Corso quaresimale di catechesi
PARROCCHIA “S.Giovanni Ev.”
Montecelio (Rm)
di P. ADRIANO CIMINELLI, C.R.
- Quarto Incontro -
CONVERTITEVI
!
La prima affermazione pubblica che Gesù fece quando iniziò la predicazione fu: “Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino” (Mt 4:17). Questa frase da una parte indica il motivo per cui Gesù è venuto, dall’altra indica la reale situazione dell’uomo, discendente di Adamo, peccatore come lui, corrotto dentro, con il cuore a brandelli e sotto condanna. Il comando: Convertitevi!, significa che l’uomo è separato da Dio e senza rimedio. D’altra parte, annuncia anche un programma di restaurazione e di salvezza che Dio rivela per mezzo del Figlio. La nostra sorte può essere ripristinata, sì da farci entrare nel Regno di Dio. Ora l’uomo può scegliere: o rimanere separato da Dio o ascoltare l’invito di Gesù per essere reintegrato nel progetto di salvezza del Padre. La creatura non può assumere un atteggiamento di neutralità dinanzi al Creatore. Gesù stesso disse: “O con me o contro di me”. L’uomo già si trova in una situazione precaria, essendo nato peccatore e se non accetta la proposta di Gesù, in quella situazione rimane e rimarrà per sempre. Si entra nel Regno solo attraverso la conversione. E’ il gesto indispensabile dell’uomo peccatore; al resto ha pensato lui, il Signore.
Vediamo prima di tutto che cos’è il Regno, poi vedremo cosa significa convertirsi. Il Regno annunciato, Gesù lo illustra con varie parabole ognuna delle quali cerca di evidenziarne qualche caratteristica. Non pensiamo al Regno di Dio con le categorie umane: un re, un territorio, dei sudditi. Il Regno di Dio è prima di tutto Dio che viene: Dio viene a visitarci, a stare con noi, ad arricchirci dei suoi beni, soprattutto quello di comunicarci la sua stessa vita. Dio vuole portarci nella sua casa, perciò ci invita a fare comunione con lui, liberandoci dall’eterna separazione da lui.
Il Regno è presente perché lui, l’Emmanuele, è con noi. Il Regno di
Dio viene ed è presente perché Gesù è venuto e resterà per sempre con noi. “Io
sarò con voi sempre!” (Mt 28:20). Se l’uomo si lascia prendere da Gesù,
il mandato da Dio, sarà trasferito nella casa del Padre e la sua sorte sarà
restaurata. Dice infatti Paolo: “E’
lui (il Padre) che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel
Regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la
remissione dei peccati” (Col 1:13-14). Questo trasferimento, questa
restaurazione, la realizzazione del programma di salvezza di Dio, è il Regno.
Quindi il Regno di Dio è Dio stesso che regna, rendendosi presente. Ora
Dio non vuole regnare su dei sudditi schiavi, ma nel cuore dei suoi figli; così,
nel momento in cui si apre il cuore a Dio ed egli viene, rendendosi presente, si
instaura il Regno. Gesù è la chiave che apre la porta per l’ingresso al
Regno, anzi, è la porta stessa: “Io
sono la porta: se uno entra attraverso me, sarà salvo; entrerà e uscirà e
troverà pascolo” (Gv 10:9).
Il Regno è anche il tempo dell’amnistia. A questo accennò Gesù quando parlò a Nazareth: “(Il Padre) mi ha mandato...a predicare un anno di grazia del Signore” (Lc 4:18-19). Presso Israele, ogni cinquanta anni, si proclamava l’anno dell’amnistia generale, in cui si ripristinavano le sorti iniziali: i debiti venivano condonati e le proprietà ritornavano ai legittimi proprietari. Il Regno di Dio, allora, è l’amnistia per tutte le trasgressioni e l’eredità perduta viene restituita. Gesù ora va alla ricerca di cuori disponibili che possano ereditare il Regno. Gesù afferma: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò a lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3:20). Ogni volta che Gesù entra, porta la salvezza e, quindi, l’ingresso nel Regno. Gesù entra in te e tu entri in lui. Gesù non solo è la soluzione alla nostra condizione di peccato e alla nostra separazione dal Padre, ma è il mediatore di una nuova alleanza col Padre: un patto eterno d’amore!
