LA GRANDE OPERA

DI

P. GIACOMO CUSMANO

 

 

1.     Teologia del Povero

 

        Alla base di tutta la vita del Beato Giacomo Cusmano e di tutta la sua Opera c'è una verità di fede: "nel Povero è presente Gesù Cristo". Aveva, cioè, preso sul serio le parole del Maestro di Nazaret:

 

        "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi fratelli più piccoli, l'avete fatto a me!" (Mt 25,40);

 

        "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me!" (Mt 18,5);

 

        "Come io vi ho amato, così amatevi voi gli uni gli altri" (Gv 13,34).

 

        La Teologia del Povero che si riscontra nelle tantissime lettere alla sue Suore, si può sintetizzare in due concetti che il Cusmano ribadisce continuamente e con sfumature diverse:

 

a)      il povero è sacramento della presenza di Gesù Cristo, che va amato, venerato, servito;

 

b)      colui che serve il povero, è sacramento della pietà di Gesù Cristo, ossia, manifesta l'amore, la dedizione, il servizio dello stesso Gesù.

 

La sua opera a favore dei poveri, prima di diventare realtà concreta ha conosciuto luci e ombre, lotte e contrasti, incomprensioni e abbandoni, vittorie e aiuti.

 

 

 

2.     L'ambiente storico-politico al tempo del Cusmano

 

        I tempi, in cui visse il Cusmano, erano critici, perché lontani da Dio per cui si sconfinava nella irreligione, nell'ateismo e nell'anarchia politica. Si proclamava la libertà, ma si dimenticava che questa, senza Dio, diventa libertinaggio. Dimenticando Dio nella vita di ogni giorno, tutto era corruzione.

 

        Era un tempo le cui miserie facevano rabbrividire. Esse dipendevano da cause economiche, ma anche da un certo cedimento morale. Le declamazioni dei socialisti inasprivano le piaghe, poiché le utopie della terra surrogavano la fede del Cielo.

 

         Così il popolo, allontanato da Dio e privato delle speranze eterne, di fronte al benessere dei ricchi, covava odio che sarebbe degenerato presto in ribellioni macchiati da sangue innocente, per ottenere quello che gli mancava e giudicava dovuto per diritto di giustizia. Le basi sociali minacciavano perciò di crollare.

 

        Dinanzi a questo degradata panoramica sociale, il Cusmano pianse, pregò e si mise ad operare. Si propose di affrontare quel momento critico e di confusione di ideali mediante la CARITA'. Ancora giovane sacerdote, cominciò a convincersi che fosse tempo di fare e non di discutere. Non si sentiva di stare ad osservare, inerte, la sua Palermo piegata sotto il peso di tanti mali che affliggevano soprattutto la gente più povera.

 

        Scrisse egli stesso: "Sentii nell'anima mia il desiderio di consacrarmi ai poverelli, per fare mie le loro miserie, per sollevarli dalle terribili sofferenze e avvicinarli a Dio".

 

        Così sintetizzerà il suo messaggio ai "Servi dei Poveri": "Voi guarderete e considererete Dio nel povero; Dio nel bambino; Dio nell'ammalato e nel perseguitato. Nell'aiutare e servire questi indigenti in ogni necessità, aiuterete e servirete Dio medesimo".

 

        La ricchezza si moralizza e si giustifica solo quando si educa alla misericordia, secondo la legge cristiana della carità.

"Sintesi perfetta e mirabile della posizione cristiana nel risolvere la questione sociale!" - disse l'On. Avv. Giuseppe Alessi nel memorando discorso del 7 ottobre 1945. Ecco fissato il criterio funzionale, dinamico e umano della ricchezza, la quale si giustifica nella misericordia e si moralizza nella carità.

 

        Quando l'Ottocento segnava già il tremendo disagio sociale, che la miseria diffusa dalle industrie doveva creare tra il popolo, la Chiesa sentì l'esigenza di vita ed ebbe grandi figure come: Don Bosco e il P. Cottolengo in Piemonte; Ludovico da Casòria a Napoli e il Cusmano in Sicilia

 

 Ecco l'attualità del pensiero del Cusmano: "la collaborazione delle classi sociali". La loro pluralità e la loro necessaria e vicendevole integrazione nel segno della misericordia, garantisce la vera giustizia perché parte dell'amore.

 

        Ecco il capovolgimento di una visione estremista, anche cristiana: non più l'indice del povero puntato contro il ricco; per il povero la ricchezza diventa vita, poiché essa si fa pane, carne, cuore, spirito e popolo. Nella povertà viene attuata la redenzione della ricchezza, poiché Cristo fa di questa lo strumento della sua Provvidenza.

 

        Alla economia politica il Cusmano contrappone la divina economia: il povero diventa così il banchiere di Dio.

