1. Premessa
La parrocchia ha svolto da sempre la funzione di formare ed educare ai principi cristiani i suoi fedeli e tra questi in modo particolare i giovani. La linea pastorale rivolta ai “buoni” e alla conservazione dei “praticanti” è stata in fondo la linea che ha caratterizzato secoli di pastorale. E’ il modello più vicino, a noi, unico fino a qualche decennio fa; abbondantemente presente anche ora.
Aveva un suo sostegno logico: in una società, come quella italiana, dove tutti erano “cattolici”, per una mentalità di origine cattolica, era naturale ritenere non rilevante ogni iniziativa che avesse come scopo avvicinare i “lontani”.
Alla luce di questa sintetica analisi del modo di concepire ancora la parrocchia, soprattutto dagli addetti ai lavori, già da circa cinque anni perseguiamo un’idea innovativa per il ripensamento, anche pastorale, della parrocchia: la “parrocchia-impresa”.
Vuole essere una nuova pastorale rivolta a offrire, come Chiesa, un’alternativa ai “non-luoghi” della società. E' altrettanto vero che una vera e completa formazione soprattutto dei giovani non può limitarsi ai momenti "teorici" costituiti dalla catechesi. Esigerebbe, invece, una comunità dove i principi religiosi trovano applicazione concreta e diventano testimonianza.
In situazioni del tutto diverse, quando i luoghi per i giovani (sport, divertimento, cultura) si moltiplicano lontano e al di là delle parrocchie, occorre certamente non limitarsi al solo culto e catechesi, ma anche prendere atto che, sul piano delle strutture non potremo competere con la società. Con le nostre più povere e limitate possibilità dovremo mirare non ad isolare per sempre i giovani, ma a prepararli perché siano presenti da cristiani e da persone impegnate anche dove la società apre a tutti i giovani.
Il processo di secolarizzazione incide radicalmente su questa struttura per vari motivi. Innanzitutto poiché lo Stato nonostante i tanti servizi sociali mantiene sacche di emarginazione materiale, per la parrocchia diventa quasi impossibile dare non solo soccorso, ma anche ascolto ai “poveri dei poveri”. E, così, la parrocchia resta a metà strada continuando a offrire assistenza, ma non riesce a dare fino in fondo assistenza a chi ha veramente bisogno.
Si sviluppano, inoltre, nuove e svariate forme di emarginazione spirituale. La parrocchia avverte le “solitudini” della droga, della malattia, dell’asocialità, della criminalità, ma non riesce a trovare i mezzi e le capacità per offrire un sostegno, se non una risposta.
Come introdurre l’orizzonte della fede nei confronti di chi ha, intanto, un vuoto materiale e morale da colmare, avverte il mondo esterno come rifiuto, pretende un’attenzione assoluta e particolare?
Qui entriamo in contatto con la struttura individualista, frantumata, soggettiva della società. Mancano ormai reali momenti di aggregazione sociale. Non lo è la famiglia, non lo è la scuola, non lo è la politica. Un antropologo francese definisce una tale condizione esistenziale i “non-luoghi”.
La parrocchia che per definizione è parà-oikos, vicino alla casa, ha già un messaggio di comunione da trasmettere (il Vangelo), ha già una prospettiva di speranza da offrire (la Rededione), eppure non trova più i momenti di aggregazione. Il più delle volte resta alla soglia del bisogno di rassicurazione: ritualismo. Resta al limite della fuga dalla realtà: irrazionalismo. E così anche la parrocchia rischia il pericolo di diventare un “non-luogo”.
Un passo della Lettera a Diogneto ci ricorda che “I cristiani non hanno città proprie, ma operano il bene nelle città di tutti”. E’ un passo che per noi risulta tanto provocatorio quanto semplice per il nostro stile di vita, di figli del Dio incarnato nella storia. Quella realtà, quei problemi o quelle domande della società da cui spesso, anche come cristiani, fuggiamo. Però non dimentichiamolo sono il Luogo dell’Incarnazione e della Redenzione.