Diceva Gesù: “Il Regno di Dio è in mezzo a voi” (Lc 17:21). Il Regno era presente perché lui era presente. Nel momento in cui coloro che lo ascoltavano gli aprivano il cuore, il Regno si faceva presente. Dio non occupa un territorio, ma i cuori.
Passiamo ora al “convertitevi!”. Convertirsi significa cambiare il proprio modo di pensare, la mentalità; non pensare più come pensa il mondo, separato e alienato da Dio, dove eri anche tu prima di incontrare Gesù. “Cambiare il modo di pensare” significa cominciare a pensare secondo l’uomo nuovo, Gesù; quindi devi cominciare a pensare secondo Dio, secondo i principi del Vangelo. In una circostanza Gesù rimproverò Pietro proprio per questo motivo: “Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mt 16:23). Qui c’è una netta separazione tra due mondi: il vecchio che va verso la perdizione e il nuovo che occuperà “nuovi cieli e una terra nuova” (2 Pt 3:13), che Dio sta preparando per i suoi figli.
La conversione è un atteggiamento del cuore totalmente diverso da chi è senza Dio. Non vi è capitato mai di incontrare persone del tutto distanti dal Signore ? D’altra parte conoscete anche persone che cercano il Signore e vogliono obbedirgli; cercano le scritture per conoscere e uniformarsi alla sua volontà. Questo è il passaggio che deve avvenire: da un cuore duro e alienato da Dio ad un cuore timorato del Padre e pieno d’amore, desideroso di realizzarsi in Dio, come ha fatto Gesù. In pratica convertirsi significa fare inversione di marcia: mentre andavi con le spalle volte a Dio, ti giri, mostrandogli il tuo volto, segno che vuoi tornare a lui, cercando il suo volto. E’ fare il cammino a ritroso, come fece il figlio prodigo.
Pensiamo un’altra immagine, quella del paradiso terrestre, che poniamo sulla sommità di un monte, dal quale l’uomo è precipitato. Convertirsi significa lasciarsi alle spalle il burrone, dove Gesù ci ha sorpresi, e incominciare a risalire la china insieme a lui; questo risalire verso il Padre è “il cammino di fede”. Convertirsi significa, dunque, abbandonare, lasciarsi alle spalle tutto ciò che non è compatibile con le esigenze del Regno di Dio, espresse nel Vangelo, e ascendere.
Il Regno è vita nello Spirito; bisognerà, quindi, superare la carne con la forza dello Spirito. Dobbiamo liberarci di qualcosa per raggiungere qualcos’altro. Devo lasciare le vecchie posizioni della carne, del mondo, del peccato e orientarmi verso il Padre per raggiungere la sua casa. E’ necessario riconoscere Dio come il necessario. Cada tutto, finisca tutto, ma nessuno ci tolga il Tutto. Solo lui può dare un senso alla nostra vita. Dio, che ci ama, ci chiama personalmente. Essere nel Regno significa aver risposto a questo invito di Dio, perché la nostra sorte sia restaurata.
Convertirsi significa anche morire a se stessi, cioè alla vita autonoma, che vivevamo senza Dio, per conto nostro e nella carne. A questo proposito Gesù diceva: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16:25). Dobbiamo orientarci decisamente verso una vita nello Spirito, avendo una chiara consapevolezza di essere passati dalla carne allo Spirito, anche se percepiamo in noi ancora dei richiami e delle pesantezze. A questo riguardo Gesù diceva: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono coloro che la trovano!” (Mt 7:13-14). Il non convertito, o non penitente, rimane in uno stato di peccato, avendo nel cuore una lotta continua di resistenza a Dio perché non vuole sottomettersi a lui. Di questi Gesù diceva: “Hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti opera il male odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere” (Gv 3:19-20). Chi non è convertito è un ribelle, immerso nelle tenebre dell’incredulità, è duro dentro, spesso immerso nell’impurità, così da non potersi avvicinare a colui che è tre volte santo. Il non convertito è nell’ignoranza delle cose di Dio, anche se spesso è nella presunzione di sapere. E’ un idolatra: ha rifiutato Dio dopo averlo sostituito con degli idoli fatti a misura d’uomo.
