
Lo scontro tra due generazioni, una classica (legata prepotentemente al passato) ed una moderna (giovane ma che non annulla ciò che la tradizione gli ha consegnato) ha generato due fazioni, che si affrontano in una sorta di guerra fredda in miniatura. E scrivo guerra fredda, perché i monrealesi si limitano a criticare questa o quella fazione senza far venire mai alla luce le proprie idee, ma limitandosi a discorsi di “piazza” che per nulla giovano a questa strana situazione.
Classico è l’esempio della Chiesa della Collegiata, prima roccaforte della sfera classica, da alcuni anni “isola” di uno spirito nuovo nell’interpretazione del canto liturgico. Infatti nell’opera di ringiovanimento che il parroco Don Mario Campisi ha voluto intraprendere per una parrocchia-santuario che non riusciva ad abbandonare usi e costumi retrogradi e anacronistici, anche la sfera musicale ha subito una innovativa trasformazione in due principali punti.
Per primo accanto all’uso dell’organo a canne (strumento tra l’altro mai abbandonato se non a causa di forza maggiore) si è accostato per l’accompagnamento di alcuni canti l’utilizzo della tastiera elettronica, che diventa indispensabile se si vuole aggiornare un repertorio musicale vecchio di almeno cinquant’anni. Molti sembrano ignorarlo, ma le nuove raccolte musicali, non si limitano ad avere un accompagnamento fatto esclusivamente dall’organo, ma utilizzano fiati, archi, batterie, bassi, chitarre; e oggi tutti questi strumenti possono essere ben rimpiazzanti dalla tastiera, non attraverso l’uso di "basi midi preregistrate" come qualcuno (sempre in questi “discorsi da bar o da piazza” ) continua erroneamente ad affermare, ma con l’utilizzo di “style” che permettono all’esecutore di suonare il pezzo interamente dal vivo.
In secondo il famoso problema dell’esecuzione degli “Inni al SS. Crocifisso” che vengono eseguiti durante il novenario prima della festa del 3 maggio.
Da alcuni anni infatti questi canti tradizionali hanno subito un processo di trasformazione che ha cercato di riportarli alle partiture originali e alle sonorità del contesto in cui erano stati composti. Una sorta di depurazione sia da errori che la non conoscenza musicale da parte della assemblea provoca con il passare del tempo (esagerata lentezza nell’esecuzione, note errate…) sia da abbellimenti che musicisti precedenti avevano arbitrariamente aggiunto a questi canti, trasformandoli in brani da concerto che servivano unicamente a mettere in mostra - in una corsa irrefrenabile al protagonismo – la bellezza delle voci e i virtuosismi canori dei vari cantori, tralasciando il vero compito che il coro dovrebbe avere durante l’esecuzione, cioè il sostenere l’assemblea nel canto conducendola alla corretta esecuzione.
Com’è facilmente immaginabile, le critiche sono piovute a valanghe, sia dai fedeli abituati ad un esecuzione diversa (cosa perfettamente normale, visto che a Monreale qualsiasi tentativo di innovazione viene visto come interruzione di un ordine prestabilito irremovibile), sia dai vecchi organisti che accusavano i nuovi di “ignoranza” musicale. Purtroppo critiche che venivano fatte nei soliti discorsi in piazza, senza che mai nessuno convinto delle proprie idee si degnasse di organizzare un incontro, una tavola rotonda per poter discutere di questi temi.
Ricordo che qualche anno fa venne istituita a livello diocesano una commissione di musica e canto che si sarebbe potuta occupare di tutto ciò, essendo tra l’altro alcuni componenti tra i più critici nei confronti delle nuove interpretazioni degli Inni. La commissione invece ha ignorato sempre il problema, e lentamente si è spenta non dando più notizie di se. L’unico provvedimento che ha determinato è stato l’ennesimo libro (da acquistare) dove si trovavano quei canti che erano ammessi durante le celebrazioni liturgiche. I soliti canti di cinquant’anni fa decisi dai soliti musicisti.
Quello che è sempre mancato a Monreale è quindi proprio il dialogo. Gli organisti più anziani continuano a stare sui loro piedistalli, a volte istaurando dei veri e propri feudi, e guardando sempre dall’alto verso il basso i giovani, sempre criticati e quasi mai aiutati con consigli e suggerimenti. Spesso sono andato da qualcuno di questi “illuminati sapienti” unici possessori della tradizione musicale in cerca di partiture, di consigli, ma forse nella paura di perdere un po’ del loro esclusivo potere ho sempre trovato porte sbarrate. Qualche volta sono stato umiliato da costoro, che virtuosi dell’arte organaria non concederebbero mai spazio a chi pur essendo meno dotato tecnicamente ha cercato con impegno ed umiltà di portare avanti un servizio per la Chiesa e per la gente.
Conclusione, come in quasi tutte le altre attività monrealesi, c’è poco spazio per i giovani chiamati spesso a portare avanti le loro giovani idee contro mille e mille difficoltà di una città troppo decrepita ed ottusa.