Corso quaresimale di catechesi
PARROCCHIA “S.Giovanni Ev.”
Montecelio (Rm)
di P. ADRIANO CIMINELLI, C.R.
-Primo Incontro-
DIO È UN PADRE BUONO CHE CI
AMA.
Anche se Dio non
può essere in alcun modo definito, tuttavia, attraverso la rivelazione di Gesù
abbiamo conosciuto che "Dio è
amore" (1 Gv 4:16). Questa proclamazione ci fa comprendere il cuore di
Dio, tutto il suo incondizionato amore di Padre. Così, anche se l'affermazione
non definisce Dio, almeno lo caratterizza: Dio è un Padre buono e misericordioso,
che ci ama fino a perdonarci. Dice Agostino che il peccato contro Dio, per sé
non è perdonabile. Pertanto, chi pecca dovrebbe rimanere in eterno senza Dio,
coperto di vergogna e immerso nella disperazione. L'offesa a Dio Creatore e
infinitamente buono ha in sé qualcosa d'infinito; come potrebbe mai l'uomo
colmare il vuoto prodotto ? Invece Dio si è rivelato misericordioso e in Gesù
ce lo ha dimostrato: ci ha amati fino a perdonarci, sacrificando per noi il
Figlio. "Dio amore" esprime il suo carattere, il suo stile, il suo
modo di trattare le sue creature. L'amore di Dio lo deduciamo non solo dalle
sue parole, ma anche da quel che egli ha fatto, cominciando dalla creazione
stessa dell'uomo a sua immagine. Noi somigliamo a Dio perché sia-mo persone,
abbiamo l'intelligenza, la volontà, la memoria, ma soprattutto perché siamo
simili al Figlio. Dall’eternità Dio ha pensato il Figlio e la sua incarnazione,
perciò quando il Padre ha creato l'uomo, già aveva in sé il Figlio come
prototipo. Tuttavia, l’immagine di Dio nell'uomo redento ha una dimensione
ancora più profonda in quanto per mezzo di Gesù siamo addirittura divinizzati,
perché Dio ci ha chiamati a condividere la sua stessa vita.
Continuando con la redenzione ci rendiamo
conto che Dio ci ha riempiti dei suoi doni. "Tutto
è vostro", dice S. Paolo. Dio ha fatto tutto per la nostra gioia. E'
la definizione migliore dell'amore: operare per la gioia dell'altro. Questo
amore Dio Padre lo ha rivelato in modo quasi drammatico nel Figlio, che ha dato
per tutti noi, per la nostra gioia. Ha permesso che fosse giudicato, condannato
e ucciso dagli uomini. Ha sacrificato il Figlio per salvare dei ribelli,
alienati da lui. Dio non ha cessato di amare l'uomo neppure dopo il peccato.
Egli insegue ancora l'uomo, come il pastore cerca la pecora smarrita.
I motivi per cui Gesù ha donato la sua vita
per noi sono essenzialmente due: quello di salvarci e quello di dimostrarci
l'amore del Padre. Il Figlio di Dio muore per assicurarci il prezzo della
nostra salvezza. Se avessimo sacrificato la nostra vita, ciò non sarebbe
minimamente bastato per compensare l'offesa fatta a Dio col nostro peccato.
Così, Dio stesso, nonostante la sua dignità infinita, ha assunto in sé la
nostra carne, sacrificandola per noi tutti. Che amore è mai questo ? Dio avrebbe potuto redimerci in tanti altri
modi, invece ha scelto il sacrificio del Figlio. Sarebbe bastato che Gesù
avesse versato solo una goccia del suo sangue, invece è stato vilipeso e
umiliato, giudicato e condannato da uomini pecca-tori per salvarci. Gesù ha
fatto suoi i desideri e le intenzioni del Padre, amandoci nella totalità: “Nessu-no ha un amore più grande di questo:
dare la vita per i propri amici” (Gv 15:13).
Dio si aspetta
che il suo amore per noi sia riconosciuto; quando rimaniamo indifferenti, gli
facciamo un grande torto e gli arrechiamo un grande dolore, perché egli è un
Padre tenerissimo. Egli vuole sem-pre il meglio per noi, anche quando
soffriamo, anche quando portiamo la croce. Le difficoltà della vita colpiscono
la nostra sensibilità, per cui senza una grande fede corriamo il rischio di
ritrovarci con questa verità fondamentale offuscata. Dio ci tiene che
riconosciamo, anche nel dolore, il suo amore di Padre, come ha fatto Gesù.
