano la lettura stando in piedi; sia per mezzo
dei segni di venerazione che si rendono al libro dei Vangeli.
36. Alla prima lettura segue il salmo
responsoriale, o graduale, che è parte integrante della Liturgia della Parola.
Il salmo, d'ordinario, è preso dal Lezionario, perché ogni testo salmodico è
direttamente connesso con la relativa lettura: pertanto la scelta del salmo dipende
dalle letture. Nondimeno, perché il popolo più facilmente possa ripetere il
ritornello, sono stati scelti alcuni testi comuni di ritornelli e di salmi per
diversi tempi dell'anno e per le diverse categorie di santi; questi testi si
possono utilizzare al posto di quelli corrispondenti alle letture ogni volta
che il salmo viene cantato.
II salmista o cantore del salmo,
canta o recita i versetti del salmo all'ambone o in altro luogo adatto: l'assemblea
sta seduta e ascolta, e partecipa di solito con il ritornello, a meno che il
salmo non sia cantato o recitato per intero senza ritornello. Se si canta,
oltre al salmo designato sul Lezionario, si può utilizzare o il graduale del
Graduale romanum, oppure un salino responsoriale o alleluiatico del Graduale
simplex, così come sono indicati in tali libri.
37. Alla seconda lettura segue
l'Alleluia o un altro canto, a seconda del tempo liturgico.
a) L'Alleluia
si canta in qualsiasi Tempo, tranne che in Quaresima. Può essere iniziato o da
tutti, o dalla schola, o da un cantore e, se è il caso, lo si ripete. I
versetti si scelgono dal Lezionario oppure dal Graduale.
b) L'altro
canto è costituito da un versetto prima del Vangelo, oppure da un altro salmo o
tratto, come si trovano nel Lezionario o nel Graduale.
38.
Quando vi è una sola lettura prima del Vangelo:
a) nel Tempo
in cui si canta l'Alleluia, si può utilizzare o il salmo alleluiatico, oppure
il salmo e l'Alleluia con il suo versetto, o solo il salmo o solo l'Alleluia;
b) nel tempo
in cui l'Alleluia non si canta, si può eseguire o il salmo, o il versetto
prima del Vangelo (cioè il canto al Vangelo).
39. Il salmo dopo la lettura, se non
viene cantato, deve essere letto ad alta voce; invece l'Alleluia e il versetto
prima del Vangelo, se non si cantano, si possono tralasciare.
40. La sequenza è facoltativa,
eccetto nei giorni di Pasqua e di Pentecoste.
41. L'omelia fa parte della liturgia
ed è molto raccomandata35: è infatti necessaria per alimentare la
vita cristiana. Deve essere la spiegazione o di qualche aspetto delle letture
della Sacra Scrittura, o di un altro testo dell'Ordinario o del Proprio della
Messa del giorno, tenuto conto sia del mistero che viene celebrato, sia delle
particolari necessità di chi ascolta36.
42. Nelle domeniche e nelle feste di
precetto si deve tenere l'omelia in tutte le Messe con partecipazione di
popolo; non si può omettere senza una ragione grave. Negli altri giorni è
raccomandata specialmente nelle ferie di Avvento, di Quaresima e del tempo
pasquale; così pure nelle altre feste e circostanze nelle quali è più numeroso
il concorso del popolo alla chiesa37.
L'omelia di solito sia tenuta
personalmente dal sacerdote celebrante.
43. Il Simbolo, o professione di
fede, nella celebrazione della Messa, ha lo scopo di suscitare nell'assemblea,
dopo l'ascolto della parola di Dio nelle letture e nell'omelia, una risposta di
assenso, e di richiamare alla mente la regola della fede, prima di incominciare
la celebrazione dell'Eucaristia.
44. Il Simbolo deve esser recitato
dal sacerdote insieme con il popolo nelle domeniche e nelle solennità; si può
dire anche in particolari celebrazioni più solenni.
Se viene cantato, si canti
normalmente da tutti o a cori alterni.
45. Nella preghiera universale, o
preghiera dei fedeli, il popolo, esercitando la sua funzione sacerdotale, prega
per tutti gli uomini. È conveniente che nelle Messe con partecipazione di
popolo vi sia normalmente questa preghiera, nella quale si elevino suppliche
per la santa Chiesa, per i governanti, per coloro che si trovano in necessità, per
tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo38.
46. La successione delle intenzioni
sia ordinariamente questa:
a) per le
necessità della Chiesa;
b) per i
governanti e per la salvezza di tutto il mondo;
c) per quelli
che si trovano in difficoltà;
d) per la
comunità locale.
Tuttavia in qualche celebrazione
particolare, per esempio nella Confermazione, nel Matrimonio, nelle Esequie,
la successione delle intenzioni può venire adattata maggiormente alla
circostanza particolare.