 

 

3.     Contesto storico ed ecclesiale contemporaneo

 

        Oggi grandi speranze e inquietanti interrogativi porta con se il nuovo millennio. L'Opera del Cusmano è una realtà dove la Serva dei Poveri lanciata in una dimensione missionaria, deve addirittura anticipare le richieste della gente facendosi presente dove questa gente abita, lavora, sperimenta la sofferenza e la solitudine, l'amore e la gioia dell'incontro.

 

        Oggi si fa sempre più strada una cultura dell'emarginazione impoverendo quei popoli e quelle nazioni condannati, perché non inseriti nel processo di "globalizzazione", a vivere fuori dal flusso umano, cioè fuori dal mercato mondiale.

 

        Mi sembra che come nell'Ottocento P. Giacomo Cusmano si sentì chiamato fortemente nel campo della carità, anche noi dobbiamo sentirci chiamati ad operare oggi nel campo della carità e della solidarietà a tutti i livelli.

 

        E oggi, in questa circostanza in cui stiamo sottolineando il ruolo della donna nel contesto sociale, mi sembra importante non dimenticare che la suora è anche donna con la sua femminilità, "è la donna consacrata, carica di umanità e credente in Dio, che rendo presente il Verbo Umanato che si incarna in ogni Povero" (Documento Finale del 16° Capitolo della nostra Congregazione).

 

 

4.     La Serva dei Poveri consacrata all'impegno sociale

 

        Ci ricorda il testo sull'identità della Serva dei Poveri: "la Serva dei Poveri è colei che corre là dove più bisogni presente la miseria, che spia i mali della società, che vendica l'umanità miseramente dimenticata e derelitta, per lottare accanto al povero, avendo con lui fame e sete di giustizia".

 

        Nella situazione odierna la testimonianza della carità va "pensata in grande". Occorre incarnare gesti concreti nei rapporti con le persone rendendo più umane e più giuste le già esistenti strutture senza alcuna rivalità o competizione tra loro.

 

        E' fondamentale, allora, realizzare uno connubio tra carità e giustizia nell'impegno sociale della Serva dei Poveri. La carità autentica già possiede in sé l'esigenza di giustizia: la donna consacrata è chiamata in primo luogo alla difesa dei diritti di ciascuno.

 

        La burocrazia, l'anonimato, il legalismo, sono forme pericolose che insidiano la nostra società: spesso le persone a cui si rivolgono i vari servizi sociali diventano numeri, utenze senza alcuna fisicità.

 

5.     Amore preferenziale per i Poveri

 

        In questo quadro l'amore specifico per i poveri si mostra come "scelta o primato nell'esercizio della carità cristiana". Senza questa solidarietà concreta, senza questa attenzione particolare ai problemi spirituali e materiali dei poveri, non c'è vera e piena fede in Cristo: "la fede senza le opere è morta" (Gc 2,26).

 

        La carità espressa dalle pagine del Vangelo, poiché si apre alla globalità della persona e ai suoi bisogni vitali, coinvolge la nostra stessa persona.

 

        Può essere facile aiutare qualcuno senza accoglierlo pienamente. Accogliere il povero, il malato, lo straniero, il carcerato significa fargli spazio nel proprio tempo, nella propria casa, nelle proprie amicizie. La carità è molto impegnativa della semplice beneficenza occasionale: la prima crea legami, affetti, passione; la seconda si limita ad un gesto e basta.

 

        La vita di Gesù è piena di episodi significativi del suo amore preferenziale per i poveri e per la gente rifiutata dalla società bene: ciechi, zoppi, prostitute, peccatori di ogni specie… eppure per ognuno di loro Gesù aveva una parola di conforto, di amore, di incoraggiamento a riprendere il cammino della vita tutta ancora da vivere.

 

        La Serva dei Poveri che "spia i mali della società e vendica l'umanità miseramente dimenticata…", alla luce della trasfigurazione è spinta a contemplare e a prendersi cura dell'immagine di Dio deformata nei volti di fratelli e sorelle (che il Cusmano chiamava il Povero-sacramento di Cristo), volti sfigurati dalla fame, volti delusi da promesse politiche, volti umiliati di chi si vede disprezzata la propria cultura, volti spaventati dalla violenza senza quartiere, volti di minorenni vittime dei piaceri del mondo maniacale degli adulti, volti di donne offese e vendute, volti di extracomunitari non accolti degnamente, volti di anziani che sperano di trascorrere gli ultimi giorni di vita circondati dagli affetti umani.

 

        E' questa la vita e la missione della Serva dei Poveri: la scelta per i poveri quale atto di evangelizzazione e stimolo nel contempo per la stessa vita consacrata.

 

        Solo in questo modo la Serva dei Poveri sarà in grado di denunciare le tante ingiustizie compiute verso tanti poveri, ed impegnarsi per la promozione della giustizia nell'ambiente sociale in cui opera, rinnovando nelle attuali situazioni il carisma del proprio Fondatore la cui vita fu spesa per servire il Signore presente nei poveri.