Il passaggio di cui ho parlato è la prima conversione. In altre parole è l’incontro col Signore. Questa prima conversione sta alla base di qualsiasi altra esperienza spirituale ed è necessaria per accogliere Gesù, il quale salva e libera attraverso il sacramento del battesimo, che è la porta del Regno.
Una volta consolidato l’incontro col Signore si entra nella seconda conversione. E’ l’atteg-giamento del cuore pentito che si va purificando dalla legge del peccato che permane ancora nelle sue membra. Ora, perseverando nell’orientamento dettato dalla prima conversione, si procede, con un cammino di fede, alla scalata della santa montagna, giorno dopo giorno, percorrendo il cammino a ritroso. E’ necessaria la perseveranza, perché “non progredire significherà regredire” (S. Agostino).
Riferendosi a Gesù, il Battista diceva: “Egli deve crescere, io invece diminuire” (Gv 3:30). Quest’affermazione può essere presa come simbolo: crescita della vita di Gesù, che diventa mia e riduzione della vita vecchia di peccato, che in ogni modo dovrà scomparire. Se accetto che la mia vita scompaia, mi ritroverò con quella di Gesù; se invece rimango abbarbicato alla mia vita di peccato, mi perderò con essa. Questa situazione di purificazione prevede circostanze difficili, che il Signore userà perché noi, di giorno in giorno, ci convertiamo a lui sempre più radicalmente. A volte s’incontrano persone che fanno difficoltà a confessarsi, perché dicono di non trovare i peccati o di non sapersi confessare. Questo perché ci si ferma ad esaminare eventuali azioni cattive commesse, mentre anche le manifestazioni e tendenze cattive della natura peccaminosa devono essere oggetto della confessione. Nell’assoluzione non c’è solo il perdono dei peccati, ma anche la guarigione delle inclinazioni perverse. A questo scopo bisogna invocare sempre lo Spirito Santo perché faccia luce in noi e ci convinca di peccato (Gv 16:8), evidenziando la vita vecchia che ancora rimane in noi.
La legge del peccato in noi si riassume nella parola “concupiscere”, che esprime tutta la proiezione interiore verso le cose bramate, siano esse lecite o illecite. Così, sia l’io sia la carne si nutrono di tutto quello che magari Dio non vuole, perché contrasta con la sua santità. Il vero convertito è consapevole di quello che si oppone alla santità di Dio, per cui è disposto a lottare, proiettandosi verso ciò che è secondo lo Spirito e la legge del Regno. Il convertito si riconosce proprio dal fatto che si orienta decisamente verso i beni eterni, cerca la volontà di Dio al di sopra di ogni altro bene e si impegna per far contento il Signore più di quanto desideri accontentare se stesso. Se siamo sulla via della conversione, lo Spirito ci farà percepire sempre più lo spavento che deve incutere il peccato. S. Francesco era convinto di essere il più grande peccatore della terra, perché più si avvicinava alla luce di Dio e più era spaventato dalle tendenze della sua carne. A S. Caterina Gesù fece vedere la condizione della sua anima ed ella si spaventò a tal punto da pensare di essere già all’inferno. Poi vide Gesù accanto a sé e si rasserenò.
I peccati di cui non ci si pente rimangono lì per l’eternità e non ce li toglierà nessuno, neppure Gesù. Il pentimento senza conversione non è autentico. E’ necessario lasciarsi alle spalle il passato per riorientarsi continuamente. Come il bene si somma creando una situazione di gloria, così anche il male di cui non ci si pente va a creare una situazione di distruzione e di morte. Il peccato del mondo è la somma di tutti i peccati degli uomini di cui non ci si è pentiti. Questo fa pensare anche ad una responsabilità collettiva, di modo che la mia conversione ridonda a beneficio di tutti, come il peccato di cui non mi pento pesa anche sugli altri. Da qui gli odi, le guerre, i disastri.