La Regione Sicilia è stata fin dalla prima colonizzazione etnica un centro propulsore interculturale posto al centro del Mediterraneo. Ha saputo testimoniare negli ultimi anni una maggiore coscienza dei propri drammi e la capacità di attuare anche progetti di miglioramento socio-economico certo molto significativi.
Nonostante i tanti sforzi positivi di miglioramento, rimane una regione afflitta da povertà diffuse e ciò ci richiama a rimotivare la nostra opzione preferenziale per gli ultimi: il nuovo contesto di “globalizzazione” con il dilagare delle disumane leggi di mercato, rischia di rendere ancora più tragici i fenomeni di disparità sociale aggravata dall’indifferenza verso i più deboli causata da atteggiamenti di egoismo politico.
La Sicilia è, inoltre, una delle regioni d’Europa con il più alto tasso di disoccupazione, anche intellettuale: spesso si tratta di un tragico problema di lavoro negato, di una condizione di sudditanza e di rassegnazione indotta da quanti desiderano l’esistenza non di persone libere e dignitose, ma di clientele legate ai favori, mentre si fa più preoccupante la ripresa dell’emigrazione. Solo gli investimenti (vedi Agenda 2000) non bastano, perché è indispensabile maturare una coscienza di solidarietà e legalità sia del lavoro, sia di quello che si cerca o si può creare insieme.
C’è bisogno di testimonianze coraggiose: parroci e laici impegnati siano più presenti nella realtà locale, con intenti propositivi e costruttivi, anche volti a denunciare con chiarezza i problemi più drammatici delle Città, ispirando una presenza cristiana “sul campo”, nella quotidianità. Dire Cristo oggi significa annunciare il suo Vangelo all’intimo di ognuno, ma pure nelle piazze, nei luoghi di cultura e di lavoro, in politica, nell’agorà multimediale, andando “oltre la folla” con vigore profetico ed attenzione verso tutti.
La parrocchia sappia trasmettere messaggi “forti” e sentiti di radicalità evangelica e di educazione alla legalità, riaffermando il valore della lotta al malcostume politico-amministrativo. Le scelte di solidarietà verso quanti vedono negato o distorto il proprio diritto al lavoro vanno inserite in un’azione di evangelizzazione del mondo dell’occupazione, che aiuti la crescita di una sensibilità comune; vanno combattuti i compromessi disumanizzanti della ricerca di una “protezione” o raccomandazione e del “lavoro nero”, mentre va promossa una cultura economica che valorizzi l’iniziativa, anche in forme solidali come il “non profit”, l’economia di comunione o la nuova cooperazione, senza però diventare per i cattolici un chiuso orto corporativo.
3. Natura della parrocchia e sua possibile evoluzione
La parrocchia ha sempre svolto il proprio compito ed ha offerto ai fedeli il Vangelo nella sua totalità. Nonostante i vari cambiamenti epocali, la parrocchia si è sempre mantenuta fedele al suo compito.
Oggi, e lo dobbiamo dire con molta franchezza, ci troviamo in una fase di transizione, ed è difficile o addirittura tante volte impossibile individuare delle proposte nuove di parrocchia a causa della società che cambia in maniera vertiginosa. La situazione nella quale ci troviamo è caratterizzata da un effettivo pluralismo culturale, religioso, etico. Al di là dell'appartenenza anagrafica alla Chiesa, di fatto, occorre ammettere che la situazione è profondamente diversa da quella che ci ha trasmesso il modello più comune di parrocchia.
Allora verso quale immagine di parrocchia?
E' probabilmente impossibile delineare oggi il modello di parrocchia rispondente alle esigenze, che, in quanto variabili, non sempre ammettono una risposta univoca.
