Lectio Divina

XXXIV Tempo Ordinario – Anno B

 

Domenica di Cristo Re dell’universo

 

Tema: La regalità di Cristo su tutto l’universo.

I Lettura: Dn 7,13-14.

Dal Salmo 92(93) –Venga, Signore, il tuo regno di luce.-

II Lettura: Ap 1,5-8.

Alleluia: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!

Benedetto il suo regno che viene.” (cfr. Mc 11,10)

 

Vangelo: Gv 18,33b-37

 

ANNOTAZIONI

v. 33 – Tu sei il re dei Giudei?: Sono di fronte due concezioni opposte di sovranità, Pilato rappresentante di una regalità terrena, politica, dispotica; Gesù esponente di una regalità umanamente incomprensibile, paradossale contraddetta e rifiutata. Il titolo “re dei Giudei” usato solo in Mt 2,2 e nei racconti della passione ha più risonanze di carattere politico rispetto all’altro “re d’Israele” (cfr. Gv 1,49; 12,13.15) con connotazioni più messianico religiose.

v. 36 – Il mio regno: Gesù riconosce la sua regalità come un fatto e si attribuisce un potere regale di cui sottolinea il rapporto inseparabile con la sua persona, evidenzia inoltre che il suo regno non è d’origine umana.

- Di questo mondo: Letteralmente “da”, formula già adoperata da Gv per Gesù stesso (cfr. 8,23) e per i discepoli (cfr. 15,19; 17,16). Il senso dell’espressione è molteplice significa innanzi tutto “origine”: è un regno che non proviene da questo mondo e non trae la sua legittimazione dai poteri di questo mondo. Indica inoltre “natura”: è qualitativamente diverso dai regni terreni, in quanto si ispira ad una logica che non è assimilabile ai modelli di cui gli uomini fanno esperienza. Si esercita però “in“ questo mondo, nello scenario della vita e della storia dell’uomo e può rivendicare legittimamente dei diritti sugli uomini.

v. 37 – Testimonianza alla verità: Il dominio regale di Gesù consiste nel rendere in qualità d’inviato divino “testimonianza alla verità”. E’ questo il senso e la finalità ultima della sua incarnazione e della sua missione di rivelatore e di salvatore (cfr. 3,17; 16,28).

- Verità: Tale termine ricorre in Gv 25 volte ed è da intendersi non secondo le categorie filosofiche greche, ma nel significato biblico, come attributo della persona e della rivelazione di Dio. Negli scritti Giovannei non è riconducibile ad un solo significato: a) è la parola del Padre (cfr. Gv 17,17); b) è lo stesso Cristo (cfr. Gv 14,6) in quanto ci comunica la parola del Padre e ci dona la vita divina; c) è lo Spirito Santo (cfr. 1 Gv 5,6) nel suo ruolo di guida alla verità tutta intera (cfr. Gv 16,13).

- E’ dalla verità: E’ una formula creata da Gv senza riscontri sia nell’AT sia nel giudaismo. Significa un modo di vivere, di pensare, di agire che è frutto di sintonia abituale con la parola di Cristo, che diventa così l’unico criterio di riferimento dell’esistenza del credente. Essere sudditi di Gesù re significa essere evangelicamente e spiritualmente liberi (cfr. Gv 8,31-32).

  

Dalla “città di Dio” di Sant’Agostino, vescovo (14, 28; 19, 17)

 

La città terrena è fondata sull’amore di sé, la città di Dio sull’amore di Dio

Due amori fondarono due città: l’amore di sé fino al disprezzo di Dio fondò la città terrena; l’amore di Dio fino al disprezzo di sé, invece, la città celeste. Perciò quella si gloria in se stessa, questa nel Signore. Quella ricerca la gloria dagli uomini; la gloria piú grande di questa, invece, è Dio, testimone della sua coscienza. Quella innalza il capo nella sua gloria; questa dice al suo Dio: "Gloria mia, che innalza il mio capo" (Sal 3,4). Quella è dominata dalla brama di dominio sui principi o sulle nazioni soggiogate; in questa si servono a vicenda, nella carità, i capi governando, i sudditi obbedendo. Quella ama, nei suoi potenti, la propria forza; questa dice al suo Dio: "Amo te, o Signore, o forza mia" (Sal 17,2)... Ma la città celeste, o meglio quella sua parte che è pellegrina in questo corpo mortale e vive di fede, è necessario che fruisca di questa pace fino a quando questo suo stato mortale cui tale pace è necessaria non se ne passi. Pertanto, mentre trascorre la sua vita in schiavitù e pellegrinaggio nella città terrena, pur avendo già accolto la promessa della redenzione e il dono spirituale che ne è il pegno, non dubita di obbedire alle leggi della città terrena; quelle, cioè, con cui questa si amministra, leggi atte a sorreggere la vita mortale. Le è comune con essa il suo stato mortale: si mantiene di tal modo la concordia tra le due città in tutto ciò che a questo stato mortale si riferisce... Questa città celeste, dunque, mentre è pellegrina sulla terra, raccoglie i propri cittadini da tutte le genti, e raduna una società pellegrinante, dai popoli di tutte le lingue: non bada a ciò che nei costumi, nelle leggi e nelle tradizioni è diverso, se pur crea o mantiene la pace terrena; nulla disprezza di quei popoli, nulla distrugge, ma anzi tutto conserva e osserva. Infatti, benché diverso in diverse nazioni, tutto serve allo stesso fine di ottenere la pace terrena, se non impedisce la religione che ci insegna di dover adorare un unico sommo e vero Dio. La città celeste, dunque, gode, in questo suo pellegrinaggio, della pace terrena e di tutto ciò che giova alla natura umana; difende e desidera, quanto lo ammette l’integrità della devozione e della religione, la concordia delle volontà e mette in rapporto la pace terrena alla pace terrestre. Ma è quest’ultima la vera pace, tanto che si può dir l’unica pace della creatura razionale, cioè l’unione ordinatissima e piena di armonia nel godimento di Dio e nel godimento reciproco in Dio; al quale quando si giungerà, la vita non sarà più mortale, ma certamente e pienamente vitale; e il corpo non sarà più animale, che si corrompe e aggrava l’anima, ma spirituale, senza bisogno alcuno, soggetto in ogni sua parte alla volontà. Anche in questo pellegrinaggio possiede tale pace nella fede; e per questa fede vive nella giustizia perché al raggiungimento di tale pace ordina tutte le sue buone azioni compiute verso Dio e verso il prossimo; la vita infatti di tale città è evidentemente sociale.

           

Per la “Collatio” e la “Deliberatio”

 

1) Cristo regna realmente su di noi? Sta al centro della nostra vita?

2) Ci preoccupiamo di essere gli artefici del regno di Cristo, di estenderlo intorno a noi, specialmente con l’esempio di una vita di dedizione e di carità?

3) In che misura e in che modo riusciamo ad essere “testimoni della verità” nelle quotidiane situazioni di vita? 

 

Home Page