Giù le mani dalla fonte della vita

 

 

La risorsa vitale più controversa del nuovo millennio è l’oggetto della nuova campagna lanciata dal Comitato Internazionale per il Contratto Mondiale dell’acqua.  Riccardo Petrella spiega perché oggi nel mondo un miliardo e quattrocento milioni di persone non hanno ancora accesso all’acqua potabile. Si stima inoltre che siano duecento milioni i bambini che muoiono ogni anno per malattie causate dal consumo  di acqua insalubre. Se le tendenze attuali non verranno modificate  radicalmente, saranno tre miliardi le persone senza accesso all’acqua nel 2020.Nel 1977 le Nazioni Unite organizzarono la prima Conferenza Mondiale sull’acqua a Mar del Plata, in Argentina. Da quell’anno sono susseguiti numerosi congressi e forum. Qualche anno dopo le Nazioni Unite hanno  sancito il Decennio dell’acqua 1981-1990, il cui obiettivo principale era di riuscire a garantire l’accesso all’acqua potabile per tutti i cittadini   del pianeta entro il 2000. E’ stata anche inserita nel calendari internazionale la Giornata Mondiale dell’acqua: il 22 marzo. Nonostante ciò, siamo ancora molto lontani da una concreta soluzione del problema.  Secondo Riccardo Petrella, segretario del "Comitato Internazionale per il Contratto Mondiale dell’acqua", il problema non è solo tecnico e ambientale, ma soprattutto economico, politico, giuridico e sociale. Nel corso della presentazione del libro "Il manifesto dell’acqua" lo scorso 13 settembre a Milano, Petrella ha messo in luce alcune componenti cruciali della "questione acqua".

     

La proprietà dell’acqua

"L’acqua in Canada non appartiene ai canadesi. L’acqua in Italia non è degli italiani". Alla base delle proposte di Petrella vi è un concetto apparentemente semplice: l’acqua è di tutti. Noi siamo abituati a      ragionare riguardo alle risorse naturali in termini di sovranità      territoriale assoluta dello Stato in cui si trovano. Generalmente si    ritiene che uno Stato sia libero di usufruire delle risorse presenti in      esso senza vincoli esterni. Ma il diritto internazionale ha recentemente elaborato alcuni principi innovativi che di fatto pongono dei vincoli a questa libertà.  Si tratta dell’uso equo e ragionevole o della comunità di interessi o      ancora della sovranità limitata e integrata, anche se solo raramente questi principi sono stati recepiti ed applicati dai Governi. Partendo dal      principio che l’acqua è un bene essenziale per tutti, Petrella arriva a dimostrare che l’acqua appartiene di fatto all’umanità intera. Le comunità      locali devono decidere dell’uso della risorsa operando in un’ottica di  mandato fiduciario da parte dell’intera collettività.

 

Umanità non riconosciuta

La questione si complica quando ci si accorge che il concetto di umanità  non è recepito nei trattati o nel diritto internazionale più in generale.  "Abbiamo riconosciuto gli Stati, le organizzazioni internazionali" ci fa notare Petrella,. "riconosciamo anche - se possiedono un passaporto - i cittadini. Ma il concetto di umanità, giuridicamente, non esiste".  Ecco dunque il primo obiettivo da raggiungere: la codificazione del  concetto di collettività mondiale, titolare di diritti e doveri rispetto all’acqua, anche al fine di evitare conflitti - sempre più probabili -      attorno al suo utilizzo.

 

Bisogni e diritti

"Noi diamo da bere ai nostri gatti tutti i giorni. Non sono loro a chiedercelo, eppure noi gli riempiamo la ciotola. Perché lo facciamo? E’ semplice. Perché altrimenti morirebbero." La questione della necessità dell’acqua non è ovvia. O meglio, non è ovvia per i 130 Governi che, al termine del secondo Forum Mondiale sull’acqua dell’Aja (17-22 marzo 2000) hanno firmato una dichiarazione in cui si afferma che l’accesso all’acqua è un "bisogno vitale" e non un diritto. La differenza è abissale. Il bisogno, infatti, deve essere dimostrato dal singolo individuo, e sarà il mercato a soddisfarlo. L’acqua non può essere considerata un semplice bisogno, ma un diritto. Diritto individuale, collettivo, umano e sociale. Irrinunciabile. A tutti deve essere riconosciuto il diritto all’accesso all’acqua potabile, in quanto insostituibile fonte di vita. E sarà compito della collettività individuare le risorse finanziarie necessarie a coprire  i costi di distribuzione e di gestione dell’acqua.

 

Giuseppina Pantaleo