Lectio Divina

XXIV DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

 

 

Domenica della professione di fede di Pietro

 

Tema: Gesù il Messia sofferente ci invita a credere in lui e a confessare la fede col dono della vita.

I Lettura: Is 50,5-9

Dal Salmo 114(116) –Camminerò alla presenza del Signore.-

II Lettura: Gc 2,14-18

Alleluia: “Di null’altro mi glorio se non della croce dio Cristo, per mezzo della quale

Il mondo per me è stato crocifisso e io per il mondo.” (cfr. Gal 6,14)

Vangelo: Mc 8,27-35

ANNOTAZIONI

v. 27-30: La confessione di Pietro a Cesarea di Filippo si trova al centro del Vangelo di Mc e forma una cesura che separa tra loro due parti ben distinte. La prima è caratterizzata dalla progressiva manifestazione che Gesù fa del Regno di Dio attraverso la sua parola e i suoi gesti potenti (1,14-8,26); la seconda conduce alla rivelazione definitiva di Gesù Messia e del suo Regno attraverso la passione, morte e risurrezione (8,31-16,8). Essa assume un’importanza particolare perché per la prima volta l’identità di Gesù viene confessata e riconosciuta apertamente da Pietro a nome del gruppo dei discepoli: “Tu sei il Cristo!”. E’ il punto di arrivo di tutta la prima parte del vangelo: per la prima volta gli enigmatici interrogativi sulla persona di Gesù trovano una risposta.

v. 27 - Cesarea di Filippo: L’evangelista colloca la scena ai confini della Palestina con il mondo pagano. E’ menzionata solo qui nel Vangelo.

- Per via: Questo luogo non è certo il migliore per simili confidenze, ma il narratore ha fatto questa scelta perché la via percorsa da Gesù e dai suoi discepoli è quella che porta a Gerusalemme.

v. 28 - Giovanni Battista, Elia, uno dei Profeti: Evocano alcune figure di “uomini di Dio”  menzionate già in 6,14-15.

v.29 - Tu sei il Cristo: Da questo momento e per la prima volta Gesù è riconosciuto e proclamato ufficialmente come il Messia cioè il Cristo=Unto. Nell’AT era riferito ai Patriarchi, ai Re, ai Sacerdoti e al legittimo discendente davidico, colui che è destinato a realizzare le promesse profetiche (cfr. 2 Sam 7,13-14; Is 9; 11; Salmo 2; 89(88); 110(109)), dando compimento alla speranza di Israele. Gesù è riconosciuto e proclamato come il rivelatore dotato di pieni poteri, il maestro autentico ed autorevole, l’interprete ultimo delle “Scritture” e della “tradizione degli antichi” (cfr. Mc 7) colui che annunzia e realizza il Regno di Dio (cfr. Mc 1,15). La parola Cristo è usata solo cinque volte in Mc, ma sempre in momenti importanti (cfr. 1,1; 8,29; 12,35; 14,61; 15,32).

v. 30 - Impose loro di non parlare di lui: Gesù impone il silenzio a Pietro e ai discepoli perché tale professione di fede può suscitare interpretazioni ambigue circa il suo essere Messia, infatti si preoccupa di esplicitarlo nei versetti 31-33.

v. 31 - Doveva: Ricorre qui per la prima volta in Mc (cfr. 9,11; 13,7.10.14; 14,13). Non allude ad una necessità cieca e fredda, ma ad una necessità intrinseca al disegno di salvezza di Dio cioè a quel volere del Padre che Cristo conosce ed accoglie in obbedienza, condividendo l’amore che lo ispira (cfr. Lc 24,26).

- Figlio dell’uomo:. Quest’espressione ricorre qui per la prima volta in Mc. In seguito tornerà spesso nel vangelo, e sempre sulle labbra di Cristo. Il significato è oscuro e discusso. Sia in ebraico, come in aramaico, la formula “figlio d’uomo” indica semplicemente un uomo. Tuttavia un significato più forte e messianico appare già nel libro di Daniele, che presenta “sulle nubi del cielo uno simile ad un Figlio di uomo”, il quale riceve ogni potere (cfr. Dn 7,13-14). Gesù, e dopo di lui Mc, sfruttano la misteriosa valenza di quest’espressione. In questo contesto al Figlio dell’Uomo vanno aggiunte le sofferenze riservate al Servo.

- Soffrire molto: E’ la condizione del Servo del Signore (cfr. Is 49,1-6; 50,4-9; 52,13-53,12), è la condizione esistenziale che distingue il giusto dall’empio (cfr. Ml 3,13-18; Sap 2,1-22).

- Riprovato: Significa letteralmente essere ritenuto e dichiarato indegno, incapace, insufficiente, inetto, cattivo e quindi di conseguenza essere escluso e rigettato, scartato, respinto, ripudiato. Si allude al tema del “ripudio” di Gesù da parte dei capi di Israele (cfr. At 7,1-53).

