Lectio Divina

Anno C

Cristo Re dell’universo

 

Tema: Un re crocifisso: Cristo Signore, re della pace, della giustizia e del perdono.

I Lettura: 2Sam 5,1-3

Dal Salmo 121(122) –Regna la pace dove regna il Signore.-

II Lettura: Col 1,12-20

Alleluia: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore:

 benedetto il suo regno che viene.” (Cfr. Mc 11,10)

Vangelo: Lc 23,35-43

 

ANNOTAZIONI

v.35 - stava: l’evangelista oppone la tristezza e la fedeltà del popolo all’accanirsi dei capi e dei soldati. Probabilmente usa il termine “popolo” e non “passanti” per evidenziare l’atteggiamento di religiosa attenzione. Il popolo d’Israele è invitato a riflettere su ciò che vede.

- Schernivano: lett. ”arricciavano il naso” (cfr. Sal (21) 22,8; Lc 16,14). Il tempo imperfetto dà il tempo della durata. Gli schernitori ammettono il potere di guarire di Gesù, ma lo esortano a sfruttarlo a proprio vantaggio. C’è un’allusione alle tentazioni del deserto (cfr. 4,1-13). La domanda è per legittimare la sua pretesa di essere messia. .

- Eletto: titolo che Gesù ha ricevuto durante la trasfigurazione (cfr.9,35). Può riferirsi al servo di Dio dell’Antico Testamento (cfr. Is 42,1). In questi versetti c’è un accumulo di titoli regali (cfr. 23,35.37.38.39.42)

v.36 - Aceto: una bevanda a base di aceto (vino acidulo), un dissetante usato comunemente dai soldati e dai contadini. Il motivo originale del porgere questa bevanda non è chiaro: un gesto di compassione (cfr. Gv 19,28) o di crudeltà, cioè per rianimare il crocifisso per prolungare le sue ore di vita e quindi di sofferenza. Il particolare fu conservato nella tradizione per la riflessione sulla Scrittura che esso suggeriva (cfr. Sal (68) 69,22), dove il gesto ha un significato ostile.  .

v.37 – Se tu sei il re dei Giudei: la derisione dei soldati romani è parallela a quella dei capi giudei, ma si concentra sull’aspetto politico, riferendosi all’accusa nel processo romano (cfr. 23,3).

v.39 - Insultava: letteralmente “bestemmiava” (cfr.22,65). Il significato di questo verbo, visto il contenuto dell’insulto di uno dei malfattori non sembra avere un senso diverso da quello di deridere o schernire come fanno i capi giudei o i soldati, ma potrebbe riflettere un giudizio cristiano alla luce di chi è veramente Gesù: quindi un’offesa contro il figlio di Dio.

v.40 – Neanche tu hai timore di Dio: l’atteggiamento dell’altro malfattore vuole assumere il valore di un insegnamento: l’essere crocifisso, quindi l’essere vicino alla morte e al giudizio divino dovrebbe indurre l’uomo a “temere Dio”. Nella bibbia e nel giudaismo il timore di Dio è l’atteggiamento autenticamente religioso e implica riconoscimento della potenza di Dio, fiducia, obbedienza (cfr. Dt 6,13;8,6; Pr 1,7;2,5). Non temere Dio caratterizza l’atteggiamento dello stolto e dell’empio davanti a Lui.

v.42 – Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno: L’altro malfattore si rivolge direttamente al crocifisso e lo chiama con il suo nome, esclamazione unica nel Nuovo Testamento. L’esclamazione con il nome personale Gesù le poche volte che  è usata viene sempre accompagnata da una specificazione (cfr. 17,3;Mc 1,24; At 7,59). La domanda posta  a Gesù è formulata nella lingua e nelle categorie della preghiera giudaica. Con il ricordarsi si chiede a Dio di posare uno sguardo di bontà intervenendo a favore dell’orante e implica la fedeltà di Dio alle sue promesse, alla sua alleanza (cfr. 1,72). Con l’ultima espressione “entrare nel tuo regno” o meglio “quando verrai nel tuo regno” il ladrone probabilmente intende il regno messianico dell’attesa giudaica mediante il quale il Messia instaurerà con potenza il regno di Dio alla fine dei tempi.

v.43 – In verità: l’espressione in Luca 6volte sottolinea la solennità della dichiarazione.

- Oggi: il ladrone aspettava una salvezza futura situata alla fine dei tempi. Gesù gli garantisce la salvezza “oggi”. Parola tipica di Luca (cfr. 2,1;4,21; 5,26;13,32-33; 19,9). L’”oggi” come attualizzazione del tempo di salvezza è importante nella teologia lucana. La croce e la morte sono l’”oggi” dell’attuazione del misterioso disegno, il regno in atto, la salvezza in atto. E’ l’oggi del re che regna sulla croce.

- Paradiso: parola di origine persiana che significa “giardino recintato” (cfr. Ne 2,8; Ct4,13; Qo 2,5) ed indicherà un luogo di felicità, la felicità dei giusti nell’aldilà. Gesù promette al buon ladrone una vita di comunione con lui: “sarai con me”. Questa comunione con Cristo risorto è in se stessa la beatitudine definitiva, la salvezza piena. Con Gesù risorto l’oggi acquista carattere di definitività anche se non si precisa come e con quale modalità si realizzi l’essere con Gesù.

 

Dalle omelie di San Giovanni Crisostomo, vescovo ( Hom. de cruce et latrone, 2 s.)