La parrocchia è per sua natura evangelizzante, cioè tende a formare cristiani. In quanto istituzionalmente incaricata di aver cura di quanti risiedono in un particolare territorio o quartiere, dovendo rivolgersi a tali persone nella loro particolare e concreta situazione, oggi la parrocchia è anche missionaria nel suo stesso territorio. Ciò comporta, allora, che la parrocchia è per tutti, anche per chi non frequenta la comunità. Oggi si richiede che ci si attrezzi in modo da avere la stessa sollecitudine per chi non viene: come andarli a cercare e a visitare, quali iniziative, quali persone, quali modi… .
Una parrocchia impostata per tutti e quindi anche per chi non viene, deve assumere alcune precise caratteristiche:
Ø Essa (la parrocchia) cerca di conoscere la situazione passabile di frequenti modificazioni. E' un conoscere fondato su persone vicine, che sanno accogliere ed offrire.
Ø Come vi sono nelle parrocchie persone incaricate per "chi viene" (catechisti, cantori, educatori, ecc.), così occorre individuare e preparare persone per "chi non viene".
Ø La comunicazione con "chi non viene" è un elemento da valutare. Ovviamente il modo di pensare, di orientarsi spesso segue logiche diverse da quelle alle quali noi ci riferiamo con i fedeli "che vengono".
4. Una nuova immagine: la parrocchia-impresa
Alla luce di tutta questa nuovissima realtà, ho pensato di proporre una nuova immagine di parrocchia rispondente ad una delle esigenze più immediate del mondo giovanile, il lavoro, escogitando, favorito dalle nuove Leggi Europee, Nazionali e Regionali in merito, un forma nuova di impiego sulla falsa riga delle imprese. La nuova immagine potrebbe essere chiamata: parrocchia-impresa, competitiva in campo imprenditoriale.
Il tema dell'imprenditorialità si pone sempre più all'attenzione sia nella società che nella Chiesa. "Essere imprenditori di se stessi" non è soltanto uno slogan, o una necessità e un'opportunità della società postindustriale. Nascono, di conseguenza, iniziative, rivolte ai giovani e a non più giovani, al fine di fare acquisire un'adeguata mentalità imprenditoriale che richiede acutezza di analisi, tempestività nelle decisioni, conoscenza dei meccanismi del mercato e soprattutto, il coraggio del rischio.
L'imprenditore, nella società, esercita sempre più un servizio indispensabile allo sviluppo economico per cui l'attività non può essere considerata unicamente una professione, ma una vera "missione" per la responsabilità di cui è addebitata. Il nuovo contesto economico, unitamente alle difficoltà presenti oggi, esige dall'imprenditore un supplemento di etica e d'anima.
Perché allora si vorrebbe creare una nuova immagine di chiesa-impresa in un dialogo col mondo imprenditoriale e libero-professionistico?
Anche oggi la Chiesa ritiene di avere una proposta di senso essendo in grado di potere esplicitare compiutamente (grazie alla enorme mole di documenti sulla dottrina sociale e sul lavoro), la sua capacità di impatto sulla vita delle persone per le diverse concrete situazioni di vita.
Una di queste situazioni, è senza dubbio, derivante dall'esercizio di ruoli manageriali all'interno delle moderne società complete.
Come mettere in progetto esecutivo questa allettante idea di parrocchia-impresa?
Anzitutto vuole essere un tentativo concreto di avviamento e sperimentazione del confronto tra Comunità Cristiana e mondo imprenditoriale in vista di una migliore sintonizzazione dei reciproci linguaggi e delle reciproche conoscenze nella ricerca di stili di vita compatibili con l'esercizio dei ruoli manageriali.
5. Rivisitiamo il concetto di impresa
Mai come oggi il termine "impresa" è tornato di moda ma, come accade in certi casi, il rischio è il permanere di fraintendimenti e di ambiguità di fondo. Che cosa si intende per impresa? Che cosa significa fare impresa, essere imprenditori e dirigenti? Quale utilità ha l'impresa per i giovani lavoratori e per la società in genere?