Questo possiamo farlo assumendo l’atteggiamento proprio di figli amati e
obbedienti. Gesù ci dà la misura del nostro amore: "Se mi amate, osservate i miei comandamenti" (Gv 14:15),
cioè, la sua Parola e quello che egli si aspetta da noi. L'amore che dobbiamo
esprimere è la nostra fiducia e il nostro abbandono in Dio, nostro tutto.
Pensiamo forse che Dio possa farci del male o possa toglierci la gioia a cui
aspiriamo ? Il Dio della gioia si è
fatto uomo proprio per sollevarci dal nostro lutto e donarci una gioia piena
(Gv 15:11). Il Manzoni diceva che Dio non toglie mai la gioia ai suoi figli se
non per darne loro una più piena e duratura. Addirittura Dio ha in serbo per
noi una eredità eterna, fino a farci diventare eredi insieme al Figlio. Anche
se l'eredità ci verrà consegnata alla fine, tuttavia già ora la stiamo
accumulando; sono tutti i beni della salvezza.
Tutto questo deve impegnarci nel voler
crescere e purificare il nostro amore. Per questo dobbiamo dimenticare sempre
più noi stessi per aprirci all'amore tenero e forte del Padre. Lui, pur essendo
Dio, si è dimenticato per amore nostro; e anche noi dobbiamo imparare a
dimenticarci per amore suo. Quindi cerchiamo di non prenderci troppo sul serio,
mentre dobbiamo prendere lui sul serio, perché egli regni nella nostra vita con
tutto il suo amore e la sua potenza.
Se lui è con noi la croce che dobbiamo
portare non deve spaventarci. Unendoci a Gesù e alla sua croce, tutto diventa
salvezza e gloria. Se la croce è stata necessaria per il Figlio (Lc 24:26),
perché non dovrebbe essere necessaria anche per noi ? Quel che più piace a Dio non è tanto la croce in quanto
sofferenza, ma l'amore che riusciamo ad esprimere per suo mezzo. Dio vuole che
gli apriamo il cuore, che lo accogliamo nella nostra vita, che crediamo al suo
amore, che aspiriamo ad una profonda intimità con lui per sperimentare la
rivelazione che egli ci farà di se stesso (Gv 14:21). Dio non lo trovi fuori di
te, ma dentro di te. Dio abita nel cuore dell'uomo, che si apre al suo amore. "Ora così dice il Signore che ti ha
creato...lo ti ho chiamato per nome, tu mi appartieni...tu sei degno di stima e
io ti amo...Non temere perché io sono con te" (Is 43:1-6). "Ti amo di
amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà" (Ger 31:3).
Se non permettiamo a Dio di invadere la
nostra vita con il suo amore, non saremo trasformati, perché quello che ci
cambia, ci libera e ci guarisce non è tanto il nostro amore per lui, ma il suo
amore per noi. Pertanto, dobbiamo crederci e accoglierlo.
Ti suggerisco un esercizio da fare, molto
utile. Trova un angolino tranquillo e raccogliti davanti al Signore. Ripeti
semplicemente: “Dio è un Padre buono, che mi ama!” Dopo aver ripetuto molte
volte questa affermazione col cuore, comincerai a sperimentare qualcosa dentro
di te: un movimento inte-riore, una tenerezza, una commozione. E' l'amore di
Dio che ti pervade, anche a livello emotivo, che diventa esperienza. Ci vuole
poco a provare! Quando avrai fatto
questo esercizio, la tua fede da realtà razionale diventerà anche esperienza
del cuore, con effetti molto forti, che si radicheranno in te.
In passato forse, ci è stato presentato un
Dio legalista, duro, giudice, quasi impigliato nelle sue leggi. Ma questo non è
il Dio di Gesù. Dio non ci ha creati e spediti sulla terra in mezzo a
difficoltà di ogni genere per poi giudicarci e punirci, ma, al contrario, ci ha
creati per conoscerlo, sperimentare il suo amore, fino a vivere solo per lui.
E' difficile amare Dio se non sperimentiamo il suo amore; ed è ancora più
difficile sperimentare il suo amore se non gli apriamo il cuore.
E' necessario correggere e rimuovere da noi
le immagini distorte di Dio, che abbiamo costruito sin dalla nostra infanzia.
