Golgota: Il sacrificio d’amore che dà la vita
"E Gesù, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Golgota, dove lo crocifissero"
Il Golgota o luogo del Cranio, (in latino "calvaria" da cui il nome di "Calvario") altro non è che una roccia che s’innalza dal suolo di qualche metro e la cui superficie di base è di circa una decina di metri quadrati. Erroneamente si pensa che sia una montagna ripida o una collina che sovrasta Gerusalemme. Sicuramente era una cava, in disuso al tempo di Gesù, sita ai piedi dei bastioni di Gerusalemme. I romani ebbero la fantastica idea di praticare le esecuzioni capitali, attraverso la crocifissione, proprio su quel luogo, destinandolo però agli stranieri che non avevano cittadinanza romana. I romani subivano un trattamento di favore attraverso la decapitazione, esecuzione più rapida e meno dolorosa. Che il luogo si trovasse al di fuori delle mura di Gerusalemme era obbligatorio, ma allo stesso tempo era ben visibile da coloro i quali giungevano in città e, alla vista di quello spettacolo, venivano dissuasi dal commettere reati.
In cima alla roccia vi erano scavati dei fori in cui si fissavano i pali verticali che rimanevano permanentemente eretti e in cui si piantava la trave orizzontale, quella del supplizio.
Inoltre nelle pareti della cava erano state scavati delle nicchie che avevano la funzione di tomba. Probabilmente la tomba di Giuseppe d’Arimatea si trovava poco distante da quel luogo.
Secondo una tradizione ebraica nel luogo del Cranio riposavano i resti del primo uomo. Così, Gesù con la sua morte si ricongiunge ad Adamo, il padre di tutta l’umanità, per farlo uscire dalle tenebre della sua miserabile luce.
Se il Golgota ci fa subito pensare alla morte, al supplizio, la croce di Cristo, che in esso fu piantata, non è consacrazione del dolore e della sofferenza, piuttosto è un mezzo per esprimere amore "nessuno ha un amore più grande di chi dà la propria vita per i suoi amici"
Gesù ci indica uno stile diverso, non quello preferito dagli uomini: il dominio e il potere; piuttosto il servizio, l’umiltà, l’obbedienza, la rinunzia. Afferma San Paolo che Egli, pur essendo Dio si è umiliato per sottomettersi non solo alla condizione umana ma anche alla morte di croce; per questo Dio lo ha innalzato sopra ogni cosa. La sua umiliazione gli ha meritato una esaltazione gloriosa nella Resurrezione. Saper soffrire per amore è la grande sapienza della vita. Nella passione di Gesù, lo Spirito, che già aveva penetrato fino in fondo la sua umanità, permette di trasformarla in un sacrificio perfetto mediante l’atto della sua morte, come vittima di amore sulla croce.
Gesù fece da solo questa oblazione, ma l’offrì con uno Spirito eterno cioé, in modo da trasformare la sofferenza della sua autodonazione, in amore redentivo.
Nell’Antico Testamento più volte si parla del "fuoco dal cielo" (cf Lv 9, 24; 1 Re 18, 38; 2 Cor 7, 1) che bruciava le oblazioni presentate dagli uomini. Per analogia si può dire che lo Spirito Santo è il "Fuoco dal cielo" che opera nel profondo del mistero della croce. La croce allora non è solo storia del Padre e del Figlio, ma è anche storia dello Spirito Santo. La salvezza portata a compimento sulla croce è opera di Dio Uno e Trino.
Sul Golgota, il sacrificio accettato da Gesù per amore dell’umanità ci ha dato la vita. Lui ci invita a conformare la nostra vita alla sua e ci chiede di sacrificarci per amore.
Quanto è accaduto sul Golgota non deve essere semplice ricordo per noi cristiani di oggi. Ogni anno il mistero della nostra salvezza è riattualizzato e rivissuto nella fede.