Nel convertirsi bisogna superare tre difficoltà, che sono la sintesi di tutti i peccati:
a) Il peccato in genere: è dire “no” a Dio, alla sua volontà, al suo piano di salvezza. E’ un contrastare e quindi contristare lo Spirito. Col peccato si interrompe il rapporto con Dio, si va alla deriva senza speranza, si è già all’inferno, cioè separati da Dio. Dopo morte questa separazione viene sancita definitivamente.
b) La presenza degl’idoli: l’idolo è tutto ciò che prende il posto di Dio, che è il Tutto. Se al posto di Dio metto qualcos’altro o qualcun altro, divento idolatra.
L’idolatria è anche desiderio e uso di poteri occulti, ricercati al di là dell’umano, fuori di Dio. Molto diffuse oggi sono le sedute spiritiche, le messe nere, la cartomanzia, il ricorso ai maghi e ai medium. Questi cultori di satana non risolvono i tuoi problemi, ma ti fanno sprofondare ulteriormente. Risuona ancora oggi la voce che si udì nel paradiso terrestre: “Diventerete come Dio” (Gn 3:5). L’obbrobrio massimo è costatare che si rifiuta Dio, mettendo satana al suo posto. E’ la tentazione di sempre e la caduta che si ripete. Anche Gesù fu tentato così (Mt 3:9-10). L’uomo rifiuta ancora l’albero della vita per provare con l’albero della scienza, nella speranza di essere indipendente da Dio. La storia è una maestra, ma spesso gli alunni si rifiutano di imparare.
c) Odi e risentimenti: il risentimento è tutto ciò che non abbiamo perdonato e che cova nel nostro intimo. L’uomo peccatore non perdona e non vi può riuscire con le sue forze. Però, se capisce la necessità di dover perdonare, perché anche lui possa essere da Dio perdonato, allora ne chiederà a lui la capacità. In questo bisogna essere molto severi con se stessi, perché facilmente ci convinciamo di aver perdonato, mentre non l’abbiamo fatto fino in fondo. Il perdono va dato con tutto il cuore, nello Spirito di Dio, che è la sua forza in noi. Satana gioca molto sulle nostre ferite e sfrutta i ricordi dolorosi, che ravviva in ogni occasione. Più si fa passare del tempo in questo stato e più il cuore si indurisce ed è sempre meno disponibile al perdono.
Dobbiamo perdonare, perché noi siamo già stati perdonati. Essendo poi figli di Dio, dobbiamo avere il cuore del Padre. Gesù ha perdonato i suoi crocifissori e ci ha dato anche un comandamento al riguardo: “Amate i vostri nemici !” (Mt 5:44). I risentimenti del resto contaminano non chi ne è l’oggetto, ma chi li nutre in cuore. La benevolenza verso l’altro, invece, esprime la nostra capacità di amare, anche dinanzi alla durezza dell’altro. Chi ha fatto esperienza del Signore ha capito che non deve solo perdonare, ma anche amare sinceramente. “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello” (1 Gv 4:20-21). Ovviamente, l’amore di cui si parla non è a livello sensibile, ma una decisione della volontà, che ti porta verso l’altro per beneficarlo, anche se l’altro non fa la stessa cosa. Spesso la preghiera fatta per l’altro indica la liberazione del cuore dal rancore e dal risentimento.
Parliamo ora delle varie fasi attraverso le quali passa la conversione:
a) Riconoscere il proprio peccato:
Anche se la conversione è una grande grazia di Dio, tuttavia il peccatore deve
rispondere liberamente, come il figlio prodigo: “Mi alzerò e andrò da mio
padre” (Lc 15:18).
b) Pentirsi: E’ il dispiacere per aver offeso Dio, infinitamente buono, che ci ha amato tanto da sacrificare il Figlio per tutti noi. Per questo si prende la decisione di voler rompere col peccato. Nel salmo 51 Davide descrive il suo pentimento sincero per il peccato commesso (2 Sam 11,12 e 14):
- Implora da Dio il perdono, riconoscendo il proprio peccato (vv. 3-7).