Sono immagini negative di Dio, frutto della nostra immaginazione e magari di un
insegnamento troppo umano e poco evangelico. Spesso si intendeva ridurre il
nostro rapporto alla sottomissione e all'obbedienza presentando un Dio
crucciato e lì lì per punire. Dio è certamente giusto e "non ci si può prendere gioco di Dio" (Gal 6:7), però se
cerchiamo di essere in lui, scopriremo che è infinitamente buono,
misericordioso e pieno di compassione per le sue creature. Una volta scoperto
il Dio di Gesù, conosciamo il Dio vero. Non dobbiamo rimanere con un dio falso,
frutto solo della nostra immaginazione o di una presentazione falsata del Dio
vero.
Dobbiamo rimuovere anche i modelli d'amore
negativi: ad esempio, quelli del padre o della madre, se si sono mostrati con
noi freddi, distaccati e magari molto severi e intransigenti. Quando la psiche,
e in modo particolare l’affettività, crescono in un tale contesto, si tende a
trasferire in Dio questi modelli, così da pensare che Dio non possa essere
diverso da quel padre o da quella madre. Tuttavia, se acco-gliamo in noi la
giusta immagine di Dio che Gesù ci offre, possiamo, col suo aiuto, uscire da
noi stessi e dalle nostre esperienze distorte e ricostruire in noi l’immagine
genuina di Dio. Anche se ti senti pec-catore, e magari una frana, hai la
certezza che lui ti ama e che non ti abbandonerà mai. La tua dignità non sta
tanto in quel che tu sperimenti e pensi di te stesso, ma nel fatto che Dio ti
ama. Dice il Signore: “Si dimentica forse
una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue
viscere? Anche se queste donne si
dimenticassero, io, invece, non ti dimenticherò mai" (Is 49:15).
"Anche se i monti si spostassero e i cieli crollassero, non si
allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace;
dice il Signore che ti usa misericordia" (Is 54:10).
Anche tra i cristiani spesso si dubita
dell'amore di Dio e lo si considera lontano, mentre sappiamo, per tanti versi,
come egli sia vicino: si è fatto l'Emmanuele, il Dio con noi. Perché lo si
considera lontano ? Principalmente per
tre motivi:
1 )
Perché nel mondo c'è troppo male. Da
gente vacillante e senza fede si sente ripetere: Se Dio ci fosse non ci sarebbe
tanto male nel mondo. Dal male che è nel mondo si deduce che Dio non esiste. Ma
se Dio non c’è come fa il mondo ad essere ? Come facciamo noi stessi ad
esistere ? Solo chi ha fede può dare
una risposta adeguata a certe obiezioni. Chi crede che Dio si è rivelato sa che
Dio non solo è il Creatore e il Conservatore di tutto il creato, ma che è un
Dio buono, che si oppone totalmente a qualsiasi forma di male, perché è bontà
infinita. Non è l'uomo a reggere il mondo e se stesso, ma Dio, che fece dal
nulla tutte le cose. Il male del mondo è dovuto a satana e all'uomo peccatore,
refrattario alla santità di Dio. Il quale non ha creato il male e la morte, che
vengono da altra parte. Chi crede sa che Dio è amore e ci vuole bene. Anche se
non comprendo la presenza del male nel mondo, devo, però, ancorarmi ad un punto
fermo, che è la bontà e alla santità di Dio. Con Paolo dobbiamo ripetere: “Noi sappiamo che tutto collabora al bene
di coloro che amano Dio” (Rm 8:28), anche il dolore, la disgrazia, la
morte. Abbiamo un esempio emblematico di come Dio trasformi la sconfitta in
vittoria, la morte in vita eterna e gloriosa. Basta guardare a Gesù. Dio
stesso, diventato uomo, si è sottoposto a tutte le miserie che possono accadere
all'uomo: la povertà, l'odio dei nemici, il giudizio degli uomini e la loro
condanna, la morte tra umiliazioni e tormenti inauditi. Gesù però confidava nel
Padre, anche quando i suoi nemici sghignazzavano ai piedi della croce. Quando
tutto sembrava concluso e la sconfitta di Gesù evidente, il Padre, che aveva in
mano la situazione, porta il Figlio dalla distruzione e dalla sconfitta alla
gloria della risurrezione, proclamandolo Signore di tutto e di tutti. Gesù è l'uomo
nuovo e modello di tutti coloro che entrano nell'economia della salvezza, che
il Padre ci offre in Gesù. La passione dell’umanità sta nella passione del
Figlio. Anche noi siamo chiamati, uniti a Gesù, a portare la nostra croce,
nella fiduciosa attesa della risurrezione. Se Dio ha permesso tutto il male che
è toccato al Figlio e se permette tutto il male che tocca a noi, è perché vuole
che impariamo a fidarci di lui, impariamo a purificare il nostro amore e a
riposare sereni nella sua onnipotenza, diventando uomini e donne nuovi. La
sofferenza che è nel tempo, ha uno sbocco eterno di gloria e di pienezza (1 Pt
1:6‑9). Del resto "Dio è
fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la
tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla" (1
Cor 10:13).