- Anziani, sommi sacerdoti e scribi: Indicano la legittima autorità religiosa e civile. Gli anziani sono i notabili ebrei, i sommi sacerdoti sono i responsabili del culto, gli scribi sono i conoscitori della Legge.

v. 33 - Lungi da me: Letteralmente: va dietro a me. Gesù rimette Pietro al posto che gli spetta, quello di discepolo e precisa nei vv. 34-38 cosa significa seguirlo.

- Satana: Cioè: avversario del progetto di Dio. Pietro con il suo atteggiamento si interpone tra Gesù e il progetto di Dio (cfr. Is 55,8-9; Sap 9,17; I Cor 1,22-29).

v. 34 - Venire dietro di me: E’ l’espressione tipica del discepolato: significa mettersi dietro a Gesù, perché è lui che ci indica il cammino della vita.

- Rinneghi se stesso: Letteralmente: ”non conosca più se stesso”, cioè non orienti la propria vita sul dominio, sulla volontà di potenza e sul privilegio; non si lasci dominare dall’Io narcisista ed egocentrico (Gal 5,13.19-21); non si lasci conquistare da una falsa e spudorata idea di “realizzazione di sé” e di “protagonismo” (cfr. Mc 9,34; Lc 22,24).

- Prenda la sua croce: Letteralmente: “elevi la sua croce”: la croce è il segno del Cristo che si dona, che dà tutto se stesso per gli altri! Il discepolo che prende la croce è il discepolo che vuole appartenere a Cristo: cioè che “prende” la logica del Dono di sè come orientamento costante della propria vita. Il discepolo che prende la croce è il discepolo che ha crocifisso in sé l’uomo vecchio (=ego-centrico) e si è “rivestito” dell’Uomo Nuovo che è Cristo (Rm 6,6-8.12-14; Gal 5,24; Rm 13,11-14; Ef 4,20-30). Il discepolo che prende la croce è il discepolo che vince il “pensiero dell’uomo” (=la logica mondana: Mc 8,33) e accoglie i “sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2,5-8).

- Mi segua: Ecco il senso della sequela. Ha un senso seguire Gesù? Sì, perché ci fa comprendere che il senso vero della vita sta nel dono di sé all’altro.

v. 35 - Perderà la propria vita: L’unico modo di salvarsi, di dare un significato al nostro esistere è quello di “perdersi” a motivo di Cristo.

 

Dal commento ai vangeli di San Gregorio Magno

Dio va anteposto anche al valore della vita

"Chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà" (Mc 8,35). E` come se si dicesse al contadino: Se tu serbi il tuo grano lo perdi; se invece lo semini, lo rinnovi. Chi ignora, infatti, che il grano, una volta seminato sparisce alla vista e muore sotto terra? Ma proprio perché marcisce nella polvere, vigoreggia poi rinnovato!       Per la Chiesa, vi è un tempo di persecuzione e un tempo di pace; e il Redentore dà precetti diversi a seconda dei vari tempi. In tempo di persecuzione, ordina di dare la propria vita; in tempo di pace, impone di dominare quei desideri terreni che più si rivelano prepotenti in noi. Ecco perché, anche oggi dice: "Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?" (Mc 8,36; Mt 16,26). Quando cessa la persecuzione da parte dei nemici, è tempo di custodire più attentamente il cuore. Infatti, in tempo di pace, quando ci è concesso un quieto vivere, ci assalgono desideri smodati. E` questo stato di avarizia che va tenuto a freno con l’attenta considerazione della condizione di colui che viene assalito. In effetti, a che pro dovrebbe insistere nell’ammassare, chi di per sé non può rimanere quaggiù ad ammassare? Consideri perciò ognuno la propria durata e si accorgerà che gli può bastare senz’altro il poco che possiede! O ha paura, per caso, che lungo il cammino della vita gli venga a mancare il sostentamento? La brevità del cammino è però un rimprovero ai nostri desideri a lungo termine; è inutile, infatti, caricarsi di molte provviste, quando la meta cui si tende è vicina! Spesso capita che ci è facile aver ragione dell’avarizia, mentre ci arrestiamo poi davanti ad un altro ostacolo, trascurando in pratica l’impegno verso la perfezione. Ci lasciamo vincere dal rispetto umano, che ci impedisce di esprimere con la voce la rettitudine che sentiamo nell’intimo. In tal modo, di tanto trascuriamo gli interessi di Dio, con la difesa della giustizia, di quanto cediamo alla mentalità degli uomini, contro ogni giustizia. Ma anche per questo malanno, il Signore suggerisce il rimedio appropriato, quando dice: "Chiunque si vergognerà di me e delle mie parole [davanti a questa generazione adultera e peccatrice], anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi" (Mc 8,38).

Per la “Collatio” e la “Deliberatio”

          1) Che senso ha il nostro discepolato?

     2) Che senso ha seguire questo Messia liberatore che ci sta portando alla croce?

 

 

 

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