Il paradiso aperto a un ladro

Vuoi vedere un’altra sua opera meravigliosa? Oggi ci ha aperto il paradiso, ch’era chiuso da più di cinquemila anni. In un giorno e in un’ora come questa, vi portò un ladro e così fece due cose insieme: aprì il paradiso e v’introdusse un ladro. In questo giorno ci ha ridato la nostra vera patria e l’ha fatta casa di tutto il genere umano, poiché dice: "Oggi sarai con me in paradiso" (Lc 23,43). Che cosa dici? Sei crocifisso, hai le mani inchiodate e prometti il paradiso? Certo, dice, perché tu possa capire chi sono, anche sulla croce. Perché tu non ti fermassi a guardare la croce e potessi capire chi era il Crocifisso, fece queste meraviglie sulla croce. Non mentre risuscita un morto, o quando comanda ai venti e al mare, o quando scaccia i demoni, ma mentre è in croce, inchiodato, coperto di sputi e d’insulti, riesce a cambiar l’animo d’un ladro, perché tu possa scoprire la sua potenza. Ha spezzato le pietre e ha attirato l’anima d’un ladro, più dura della pietra e l’ha onorata, perché dice: "Oggi sarai con me in paradiso". Sí, c’eran dei Cherubini a custodia del paradiso; ma qui c’è il Signore dei Cherubini. Sí, c’era una spada fiammeggiante, ma questi è il padrone della vita e della morte. Sí, nessun re condurrebbe mai con sé in città un ladro o un servo. L’ha fatto Cristo, tornando nella sua patria, v’introduce un ladro, ma senza offesa del paradiso, senza deturparlo con i piedi d’un ladro, accrescendone anzi l’onore; è onore, infatti, del paradiso avere un tale padrone, che possa fare anche un ladro degno della gioia del paradiso. Quando infatti egli introduceva pubblicani e meretrici nel regno dei cieli, ciò non era a disonore, ma a grande onore, perché dimostrava che il padrone del paradiso era un così gran Signore, che poteva far di pubblicani e meretrici persone così rispettabili, da meritare l’onore del paradiso. Come, infatti, ammiriamo maggiormente un medico, quando lo vediamo guarire le più gravi e incurabili malattie, cosi è giusto ammirare Gesù Cristo, quando guarisce le piaghe e fa degni del cielo pubblicani e meritrici. Che cosa mai fece questo ladro, dirai, da meritar dopo la croce il paradiso? Te lo dico subito. Mentre per terra Pietro lo rinnegava, lui in alto lo proclamava Signore. Non lo dico, per carità, per accusare Pietro; ma voglio rilevare la magnanimità del ladro. Il discepolo non seppe sostenere la minaccia d’una servetta; il ladro tra tutto un popolo che lo circondava e gridava e imprecava, non ne tenne conto, non si fermò alla vile apparenza d’un crocifisso, superò tutto con gli occhi della fede, riconobbe il Re del cielo e con l’animo proteso innanzi a lui disse: "Signore, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno" (Lc 23,42). Per favore, non sottovalutiamo questo ladro e non abbiamo vergogna di prendere per maestro colui che il Signore non ebbe vergogna di introdurre, prima di tutti, in paradiso; non abbiamo vergogna di prender per maestro colui che innanzi a tutto il creato fu ritenuto degno di quella conversazione che è nei cieli; ma riflettiamo attentamente su tutto, perché possiamo penetrare la potenza della croce. A lui Cristo non disse, come a Pietro: "Vieni e ti farò pescatore d’uomini" (Mt 4,19), non gli disse, come ai Dodici: "Sederete sopra dodici troni per giudicare le dodici tribù d’Israele" (Mt 19,28). Anzi neanche lo degnò d`una parola, non gli mostrò un miracolo; lui non vide un morto risuscitato, non demoni espulsi, non il mare domato; eppure lui innanzi a tutti lo proclamò Signore e proprio mentre l’altro ladro lo insultava...Hai visto la fiducia del ladro? La sua fiducia sulla croce? La sua filosofia nel supplizio e la pietà nei tormenti? Chi non si meraviglierebbe che, trafitto dai chiodi, non fosse uscito di mente? Invece non solo conservò il suo senno, ma abbandonate tutte le cose sue, pensò agli altri e, fattosi maestro, rimproverò il suo compagno: "Neanche tu temi Dio?" (Lc 23,40). Non pensare, gli dice, a questo tribunale terreno; c’è un altro giudice invisibile e un tribunale incorruttibile. Non t’affannare d’essere stato condannato quaggiù; lassù non è la stessa cosa. In questo tribunale i giusti a volte son condannati e i malvagi sfuggono la pena; i rei vengono prosciolti e gli innocenti vengono giustiziati. Infatti i giudici, volenti o nolenti, spesso sbagliano; poiché per ignoranza o inganno o per corruzione possono tradire la verità. Lassù è un’altra cosa. Dio è giudice giusto e il suo giudizio verrà fuori come la luce, senza tenebre e senza ignoranza...

Vedi che gran cosa è questa proclamazione del ladro? Proclamò Cristo Signore e aprì il paradiso; e acquistò tanta fiducia, che da un podio di ladro osò chiedere un regno. Vedi di quali beni la croce è sorgente? Chiedi un regno? Ma che cosa vedi che te lo faccia pensare? In faccia hai una croce e dei chiodi, ma la croce, egli dice, è simbolo di regno. Invoco il Re, perché vedo il Crocifisso; è proprio del re morire per i suoi sudditi. Questo stesso disse: "Il buon pastore dà la vita per le sue pecore" (Gv 10,11). Dunque, anche un buon re dà la vita per i sudditi. Poiché dunque diede la sua vita, lo chiamo Re. "Signore, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno".

 Per la “Collatio” e la “Deliberatio”

1) che vale un re che non può salvare nemmeno se stesso?

2) Ci rendiamo conto di quali sono le nostre attese nei confronti di Gesù? Quale salvezza egli ci promette?

 

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