Lectio Divina

XXX DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

 

Domenica del cieco di Gerico

 

Tema: Gesù luce del mondo, dona la fede per vedere il volto compassionevole e la tenerezza di Dio Padre a seguire la sua strada.

I Lettura: Ger 31,7-9

Dal Salmo 125(126) –Grandi cose ha fatto il Signore per noi.-

II Lettura: Eb 5,1-6

Alleluia: “-Io sono la luce del mondo-, dice il Signore;

-chi segue me avrà la luce della vita.” (Gv 8,12)

 

Vangelo: 10,46-52

 

 

ANNOTAZIONI

v. 46 - Gerico: E’ la città che si trova all’ingresso della terra promessa (Gs 6). E’ una città posta a 400 m sotto il livello del mare, situata nella valle del Giordano a 27 Km a nord di Gerusalemme.

- Bartimeo,cieco, sedeva lungo la strada...: Riguardo a questo personaggio vengono fornite molte informazioni: il suo nome, Bartimeo: è l’unica volta, fatta eccezione dell’episodio di Giairo (5,22), in cui l’evangelista cita nomi di persone, e il nome viene anche spiegato come patronimico. E’ cieco ed anche mendicante; questa sua condizione sociale è certamente conseguenza del suo stato di cecità, che lo costringe all’emarginazione e al tempo stesso a dipendere in tutto dagli altri. Bartimeo sedeva lungo la strada, egli si trova in una situazione di esclusione dal cammino normale di ogni uomo e di immobilità considerata come definitiva a causa del suo stato di cecità; situazione messa in luce dal tempo imperfetto, che nella lingua greca esprime un comportamento continuo, o una situazione che si protrae nel tempo: la sua condizione, quindi, è di totale staticità. Egli è il tipo di tutti coloro ai quali Gesù si manifesta e rivolge l’invito a seguirlo nella strada che porta a Gerusalemme e alla croce.

v. 47 - Gridare: Questo verbo è stato usato da Mc finora per indicare la violenta reazione dei demoni di fronte a Gesù, di cui riconoscevano il particolare rapporto che lo legava a Dio, la sua realtà divina (cfr. 3,11; 5,7); qui per la prima volta si trova sulla bocca di qualcuno che si rivolge a Gesù in atteggiamento di supplica.

- Figlio di Davide: Con questo appellativo Bartimeo designa Gesù come il Messia di Israele, riconosce il lui l’erede della promessa fatta a Davide (cfr. 2 Sam 7,11b-12.14-16), preludio delle acclamazioni con cui Gesù sarà salutato dal popolo al suo ingresso a Gerusalemme (cfr. 11,9-10).

- “Abbi pietà di me!”: Espressione familiare posta spesso dal salmista sulle labbra dell’orante (cfr. Salmo 41(40),5; 123(122),3). Il cieco manifesta la sua fede in Gesù, soccorritore e liberatore, e cerca di superare la distanza che lo separa da lui.

v. 50 - Mantello: Con lo sbarazzarsi del mantello l’evangelista sottolinea la prontezza nel liberarsi da tutto ciò che può costituire un ostacolo al suo andare verso Gesù. Getta via il mantello, cioè la sua vita vissuta nella logica del potere: il mantello è segno di potenza (cfr. 1 Sam 18,4, 24,6; 2 Re 2,14; Rt 3,9; Is 3,1-7; Mc 10,21).

v. 51 - Che vuoi che io ti faccia?: E’ la stessa domanda che Gesù aveva rivolto ai figli di Zebedeo (v.36). Ma ora è diversa la risposta: il “cieco”, che ha lasciato tutto il potere di cui era rivestito, chiede ora di vedere la gloria di Gesù e non la propria gloria (cfr. Mc 9,1; Gv 11,40; 1 Cor 2,6-10: Fil 3,8).

- Rabbunì: L’appellativo Figlio di Davide è sostituito da Rabbunì, titolo che esprime maggiore intimità; è lo stesso appellativo che si trova sulle labbra di Maria di Magdala, il mattino di Pasqua, quando, presso la tomba, Gesù risorto la chiama per nome (Gv 20,16).

v. 52 - La tua fede ti ha salvato: Diversamente da quanto era capitato con il cieco di Betsaida, Gesù non fa alcun gesto né proferisce parole taumaturgiche: la guarigione è dovuta solo alla sua fede in Gesù “Figlio di Davide” espressa nella sua preghiera e nella prontezza con cui ha risposto alla sua chiamata. E’ da notare l’uso del verbo “salvare” al posto di “guarire”: la fede ha dato a Bartimeo non solo il dono della vista, ma anche quello della salvezza, di cui la guarigione fisica è espressione.