Un certo retaggio di idee consolidate porta tuttora molti ad identificare l'impresa come il gruppo ristretto di persone fisiche (i padroni) che nell'impresa hanno investito, risorse economiche proprie che hanno ovviamente interesse a conservare e a incrementare e che, in quanto tali, vengono ritenuti detentori, dei diritti di indivisibilità delle attività aziendali.
In realtà la figura del padrone, come persona fisica, stabilmente operante come capo dell'azienda, se resta tuttora per le piccole e medie imprese, è stata ormai in molti casi sorpassata da una "proprietà" più lontana fisicamente, e quindi non più identificabile nelle singole persone fisiche stabili. Certamente però il vecchio "padrone", magari duro ed autoritario, era orientato alla continuità dello sviluppo della sua "azienda", e quindi anche ad una certa stabilità, sia pure conflittuale nelle relazioni con le proprie controparti (dipendenti, fornitori, clienti, ecc.).
6. Educare i giovani all'imprenditorialità
Come possiamo educare ed incoraggiare i nostri giovani all'idea di impresa, cioè ad una visione del lavoro che responsabilizzi sia a livello personale che comunitario, dovendo affrontare il grave problema della disoccupazione?
Questo grave problema, soprattutto giovanile, interpella le nostre società dell'opulenza. E' vero che stiamo vivendo un momento di profonda trasformazione che ci obbliga a maturare un concetto che passi dall'idea del posto di lavoro fisso alla responsabilità nel trovare nuove forme di lavoro. Il progetto parrocchia-impresa vuole essere un tentativo maturo di proposta di lavoro proprio ai nostri giovani.
Sul mercato del lavoro assistiamo ad una continua divaricazione tre le varie professioni e sovente i nostri stessi imprenditori mascherano antiche forme di sfruttamento e di ingiustizia lavorativa. A fronte di una situazione, talora drammatica, siamo chiamati a riscoprire il valore autentico dell'imprenditorialità per saperla trasmettere soprattutto alle nuove generazioni.
Non poniamo limiti al concetto di imprenditore e di impresa: può essere impresa l'organizzazione di qualsiasi merce, oppure l'attività di qualsiasi artigiano (calzolaio, elettricista, idraulico, meccanico, muratore, ecc.).
Alla base del progetto "parrocchia-impresa" c'è un'intuizione, la capacità di individuare un'idea imprenditoriale che responsabilizzi le persone o un servizio alla società, creando nuovi posti e forme di lavoro produttivo. Poi vengono le risorse e la forma giuridica dell'organizzazione operativa, ma a monte c'è un fatto soprattutto culturale.
Perché, allora, non incoraggiare i giovani a mettersi in gioco anziché cercare un posto di lavoro? Le nostre comunità sono informate in merito alle agevolazioni previste dalle norme di leggi sull'imprenditorialità? Sono informate sull'esistenza di "incubatrici" di imprese (BIC o altri simili enti)? Come aiutare i giovani a mettersi in contatto con qualche soggetto che, in via preliminare, sia disposto in termini di pre-fattibilità a formulare l'ipotesi di un progetto d'impresa? Il mondo imprenditoriale è disposto ad aprire le porte della propria azienda ai giovani che abbiano necessità di formazione alla cultura d'impresa?
7. Quali prospettive per i giovani?
Nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati ISTAT, il tasso di disoccupazione complessivo è del 12,1%, quello di lunga durata è dell'8,6%, mentre il tasso di disoccupazione giovanile è del 26,1% (considerando i disoccupati fino a 29 anni). Rispetto all'età, i giovani (26,1%) sono più penalizzati degli adulti (5,4%), le donne (17%) più che gli uomini (9,8%), il Sud (47%) più che il Centro-Nord (32,2%), le persone in cerca di prima occupazione (43,37%) rispetto ai disoccupati in senso stretto (36,33%).