47. Spetta al sacerdote celebrante
guidare la preghiera, invitare, con una breve monizione, i fedeli a pregare,
e concludere la preghiera con un'orazione. Sarà bene che le intenzioni siano
proposte da un diacono o da un cantore, o da qualche altra persona39.
Tutta l'assemblea esprime la sua preghiera o con un'invocazione comune, dopo
che sono state presentate le intenzioni, oppure pregando in silenzio.
Uno dei momenti in cui si esprime la
partecipazione dei cristiani alla S.Messa è la "Preghiera dei fedeli".
Le Norme del Messale riportate sopra
danno precise indicazioni sul suo significato e sul modo di farla. La
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA ha ulteriormente precisato il modo concreto di
prepararla aggiungendo al documento del Messale Romano quanto segue:
3. Preghiera universale (cfr nn.
45-47)
La preghiera universale o preghiera
dei fedeli è di norma nelle Messe domenicali e festive. Dato tuttavia il suo
rilievo pastorale, anche perché offre l'occasione di collegare la liturgia
della Parola con la situazione concreta, è evidente l'opportunità di farla
quotidianamente nelle Messe con la partecipazione del popolo.
Perché la preghiera universale sia
veramente rispondente al suo spirito e alla sua struttura, si richiama
l'esigenza di disporne precedentemente l'esatta formulazione e di rispettare
la successione e la sobrietà delle intenzioni, tenendo presenti il momento
liturgico, le emergenze ecclesiali e sociali, e il suffragio per le anime dei
pastori e dei fratelli defunti.
Pertanto queste direttive
stabiliscono che la Preghiera dei fedeli:
·
sia preparata in precedenza e quindi scritta, senza
lasciare spazio ad improvvisazioni;
·
sia concordata con il sacerdote celebrante che darà
l'incarico di leggerla ad una persona;
·
contenga esclusivamente i temi proposti dal Messale
rispettando la successione e la sobrietà delle intenzioni, senza inserire altri
argomenti, rimanendo preghiera e invocazione.
48. Nell'ultima Cena Cristo istituì
il sacrificio e convito pasquale per mezzo del quale è reso di continuo
presente nella Chiesa il sacrificio della Croce, allorché il sacerdote che
rappresenta Cristo Signore, compie ciò che il Signore stesso fece e affidò ai
discepoli perché lo facessero in memoria di lui40.
Cristo infatti prese il pane e il
calice, rese grazie, spezzò il pane e li diede ai suoi discepoli, dicendo:
«Prendete, mangiate, bevete; questo è il mio Corpo; questo è il calice del mio
Sangue. Fate questo in memoria di me». Perciò la Chiesa ha disposto tutta la
celebrazione, della Liturgia eucaristica in vari momenti, che corrispondono a
queste parole e gesti di Cristo. Infatti:
1) Nella preparazione dei doni,
vengono portati all'altare pane e vino con acqua, cioè gli stessi elementi che
Cristo prese tra le sue mani.
2) Nella Preghiera eucaristica si
rendono grazie a Dio per tutta l'opera della salvezza, e le offerte diventano
il Corpo e il Sangue di Cristo.
3) Mediante la frazione di un unico
pane si manifesta l'unità dei fedeli, e per mezzo della comunione i fedeli si
cibano del Corpo e del Sangue del Signore, allo stesso modo con il quale gli
Apostoli li hanno ricevuti dalle mani di Cristo stesso.
49. All'inizio della Liturgia
eucaristica si portano all'altare i doni, che diventeranno il Corpo e il
Sangue di Cristo.
Prima di tutto si prepara l'altare, o
mensa del Signore, che è il centro di tutta la Liturgia eucaristica41,
ponendovi sopra il corporale, il purificatoio, il messale e il calice, se non
viene preparato alla credenza.
Poi si portano le offerte: i fedeli —
cosa lodevole — presentano il pane e il vino; il sacerdote, o il diacono, in
luogo opportuno e adatto, li riceve e li depone sull'altare, recitando le
formule prescritte. Quantunque i fedeli non portino più, come un tempo, il loro
proprio pane e vino destinati alla liturgia, tuttavia il rito di presentare
questi doni conserva il suo valore e il suo significato spirituale.
Si possono anche fare offerte in
denaro, o presentare altri doni per i poveri o per la Chiesa, portati dai fedeli
o raccolti in chiesa. Essi vengono deposti in luogo adatto, fuori della mensa
eucaristica.
50. Il canto all'offertorio
accompagna la processione con la quale si portano i doni; esso si protrae
almeno fino a quando i doni sono stati deposti sull'altare. Le norme che
regolano questo canto sono le stesse che per il canto d'ingresso (n. 26).
L'antifona di offertorio, se non si canta, viene tralasciata.