- Seguirlo per la strada: L’uomo, che prima era cieco, ora è vedente, cammina, non è più al bordo della strada, ma sulla strada, non è più solo, ma insieme agli altri. Credere significa, dunque, vedere mentre la cecità è simbolo di mancanza di fede (cfr. Gv 9): credere significa soprattutto seguire Gesù. Bartimeo, libero ormai da ogni impedimento “lo seguiva”: il tempo imperfetto indica continuità, quindi la scelta consapevole di uno che ha deciso di accogliere Gesù come guida. L’episodio del cieco Bartimeo assume un significato simbolico: egli rappresenta il discepolo che, avendo superato le sue resistenze interiori, ha compreso il senso della sua messianicità. Nel cieco che ha riacquistato la vista si è compiuto il miracolo della sequela; e ciò non è la conseguenza della volontà dell’uomo che accetta l’insegnamento di Gesù, né il risultato di uno sforzo  umano, ma di u n dono di Dio che sostiene il credente nel suo cammino sulle orme di Gesù.

               

Dalle “Omelie sui Vangeli” di San Gregorio Magno (2, 1-5.8)

 

Gesù ci indica il modo di seguirlo

Il nostro Redentore, prevedendo che gli animi dei suoi discepoli si sarebbero turbati a causa della sua Passione, predisse loro con molto anticipo sia lo strazio della Passione che la gloria della sua Risurrezione, affinché, vedendolo morente, così come era stato predetto, non avessero dubitato che sarebbe anche risorto. E siccome i discepoli erano ancora carnali e del tutto incapaci di comprendere le parole del mistero, il Signore operò un miracolo. Davanti ai loro occhi, un cieco riacquistò la vista, perché coloro che non capivano le parole dei misteri celesti per mezzo dei fatti celesti venissero consolidati nella fede. Però, fratelli carissimi, i miracoli del Signore e Salvatore nostro vanno considerati in modo tale da credere che non soltanto accaddero realmente, ma vogliono altresì insegnarci qualcosa con il loro simbolismo. I gesti di Gesù, invero, oltre a provare la sua divina potenza, con il mistero insito in loro ci istruiscono. Noi non sappiamo in verità chi fosse quel cieco, però sappiamo cosa egli significa sul piano del mistero. Il cieco è simbolo di tutto il genere umano, estromesso dal paradiso terrestre nella persona del primo padre Adamo. Da allora, gli uomini non vedono più lo splendore della luce superna, e patiscono le afflizioni della loro condanna. E nondimeno, l’umanità è illuminata dalla presenza del suo Salvatore, sì da poter vedere - almeno nel desiderio - il gaudio della luce interiore, e dirigere così i passi delle buone opere sulla via della vita. Una cosa è degna di nota a questo punto ed è il fatto che il cieco riacquista la vista allorché Gesù si avvicina a Gerico. Gerico sta per luna, e luna, secondo la Scrittura, indica le deficienze della umana natura. Il motivo è forse da ricercare nel fatto che essa va soggetta ogni mese a fenomeni di decrescenza, cosicché è stata designata quale espressione della fragilità della nostra carne mortale. Sta di fatto che mentre il nostro Autore si appressa a Gerico, il cieco riacquista la vista. Il che vuol dire che allorché il Signore assunse la debolezza della nostra natura, il genere umano riacquistò la luce che aveva perduto. La risposta al gesto di Dio, che incomincia a patire le umane debolezze, è il nuovo modo di essere dell’uomo, elevato ad altezze divine. Ecco perché, a buon diritto, il Vangelo dice che il cieco sedeva lungo la via a mendicare. Gesù, infatti, che è la Verità, afferma: "Io sono la via" (Gv 14,6). Chi perciò ignora lo splendore dell’eterna luce è cieco; se, però, già crede nel Redentore, egli siede lungo la via; se però, pur credendo, trascura di pregare per ricevere l’eterna luce, è un cieco che siede lungo la via, senza mendicare. Solo se avrà creduto e avrà conosciuto la cecità del suo cuore, pregando per ricevere la luce della verità, egli siede come cieco lungo la via e mendica. Chiunque perciò riconosce le tenebre della propria cecità, chiunque comprende cosa sia questa luce di eternità che gli fa difetto, invochi con le midolla del cuore, invochi con tutte le espressioni dell’anima, dicendo: "Gesù, Figlio di David, abbi pietà di me". Ma occorre anche ascoltare quanto segue al clamore del cieco: "Coloro che gli camminavano innanzi lo rimproveravano affinché