Accanto a questo, le dinamiche della globalizzazione mettono, di fatto, in competizione planetaria soprattutto i giovani che si affacciano sul mercato del lavoro. I giovani dunque vivono una condizione di grande incertezza, che ne condiziona fortemente le scelte di vita (matrimonio, paternità e maternità, stili di vita), ritardandone l'autonomia. Questi aspetti stanno plasmando un mondo giovanile percorso da sentimenti di inasprimento e delusione.
L'impegno della Chiesa, su questo particolare e drammatico problema, trova una delle sue espressioni più importanti nel "Progetto Policoro".
Questo progetto, voluto dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) tramite tre uffici (Pastorale del Lavoro, Pastorale Giovanile e Caritas), decollato nel dicembre 1995 dopo il terzo Convegno Ecclesiale di Palermo, è una risposta al problema della disoccupazione giovanile nel Mezzogiorno d'Italia con toni differenti ad un'unica domanda: "Che fare di fronte ad un giovane che, cresciuto nella tua parrocchia, ad un certo punto ti chiede: "Caro don..., ora che sono ventenne, come mi metto di fronte al lavoro? Che sbocco dare alla triste realtà della disoccupazione?".
La domanda è frequentissima nelle nostre realtà meridionali. I giovani vivono una fase difficilissima, forse la più complessa, quando, diplomati o con un'arte in mano si affacciano alla vita. E se il giovane qui non trova risposte, è facile preda della malavita. La cronaca ne è piena tutti i giorni. Purtroppo.
E allora? Tacere? Rassegnarsi? No, ma reagire, con intelligenza, sinergia e con imprenditorialità.
Nel corso di oltre tre anni di attività, l'esperienza avviata dal Progetto Policoro ha promosso iniziative congiunte tra diversi soggetti (Conf-cooperative, UNCI, Cenasca-Cisl, Acli, Società per l'imprenditorialità giovanile), sostegno economico all'avvio di cooperative; disponibilità di beni culturali e proprietà della Chiesa per avviare imprese; sostegno a diverse forme di volontariato…
8. Il "Progetto Venero 2000"
Alla luce di quanto si prefigge di raggiungere il "Progetto Policoro", la parrocchia del SS. Crocifisso in Monreale in seno alle sue attività pastorali ha maturato un progetto culturale associativo orientato alla realizzazione di un'impresa di lavoro giovanile.
In questo progetto che chiamiamo, appunto, progetto “Venero 2000" un'Associazione Culturale denominata "Girolamo Venero", grande Vescovo e uomo di legge nella Monreale del XVII secolo, si propone di effettuare interventi raggruppabili in tre campi di azione:
a) il Monumento;
b) l'Archivio Storico;
c) il Quartiere.
Per quanto riguarda il Monumento l'Associazione ha per oggetto:
Ø cura e gestione;
Ø fruizione per consentirne l'apertura continuata;
Ø apertura di uno sportello di informazione e svolgimento dell'attività di segreteria della parrocchia;
Ø vendita di oggetti sacri;
Ø promozione di scambi culturali tra giovani monrealesi e giovani emigrati monrealesi;
Ø organizzazione di mostre sulla devozione popolare del SS. Crocifisso (quadri, oggetti sacri, fotografie e altro materiale);
Ø costituzione e gestione di un museo-tesoro parrocchiale per valorizzare il patrimonio storico-artistico ivi presente;
Ø Studio, impostazione grafica, pubblicazione di periodici, numeri unici, opuscoli, manifesti;
Ø Creazione di sito web sulla chiesa (storia, personaggi, simulacro del SS. Crocifisso, biblioteca, archivio storico);
Ø Creazione e promozione di servizi turistici;
Ø Organizzazione di escursioni e di itinerari guidati dal personale dell'Associazione nei quartieri monrealesi e nel territorio circostante.