51. Si può fare l'incensazione dei
doni posti sull'altare stesso, per significare che l'offerta della Chiesa e la
sua preghiera si innalzano come incenso al cospetto di Dio. Dopo l'incensazione
dei doni e dell'altare, anche il sacerdote e il popolo possono ricevere
l'incensazione dal diacono o da un altro ministro.
52. Quindi il sacerdote si lava le
mani; con questo rito si esprime il desiderio di purificazione interiore.
53. Deposte le offerte sull'altare e
compiuti i riti che accompagnano questo gesto, il sacerdote invita i fedeli a
unirsi a lui nella preghiera e pronunzia l'orazione sulle offerte: si conclude
così la preparazione dei doni e si prelude alla Preghiera eucaristica.
54. A questo punto ha inizio il
momento centrale e culminante dell'intera celebrazione, vale a dire la Preghiera
eucaristica, cioè la preghiera di azione di grazie e di santificazione. Il
sacerdote invita il popolo a innalzare il cuore verso il Signore nella
preghiera e nell'azione di grazie, e lo associa a sé nella solenne preghiera,
che egli, a nome di tutta la comunità, rivolge al Padre per mezzo di Gesù
Cristo. Il significato di questa preghiera è che tutta l'assemblea si unisca
insieme con Cristo nel magnificare le grandi opere di Dio e nell'offrire il
sacrificio.
55. Gli elementi principali di cui
consta la Preghiera eucaristica, si possono distinguere come segue:
a) L'azione
di grazie (che si esprime specialmente nel prefazio): il sacerdote, a nome di
tutto il popolo santo, glorifica Dio Padre e gli rende grazie per tutta
l'opera della salvezza o per qualche suo aspetto particolare, a seconda della
diversità del giorno, della festa o del Tempo.
b) L'acclamazione: tutta l'assemblea, unendosi alle creature celesti, canta o recita il Santo (Sanctus). Questa acclamazione, che fa parte della Preghiera eucaristica, è pronunziata da tutto il popolo col sacerdote.
c) L'epiclesi:
la Chiesa implora con speciali invocazioni la potenza divina, perché i doni
offerti dagli uomini vengano consacrati, cioè diventino il Corpo e il Sangue
di Cristo, e perché la vittima immacolata, che si riceve nella comunione, giovi
per la salvezza di coloro che vi parteciperanno.
d) Il
racconto dell'istituzione e la consacrazione: mediante le parole e i gesti di
Cristo, si compie il sacrificio che Cristo stesso istituì nell'ultima Cena,
quando offrì il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino,
lo diede a mangiare e a bere agli Apostoli e lasciò loro il mandato di
perpetuare questo mistero.
e) L'anamnesi:
La Chiesa, adempiendo il comando ricevuto da Cristo Signore per mezzo degli Apostoli,
celebra la memoria di Cristo, ricordando soprattutto la sua beata passione, la
gloriosa risurrezione e l'ascensione al cielo.
f) L'offerta:
nel corso di questa stessa memoria la Chiesa, in modo particolare quella
radunata in quel momento e in quel luogo, offre al Padre nello Spirito Santo la
vittima immacolata. La Chiesa desidera che i fedeli non solo offrano la vittima
immacolata, ma anche imparino ad offrire se stessi e cosi portino ogni giorno
più a compimento, per mezzo di Cristo Mediatore, la loro unione con Dio e con
i fratelli, perché finalmente Dio sia tutto in tutti42.
g) Le
intercessioni: in esse si esprime che l'Eucaristia viene celebrata in comunione
con tutta la Chiesa, sia celeste che terrestre, e che l'offerta è fatta per
essa e per tutti i suoi membri, vivi e defunti, i quali sono stati chiamati a
partecipare alla redenzione e alla salvezza acquistata per mezzo del Corpo e
del Sangue di Cristo.
h) La
dossologia finale che esprime la glorificazione di Dio: essa viene ratificata e
conclusa con l'acclamazione del popolo.
i)
La Preghiera eucarìstica esige che tutti l'ascoltino con
rispetto e in silenzio, e vi partecipino con le acclamazioni previste nel
rito.
56. Poiché la
celebrazione eucaristica è un convito pasquale, conviene che, secondo il
comando del Signore, i fedeli ben disposti ricevano il suo Corpo e il suo
Sangue come cibo spirituale43.
