Lectio Divina

XXXI DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

 

Domenica del comandamento dell’amore

 

Tema: Gesù unico Signore insegna il vero culto, l’amore verso Dio e verso il prossimo.

 

I Lettura: Dt 6,2-6

 

Dal Salmo 17(18) –Ti amo, Signore, mia forza.-

 

II Lettura: Eb 7,23-28

Alleluia: “Se uno mi osserva, osserverà la mia parola, dice il Signore e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.”

(Gv 14,23)

Vangelo: Mc 12,28-34

 

ANNOTAZIONI

 v. 28 – Scribi: Anticamente erano gli scrivani funzionari della pubblica amministrazione, i soli che sapevano leggere e scrivere, e quindi erano in grado di redigere leggi, documenti, contratti, corrispondenza diplomatica. Divennero perciò consiglieri e ministri dei re. L'Antico Testamento presenta anche gli scribi come esperti della legge di Mosè (la Bibbia). Gli scribi erano nello stesso tempo teologi, avvocati, pastori e medici; erano i depositari del sapere rispettati e ammirati. Quando passava uno scriba tutti si alzavano in piedi in segno di ossequio. Durante l'esilio in Babilonia (586-539 a.C.), essi avevano conservato la memoria e l'osservanza della legge, conciliando le necessità della vita con gli imperativi religiosi. Gli scribi e i dottori della legge diedero anche una valenza giuridica alla Bibbia, interpretandone acutamente tutti i precetti. Così finirono per avere anche una funzione politica di primo piano.

- Qual è il primo di tutti i comandamenti?: Gesù cita la fede fondamentale di Israele in Dio unico Signore ed il nucleo della condotta dell’uomo nei confronti di questo Dio che può essere solamente un amore onnicomprensivo (cfr. Dt 6,4-5;Es 20,3; Dt 5,7). Lo scriba nel suo commento riprende la critica ad un culto puramente esteriore che era già implicita nella cacciata dei venditori (cfr. 11,15-16; Mt 9,13; 12,7; 1 Sam 15,22; Os 6,6;  Is 1,11-17).

v. 30 – Amerai…: L’accento è posto sulla totalità della dedizione a Dio, elencando le tre facoltà che definiscono l’uomo nelle sue strutture personali profonde: cuore,  mente e forza, che per l’antica tradizione giudaica erano gli aspetti o ambiti diversi in cui si doveva esprimere ed attuare l’amore verso Dio. Il cuore designa la dedizione religiosa a Dio, sede delle decisioni, la mente indica l’intelligenza, la forza (beni – proprietà) implica l’energia operativa e comporta la donazione dei beni.

v. 31 – Il secondo è questo: In una combinazione che non si trova nell’AT Gesù aggiunge il comandamento dell’amore del prossimo (Lv 19,18). La nota caratteristica di Gesù è di combinare questi due elementi, di metterli in rilievo e di stendere il significato del prossimo oltre i limiti del proprio popolo a di tutti gli uomini (cfr. Lc 10,25-37). Nella sua risposta Gesù stabilisce cosa è dovuto a Dio (cfr. v. 17) cioè lo stesso uomo con tutto il suo essere

– Come te stesso: (Cfr. Gv 13,34; 15,12; 1Gv 4,11-12).

v. 34 - Non sei lontano dal regno di Dio: Lo scriba riassume il contenuto essenziale dell’AT, ma non basta per appartenere al regno di Dio. Gesù non dice cosa manca, ma affronta nel brano seguente 35-37 il problema della provenienza del Messia. Per appartenere al regno di Dio (cfr. 1,15) bisogna riconoscere Gesù come Figlio di Dio pur ritenendo la fede veterotestamentaria in Dio unico Signore.

 

Dal “De Doctrina Christiana” di San Agostino, vescovo

Il modo esatto di amare il prossimo

Dunque, poiché non è necessario un ordine, perché ognuno ami se stesso e la propria persona, cioè, poiché ciò che noi siamo singolarmente e comunitariamente ci riguarda in modo particolare, amiamo con una legge fermissima che anche negli animali è stata estesa - infatti anche gli esseri inferiori amano sé stessi e i loro corpi - non rimaneva, e per quel precetto che è sopra di noi, e per quello che è presso di noi, che osservarlo, come sta scritto: “Amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, e con tutta la tua intelligenza” e, “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. "Da questi due comandamenti dipende tutta la legge e i profeti" (Mt 22,37-40). L’amore, infatti, è lo scopo del precetto, cioè, ambedue di Dio e del prossimo. Poiché se tu ti ami nella tua interezza, cioè nell’anima e nel corpo, e parimenti, il tuo prossimo, nell’anima e nel corpo - la persona umana, infatti, è composta di anima e di corpo - in questi due comandamenti non è tralasciata nessuna delle cose che bisogna amare. Precedendo, infatti, l’amore di Dio ed apparendo prescritta la maniera di amarlo, tanto che le rimanenti cose sono comprese in esso, sembra che niente sia stato detto intorno all’amore di te stesso, ma, poiché si è detto: “Ama il tuo prossimo come te stesso” simultaneamente anche l’amore di te stesso non è stato disgiunto da te. Vive, infatti, una vita giusta e santa, colui che sa stimare rettamente le cose, questi inoltre, è colui che ha un amore ordinato, perché o non ama ciò che è da amarsi, oppure non ama ciò che deve amarsi, o ama esageratamente ciò che deve amare di meno, oppure ama in maniera eguale ciò che deve amare o di meno o di più, poiché è da amarsi in maniera giusta. Ogni peccatore, in quanto è tale, non lo si deve amare, ed ogni uomo, in quanto è tale, deve essere amato per amor di Dio, ma Dio, per se stesso. E se si deve amar maggiormente Dio che ogni uomo, ognuno deve amare Dio più di se stesso. Parimenti si deve amare di più un altro uomo che la propria persona, poiché è a motivo di Dio che tutte queste cose si debbono amare, e un altro uomo può insieme con noi godere di Dio, ciò che non può il corpo, poiché il corpo vive per mezzo dell’anima, con la quale godiamo di Dio.   Tutti gli uomini, inoltre, debbono amarsi in maniera giusta, ma poiché tu non puoi essere di utilità a tutti, devi provvedere in special modo a quelli che sono uniti a te più strettamente quasi con una certa sorte, dalle condizioni o dei luoghi, o dei tempi o di qualsiasi altra circostanza. Come, infatti, se tu fossi nell’abbondanza in qualche cosa, ciò che bisognerebbe dare a colui che non ha, non si sarebbe potuto dare a due persone, se ti venissero incontro due, dei quali né il primo né il secondo supera l’altro o per indigenza o in qualche bisogno verso di te, [e così agendo] non faresti niente di più giusto che scegliere per sorte a chi si dovrebbe dare, poiché non è possibile dare a tutti e due, così negli uomini, ai quali tutti tu non possa provvedere, si deve giudicare che ognuno può esserti congiunto temporaneamente dalla sorte… Dobbiamo, tuttavia, volere che tutti amino Dio insieme con noi, e deve tendere tutto a quest’unico scopo il fatto o che noi siamo loro di aiuto, oppure essi di giovamento a noi.

Per la “Collatio” e la “Deliberatio”

 

1) Tutto ciò che facciamo è animato dal comandamento d

 

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