Per quanto riguarda l'Archivio Storico e la Biblioteca parrocchiale l'Associazione ha per scopo:
Ø Riordino, ripristino e gestione dei codici, dei libri, dei manoscritti che rappresentano documenti e testimonianze della storia della chiesa del SS. Crocifisso, delle altre parrocchie monrealesi e della stessa Città Normanna;
Ø Riordino, ripristino e gestione della Biblioteca parrocchiale e di una sala di lettura per rendere possibile lo studio del patrimonio archivistico;
Ø Catalogazione e schedatura informatica della documentazione storica e fotografica.
Per quanto concerne il Quartiere l'Associazione ha lo scopo di perseguire l'interesse della comunità per la sua promozione umana e la sua integrazione sociale attraverso:
Ø Svolgimento di attività ludiche-ricreative finalizzate alla puericultura;
Ø Promozione della solidarietà, dell'amicizia e della comprensione;
Ø Organizzazione di corsi di recupero e di sostegno scolastico;
Ø Creazione di un asilo nido per i bambini a rischio;
Ø Creazione di una biblioteca, videoteca e ludoteca;
Ø Organizzazione di attività di tempo libero, di corsi formativi finalizzati al recupero e all'integrazione dei minori a rischio;
Ø Convenzioni con personale specializzato nella conduzione delle predette attività (psicologi, sociologi, assistenti sociali, criminologi).
9. Risorse finanziarie
La Legge del 23/12/2000 (Disposizioni per l'attuazione del POR 2000-2006 e di riordino dei regimi di aiuto alle imprese) nel titolo IV (Aiuti alle imprese) all'art. 33 (Aiuti a finalità regionale per la gestione innovativa e la fruizione di beni culturali) recita che è prevista "l'erogazione di contributi per la realizzazione di investimenti iniziali produttivi legati al recupero di immobili e beni monumentali vincolati da alto valore storico-artistico… da destinare ad attività di servizi e di produzione culturale ed artistica compatibili con la tipologia del bene. I contributi possono essere altresì concessi per lo svolgimento di attività di servizi culturali e di produzione artistica e culturale a prescindere dagli interventi di recupero, a condizione che l'attività sia svolta in immobili di pregio storico-artistico ovvero sia collegata alla fruizione dei beni culturali. I soggetti beneficiari sono: imprese singole o associate, enti senza scopo di lucro, società miste, imprenditori…". E all'art. 34 (Finanza di progetto e recupero beni di interesse storico-artistico) si sottolinea "la valorizzazione, il recupero e la gestione dei beni pubblici di interesse artistico, architettonico, librario ed archeologico, con particolare riferimento a quelli che si trovano in stato di degrado e abbandono".
Attualmente ci si sta muovendo in questa direzione per approdare in un futuro prossimo alle predette finanze di progetto presentando l'immagine nuova di "parrocchia-impresa".
10. Conclusione
Per concludere mi torna in mente la riflessione di un nichilista tragico: Cioran. Osserva cha la crisi di spiritualità del nostro tempo si può vedere nelle farmacie e nelle chiese. Nella prime, perché ci accorgiamo a quanto cose futili si aggrappi la pretesa del benessere dell’uomo. Nelle seconde, perché la bruttezza delle chiese di nuova costrizione ci fa capire quanto poco avvertiamo il significato della ricerca di Dio. Il contesto estetico della parrocchia credo che sia un elemento importante sul quale riflettere: il piacere dell’incontro, la spinta interiore verso l’incontro dipende anche da tutto ciò che ci sta intorno. E’ vero che Dio si può trovare dovunque, ma è anche vero, che il raccoglimento interiore risente dell’elemento esteriore.
Vi è anche un messaggio: in un quartiere degradato e
degradante, una chiesa che si sforza di essere già diversa nell’immagine lascia
intravedere che c’è Altro… c’è Dio: è lì a portata di mano, parà oikos…