 

         

6.     La nostra presenza a Monreale

 

        Tra i Comuni che hanno richiesto l'opera, il Cusmano diceva di preferire, oltre che Valguarnera, anche quella di Monreale "perché era una Diocesi assai vicina e perché gli avrebbe fatto guadagnare l'unione del Canonico Soldano, il quale era veramente invaghito della santa Istituzione".

 

        Infatti su richiesta del Canonico Giuseppe Soldano, parroco zelante di Monreale, filosofo tomista, amato da tutti, ricchi e poveri il Cusmano inviò le suore a Monreale, per assumere la direzione e il servizio di un orfanotrofio. Fu il Soldano stesso che ideò la fondazione di un ricovero di bambine povere monrealesi, interessandone il Collegio dei Canonici Parroci, che teneva la cura pastorale della Città, e formando un comitato di persone per la raccolta dei fondi e per l'organizzazione.

 

        In un primo tempo come sede fu scelta la cosiddetta "Casa Santa", antica casa di esercizi spirituali di proprietà dei Parroci della Città. L'apertura fu prevista per l'8 settembre 1883, festa della "Madonna del Popolo" di Monreale, ma non si giunse a tempo a ultimare i lavori preparatori della Casa per la quale il Consiglio comunale di Monreale, nella seduta del 14 agosto 1883, deliberò un sussidio di lire 7.000.

 

        Già Monreale contava tre servizi di assistenza per i poveri: il Reclusorio delle Orfane Vergini, detto "Badiella" che risaliva al 1500; la Casa di Educazione del Cuore di Gesù, fondata nel 1792 dall'Arciprete Grimaldi e che raccoglieva fanciulle "povere e pericolanti" della Città; il Reale Albergo dei Poveri, eretto dall'Arcivescovo Balsamo nel 1836, per raccogliere ragazzi e ragazze invalidi e orfani dai dodici ai diciotto anni. Sul piano educativo operavano il Collegio di Maria e l'Educatorio Maria, fondato nel 1724 dal parroco Alberto Greco Carlino.

 

        Come possiamo notare erano opere nate con l'intervento della Chiesa, che, tramite la Mensa Arcivescovile, continuava a sostenerle. Interventi comunali contribuivano al loro sostegno, alla somministrazione di medicine ai poveri, al sussidio.

 

        Tuttavia si notava un vuoto: la necessità di un asilo infantile. Ben presto al nome di "Asilo" si affiancò quello di "Casa delle Orfane".

 

        Nonostante tanti interventi, le condizioni della Casa rimanevano disagiate: locale inadatto, umidissimo, estremo squallore, povertà estrema di mezzi. A questi disagi si aggiunse anche l'indifferenza dei cittadini. Fu proprio alle suore della casa monrealese che P. Cusmano scrisse una lettera molto toccante riguardo alla estrema povertà in cui vivevano: "…Fate per il vestire quello che avete fatto per il mangiare; cominciate a guastare i vostri lenzuoli e fate camicie e sottane alle povere Orfanelle. Appresso vi leverete anche le camicie per darle alle Orfanelle, e così vedremo, che se il cuore dei Monrealesi non si muove, certamente si muoverà quello di Dio e verrà in nostro aiuto". E così avvenne.

 

        Il cuore dei monrealesi, spinto da quello di Dio, si cominciò a muovere, anche se con lentezza. E se anche Monreale risentisse della polemica tra anticlericalismo e massoneria da un lato e integralismo cattolico dall'altro, le autorità civili, religiose e cittadinanza si sensibilizzarono al problema delle orfane, intervenendo in vari modi.

 

        Il Sindaco Salvatore Magno e il Consiglio Comunale, oltre al sussidio iniziale e alla costituzione della Commissione, interessarono altri enti statali: la Provincia, il Provveditorato agli Studi, il Ministero degli Interni, la regina d'Italia. Penso che sarebbe doveroso da parte nostra non dimenticare tutte queste persone, sia civili che religiose, che nel passato si prodigarono, anche a proprie spese, per un opera che se ancora esiste lo dobbiamo particolarmente proprio a loro.

 

        Vorrei concludere dicendo che furono tanti i benefattori monrealesi che presero a cuore la nostra Opera a favore dei tanti ragazzi e ragazze disagiati. Ancora oggi il servizio verso le numerose povertà non è finito e non finirà, perché come ci ricorda Cristo: "I poveri li avrete sempre con voi"; ma è pur vero e anche doveroso, soprattutto verso chi ci ha preceduto in quest'opera grandiosa, di non perderci in discorsi inutili, ma anzi di lavorare in perfetta sinergia a tutti i livelli - la competizione sarebbe puerile - per promuovere bene l'aiuto necessario alla solidarietà e alla giustizia sociale verso soprattutto chi soffre.