- Implora un pentimento sincero e un cuore puro, per sperimentare la gioia del perdono
perdono (vv. 8-13).
- Implora la grazia della salvezza e della lode (vv. 14-17).
- Come sacrificio di espiazione offre a Dio un cuore puro (vv.18-21).
Chi è pentito veramente deve essere contento di allontanarsi dal peccato, non solo perché libero dalla dannazione eterna, ma anche perché ha sperimentato l’amore misericordioso di Dio che perdona.
c) Confessare il proprio peccato: E’ il punto di arrivo della conversione: “Andrò da mio padre e gli dirò...”. Il perdono è l’incontro tra l’amore del padre e l’umiltà del figlio. Ci vuole umiltà nel riconoscere di aver peccato e di avere bisogno di perdono. Tuttavia, se si considera l’enorme beneficio che il Padre concede nel nome e per i meriti di Gesù, ci si rende pienamente conto che il nostro è un piccolissimo gesto, paragonato a quello infinito di Dio. Quando confessi il tuo peccato, nel segreto del sacramento della riconciliazione, il Padre rende attuale il suo giudizio, in cui saresti incorso se non ti fossi pentito, e ti assolve. Ti giudica perché sei colpevole, ma poi ti solleva dal peso della condanna perdonandoti.
Dopo la confessione viene imposta una penitenza o riparazione simbolica, quasi a suggerire un comportamento degno della conversione (At 26:20). E’ come dimostrare a se stessi di essere veramente pentiti e di voler cambiare vita, operando solo quel che piace a Dio. Dal pentimento e dal perdono nasce la festa; è soprattutto Dio che fa festa per il figlio che è tornato (Lc 15:10).
Alla Chiesa è stato affidato il ministero della riconciliazione (2 Cor
5:18), per rappacificare i fratelli tra loro e con Dio. Attraverso il sacramento
ricevi non solo il perdono di Dio, ma anche quello della Chiesa, che tu hai
ugualmente offeso. Quando il peccatore colpisce il Capo, ferisce anche le
membra; perciò il perdono giunge ugualmente dal Capo e dalle membra. Diceva Gesù
ai suoi discepoli: “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi...” (Gv
20:23); questa è la condizione di Dio: che il perdono dei peccati,
soprattutto gravi, si riceva attraverso il sacramento della riconciliazione, che
la Chiesa ha il compito di amministrare. Chi volesse ridarsi da solo
l’integrità perduta, magari mettendo lui stesso delle condizioni a Dio,
sarebbe come un morto che volesse ridarsi la vita. Gesù ha stabilito che sia la
Chiesa ad amministrare il perdono dei peccati; nessuno quindi, a meno che non
abbia un impedimento, può ottenere il perdono in altro modo. D’altra parte,
consideriamo quale grande dono Gesù ha lasciato a tutti noi e come è facile
farlo proprio. Ci vogliono solo umiltà e fede: umiltà per rivelare il proprio
peccato e fede per credere alla parola di Gesù che assicura il perdono.
Consideriamo inoltre che attraverso l’assoluzione non solo si riceve il
perdono dei peccati, ma anche la guarigione interiore, connessa col peccato
stesso. Con l’assoluzione diminuisce pure la forza della concupiscenza e lo
Spirito va alla radice del peccato per rimuoverne la causa. La confessione
regolare ti aiuta a compiere una verifica, a scoprire l’estensione del tuo
peccato e a capire che tu stesso sei peccato a causa della tua natura corrotta.
Questa condizione di morte è stata riversata sul Figlio: “Colui che non
aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché
noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (2 Cor 5:21).Però
tu sei stato liberato a causa sua e vivendo nella gioia hai diritto a fare
festa.