Le vesti liturgiche

Si dividono in: Vesti interiori e Vesti esteriori

Fanno parte delle vesti interiori: l’Amitto, il Camice, il Cingolo e la Cotta.

Camice

E’ una semplice tunica di lino bianco (in latino "alba" cioé bianca), lunga fino ai piedi con maniche strette ai polsi. Deriva dalla lunga tunica greco-romana. Il camice viene indossato dal celebrante e dal diacono (qualora sia presente) durante la celebrazione Eucaristica.

Durante la vestizione del camice il sacerdote, prima della Riforma Liturgica, doveva recitare una preghiera prescritta dal Messale: "Fammi bianco ("dealba me"), o Signore, e purifica (lat. "munda") il mio cuore; affinché, fatto bianco (lat. "dealbatus") nel sangue dell’Agnello, possa godere delle gioie che durano per sempre". Con questa preghiera il sacerdote avvertiva e manifestava il bisogno di purificazione prima di venire a contato con il sacro. Anche la comunità, guardando l’abito indossato dal presbitero, riconosce di essere bisognosa di purificazione per partecipare alla celebrazione. Il linguaggio di questa orazione sembra condurci al libro dell’Apocalisse quando Giovanni dice: "…Essi sono quelli che vengono dalla grande tribolazione: hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnello".

Questa veste interiore, simbolo di purità e castità, viene tenuta ferma dal cingolo.

Cingolo

Il cingolo è un cordone con cui i ministri ordinati stringono alla vita il camice (in latino "cingulum" cioé cinghia). Esso può essere di colore bianco, rosso, verde o viola in base ai tempi liturgici e al tipo di celebrazione. Il suo simbolismo è facilmente intuibile a partire proprio dalla sua funzione: stringere; infatti sta a significare la continenza e la mortificazione. Prima del Vaticano II, mentre veniva legato ai fianchi, il sacerdote si rivolgeva a Dio con queste parole: "Cingimi, Signore, con il cingolo della purezza, e fa’ disseccare nel mio intimo il flusso della passione affinché sia perseverante in me la virtù della continenza e della castità". Così come per il camice, anche questa preghiera ha un riferimento scritturistico e precisamente conduce ai salmi. Il cingolo rimanda infatti alla cintura cui è appesa la spada per la "guerra santa" dei fedeli di Dio (Cf Sl 149,1 e 6-9 e Apocalisse 19, 11-16). Con meno violenza Dio stesso e il suo Messia sono cinti di giustizia e fedeltà e la loro guerra deve essere il "servizio", proprio come insegna Gesù durante la lavanda dei piedi.

Ma il cingolo dice anche tensione escatologica: "Siate sempre pronti, tenete i fianchi cinti e le vostre lampade accese…come quei servi che attendono il padrone quando torna dalle nozze" (Cf Lc 12, 35-36; Es 12,11).

Amitto

Si tratta di un telo di forma rettangolare (80 x 60 cm) che può avere una croce ricamata al centro; esso viene avvolto attorno al collo e alle spalle e fermato con due nastri attorno alla vita. I prenotanda al Nuovo Messale Romano, al numero 298 informano che se il camice non copre pienamente attorno al collo l'abito comune, prima di indossarlo, si deve mettere l'amitto. In ogni caso si mette sopra la cotta o il rocchetto. Anticamente copriva la testa e le spalle, sia per riparare i paramenti dal sudore del collo, sia per prevenire la gola dalle correnti fredde invernali. All’inizio fu usato solo dal Papa e dai diaconi, successivamente nel secolo IX si estese in tutto l’occidente e fu usato anche da preti e vescovi.

Nel basso Medioevo fu introdotto l’uso di vestirselo sul capo e poi abbassarlo sulla pianeta. Si pensò così ad ornare con ricami la parte che doveva restare visibile sulla pianeta.

Nel momento in cui viene indossato il sacerdote prega il Signore dicendo: "Imponi, Signore, sul mio capo l’elmo di salvezza, per vincere i diabolici assalti". L’amitto diventa così un copricapo che salva e che, con la grazia del Signore, potrà dare forza per sconfiggere il demonio.

Tale veste simboleggia la pazienza e tiene in custodia la lingua.

 

Cotta

Questa veste per la sua forma ricorda la tunica medievale ed è realizzata in lino o cotone bianco, generalmente ornato di merletto. Come la tunica medievale arriva al ginocchio ed ha ampie maniche. Si presenta ricamata dai fianchi al ginocchio mentre sulle braccia il ricamo va dal gomito al polso. Essa è il primo segno liturgico che distingue il chierico dal laico. Con la cotta, fuori dalla S. Messa, il sacerdote copre parte della talare per amministrare i sacramenti e per altre funzioni non liturgiche. Cominciò ad essere usata alla fine del secolo X ma si diffuse ampiamente dal XVI secolo in poi.

Nei vecchi testi preconciliari questa veste viene chiamata superpelliceo a partire proprio dalle mantelline di pelliccia indossate dai chierici e dai monaci nordici per ripararsi dal freddo.

Simile alla cotta è il rocchetto ma se ne differenzia per le maniche lunghe e strette, perché può essere indossata solo dal Vescovo sotto la mozzetta, o da chi ne ha il privilegio e perché non è veste liturgica ma di dignità. I vescovi indossano una cotta colorata.

Questo indumento è simbolo di purezza e di rinnovamento dell’uomo che lo indossa.