A questo mirano la frazione del pane e gli altri riti preparatori che dispongono immediatamente i fedeli alla comunione.
a) La preghiera
del Signore (o Padre Nostro): in essa si chiede il pane quotidiano, nel quale i
cristiani scorgono anche un riferimento al pane eucaristico, e si implora la
purificazione dei peccati, così che realmente «i santi doni vengano dati ai
santi». Il sacerdote rivolge l'invito alla preghiera, che tutti i fedeli
dicono insieme con lui; ma soltanto il sacerdote vi aggiunge l'embolismo, che
il popolo conclude con la dossologia. L'embolismo, sviluppando l'ultima domanda
della preghiera del Signore, chiede per tutta la comunità dei fedeli la
liberazione dal potere del male. L'invito (o monizione), la preghiera del
Signore, l'embolismo e la dossologia, con la quale il popolo conclude
l'embolismo, si cantano o si dicono ad alta voce.
b) Segue il
rito della pace, con il quale i fedeli implorano la pace e l'unità per la
Chiesa e per l'intera famiglia umana, ed esprimono fra di loro l'amore vicendevole,
prima di partecipare all'unico pane. Le Conferenze Episcopali stabiliranno il
modo di compiere questo gesto di pace secondo l'indole e le usanze delle
popolazioni.
c) II gesto
della frazione del pane, compiuto da Cristo nell'ultima Cena, sin dal tempo
apostolico ha dato il nome a tutta l'azione eucaristica. Questo rito non ha
soltanto una ragione pratica, ma significa che noi, pur essendo molti,
diventiamo un solo corpo nella comunione a un solo pane di vita, che è Cristo
(1 Cor 10, 17).
d) L'immixtio:
il celebrante mette nel calice una piccola porzione dell'ostia.
e) Agnello di
Dio (Agnus Dei): mentre si compie la frazione del pane e l'immixtio, si canta
dalla schola o dal cantore l'invocazione Agnello di Dio (Agnus Dei), alla quale
risponde il popolo; oppure la si dice ad alta voce. Si può ripetere questa
invocazione quante volte è necessario per accompagnare la frazione del pane.
L'ultima invocazione termina con le parole dona a noi la pace (dona nobis
pacem).
f) La
preparazione personale del sacerdote: il celebrante si prepara con una
preghiera silenziosa a ricevere con frutto il Corpo e il Sangue di Cristo. Lo
stesso fanno i fedeli pregando in silenzio.
g) Quindi il
celebrante mostra ai fedeli il pane eucaristico che sarà ricevuto nella
comunione e li invita al banchetto di Cristo; poi insieme con essi esprime
sentimenti di umiltà, servendosi delle parole del Vangelo.
h) Si desidera
vivamente che i fedeli ricevano il Corpo del Signore con ostie consacrate nella
stessa Messa, e nei casi previsti, facciano la comunione al calice, perché
anche per mezzo dei segni, la comunione appaia meglio come partecipazione al
sacrificio in atto44.
i)
Mentre il sacerdote e i fedeli si comunicano, si esegue
il canto di comunione; esso ha lo scopo di esprimere mediante l'accordo delle
voci l'unione spirituale di coloro che si comunicano, dimostrare la gioia del
cuore e rendere più fraterna la processione di coloro che si accostano a
ricevere il Corpo di Cristo. Il canto comincia mentre il sacerdote si comunica,
e si protrae per un certo tempo, durante la comunione dei fedeli. Se però è
previsto che dopo la comunione si eseguisca un inno, il canto di comunione
s'interrompa al momento opportuno.
Come canto di comunione si può utilizzare o l'antifona del Graduale romanum, con o senza salmo, o l'antifona col salmo del Graduale simplex, oppure un altro canto adatto, approvato dalla Conferenza Episcopale. Può essere cantato o dalla sola schola, o dalla schola o dal cantore insieme col popolo.
Se invece non si canta, l'antifona di comunione proposta dal Messale viene recitata o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, se no dallo stesso sacerdote dopo che questi si è comunicato, prima di distribuire la comunione ai fedeli.
j) Ultimata
la distribuzione della comunione il sacerdote e i fedeli, secondo
l'opportunità, pregano per un po' di tempo in silenzio. Si può anche far
cantare da tutta l'assemblea un inno, un salmo o un altro canto di lode.
k) Nell'orazione
dopo la comunione, il sacerdote chiede i frutti del mistero celebrato. Il
popolo fa sua l'orazione con l'acclamazione Amen.
57. I riti di conclusione
comprendono:
a) II saluto
e la benedizione del sacerdote, che in alcuni giorni e in certe circostanze si
può arricchire e sviluppare con l'«orazione sul popolo» o con un'altra formula
più solenne.
b) II congedo
propriamente detto, con il quale si scioglie l'assemblea, perché ognuno
ritorni alle sue occupazioni lodando e benedicendo il Signore.
Con questo foglio termina la prima
parte della presentazione della S.Messa. In seguito potrà essere utile
pubblicare altre norme del Messale Romano riguardanti: Uffici e Ministeri
nella Messa, diverse forme di celebrazione, l’arredamento della chiesa, ....
Ci auguriamo che anche queste pagine
siano servite ad amare di più la S.Messa, centro di irradiazione di tutta la
vita cristiana.