2) Dio
rimane in silenzio. Dio vive
nella sua realtà divina, è il totalmente altro. Appena scadrà la nostra vita
nel tempo lo raggiungeremo; per ora però nessuno può vederlo e restare vivo (Es
33:20). Il fatto che Dio taccia è
diventato un luogo comune. In realtà egli ha un suo modo di comunicare con noi,
però si tratta di conoscerlo. Dio ha già parlato per mezzo del Figlio. Gesù
diceva: "Il cielo e la terra
passeranno, ma le mie parole non passeranno" (Mc 13:31); la sua parola
è risuonata sulla terra. Dio non ha altro da dirci, perché per mezzo del Figlio
ci ha detto tutto. Si tratta di ascoltare e fare nostro tutto quello che già ci
ha detto. Dio si aspetta che ci mettiamo in ascolto della parola che già ci ha
detto, che la imprimiamo nel nostro cuore e nella nostra vita.
Egli ci parla anche attraverso le ispirazioni
che suscita dentro di noi. Ci parla anche attraverso la Chiesa, che è non solo
la custode della sua Parola, ma ne è anche l'interprete, per guidare gli uomini
alla salvezza. Pretendere che Dio ci parli ancora ‑ dice S.Giovanni della
Croce ‑ è un peccato, perché egli ci ha già detto tutto nel Figlio. La
nostra è solo la curiosità di chi non vive la parola, ma va alla ricerca di
cose straordinarie; per questo tanti vanno alla ricerca di visionari e di
parolai. Il silenzio di Dio significa che dobbiamo realizzare nel modo migliore
quello che lui già ci ha detto.
3) Dio
ci lascia nella sofferenza. La
sofferenza serve per provare la consistenza della nostra fede. Come l'oro si
prova e si purifica col fuoco, così la nostra fede cresce e si purifica con la
sofferenza. Ac-cettare la sofferenza è un modo unico per imparare ad amare
veramente, perché la sofferenza è la pale-stra dell'amore vero, dell’amore
gratuito. Essa ci sprona continuamente a maturare il nostro amore. Dobbiamo
amare anche se costa; il resto non conta. L'amore vero, dunque, si purifica e
cresce nella sofferenza e va oltre. Quando invece l'amore è solo emotività,
infatuazione o comunque superficialità, ad un certo punto fa marcia indietro.
Dio permette la sofferenza perché vuole che cresciamo nell'amore vero, affinché
diventiamo degni di lui.
Di molte sofferenze non siamo responsabili,
ce le ritroviamo addosso in qualche modo, ma di molte altre siamo stati noi la
causa, per imprudenza, per disobbedienza o noncuranza. Distinguiamo, allora, il
dolore di cui non siamo responsabili e il dolore che ci siamo procurato da
soli. Con il primo, l'amore e la pazienza ci faranno certamente crescere, del
secondo non dovremmo neppure lamentarci, per essere stati noi la causa,
tuttavia il nostro Dio trasformerà anche queste circostanze in una benedizione.
Per chiudere vorrei ricordare che anche Dio
ha sofferto e soffre per causa nostra, per il suo amore tradito dal nostro
peccato e dalle storture del nostro comportamento. Dio è per sua natura felice
e pieno d'amore, però il suo amore gratuito soffre, insidiato com’è dal nostro
peccato. Anche tra gli uomini tanto dolore è causato principalmente dall'amore
aggredito dal non amore. L'amore vero crea e dà vita, il non amore distrugge e
porta desolazione e morte. Quando Dio amore non è accolto, non è accettato, è
rifiutato, disobbedito e bestemmiato, soffre. Chiunque ama veramente è
destinato a sof-frire, perché attorniato dal peccato.
Il dolore di Dio ci è stato manifestato con
evidenza nella passione e morte di Gesù. Nel Figlio crocifisso il Padre è
nell'angoscia e lo Spirito angustiato. I genitori soprattutto sanno cos’è un
figlio che soffre. Dio soffre perché ci ama. Questo dovrebbe aiutarci a capire
che la parte di dolore che ci è riservata non va separata dalla nostra capacità
di amare.