tacesse" (Lc 18,38-39). Cosa mai significano quei tali che precedono Gesù che viene, se non le turbe dei desideri carnali e il tumulto dei vizi che, prima che Gesù arrivi al nostro cuore, con le loro suggestioni dissipano la nostra mente e confondono le voci del cuore in preghiera? Spesso, quando intendiamo far ritorno a Dio dopo il peccato, e ci sforziamo di pregare per la remissione di quelle colpe che abbiamo commesso, si presentano alla vista i fantasmi dei nostri peccati e accecano l’occhio dell’anima, turbano lo spirito e soffocano la voce della nostra orazione. Si spiega così il fatto che coloro che precedevano Gesù imponevano al cieco di tacere; infatti, prima che Gesù arrivi al nostro cuore, i peccati commessi si impadroniscono del nostro pensiero invadendolo con le loro immagini e turbandoci nella nostra preghiera. Prestiamo attenzione ora a quel che fece allora quel cieco che anelava ad essere illuminato. Continua il Vangelo: "Ma il cieco con più forza gridava: Figlio di David, abbi pietà di me!" (Lc 18,39). Vedete? Quello stesso che la turba rimproverava perché tacesse, grida con lena centuplicata, a significare che tanto più molesto risulta il tumulto dei pensieri carnali, tanto più dobbiamo perseverare nella preghiera. Sì, la folla ci impone di non gridare, perché i fantasmi dei nostri peccati spesso ci molestano anche nel corso della preghiera. Ma è assolutamente necessario che la voce del nostro cuore tanto più vigorosamente insista quanto più duramente si sente redarguita. In tal modo, non sarà difficile aver ragione del tumulto dei pensieri perversi e, con la sua assidua importunità, la nostra preghiera perverrà alle orecchie pietose di Dio. Ritengo che ognuno potrà trovare in se stesso la testimonianza di quanto vado dicendo. Quando ritraiamo l’anima dal mondo per orientarla a Dio, quando ci votiamo all’orazione, succede che molte cose, fatte per l’innanzi con piacere, ci diventino pesanti, moleste e importune nella preghiera. Allora, sì e no riusciamo a scacciare il pensiero di tali cose, allontanandole dagli occhi del cuore, pur usando la mano del santo desiderio. Sì e no riusciamo a vincere certi molesti fantasmi, pur levando gemiti di penitenza. Però, allorché insistiamo con vigore nella preghiera, fermiamo nella nostra anima Gesù che passa. Per questo viene aggiunto: "Gesù si fermò e ordinò che il cieco gli fosse condotto dinnanzi" (Lc 18,40). Ecco, colui che prima passava, ora sta. E’ così, perché fintanto che sopportiamo le turbe dei fantasmi, sentiamo quasi che Gesù passa. Quando invece insistiamo con forza nell’orazione, Gesù si ferma per ridarci la luce. Infatti, se Dio si ferma nel cuore, la luce smarrita è riacquistata...Ma ormai è tempo di ascoltare cosa fu fatto al cieco che domandava la vista, o anche cosa fece egli stesso. Dice ancora il Vangelo: "Subito recuperò la vista e si mise a seguire Gesù" (Lc 18,43). Vede e segue chi opera il bene che ha conosciuto; vede, ma non segue chi del pari conosce il bene, epperò disdegna di farlo. Se pertanto, fratelli carissimi, conosciamo già la cecità del nostro peregrinare; se, con la fede nel mistero del nostro Redentore, già stiamo seduti lungo la via; se, con la quotidiana orazione, già domandiamo la luce del nostro Autore; se, inoltre, dopo la cecità, per il dono della luce che penetra nell’intelletto siamo illuminati, sforziamoci di seguire con le opere quel Gesù che conosciamo con l’intelligenza. Osserviamo dove il Signore si dirige e, con l’imitazione, seguiamone le orme. Infatti, segue Gesù solo chi lo imita...E siccome noi scadiamo dall’interiore gaudio verso il piacere delle cose sensibili, egli volle mostrarci con quale sofferenza si debba ritornare a quel gaudio. Che cosa non dovrà patire l’uomo per il proprio vantaggio, se Dio stesso ha tanto patito per gli uomini? Chi dunque ha già creduto in Cristo, ma va ancora dietro ai guadagni dell’avarizia, monta in superbia per la propria dignità, arde nelle fiamme dell’invidia, si sporca nel fango della libidine, o desidera le prosperità mondane, disdegna di seguire quel Gesù nel quale ha creduto. Uno al quale la sua Guida ha mostrato la via dell’asprezza, percorre una strada diversa, perciò se ricerca gioie effimere e piaceri.

 

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