Il libro dei Salmi

 

Il libro dei Salmi è anche conosciuto come “Salterio”. La parola salterio deriva dal greco psaltêrion, il nome dello strumento a corde che accompagnava i canti, i salmi. Nella tradizione ebraica il “Salterio” indica la collezione di 150 Salmi e viene chiamato “Tehillim” (Inni). Di Inni, tra i salmi, ne abbiamo un certo numero, ma per la precisione, il testo sacro dà il nome di “Inno” solo al Sal 145. Il nome che invece troviamo più frequentemente è “mizmor” che presuppone un accompagnamento musicale e che la parola Salmo rende bene. Alcuni Salmi vengono chiamati “cantici”.

 

Autori

Tenendo conto dei titoli dei Salmi si può affermare che 73 appartengono al re Davide, 12 ad Asaf, 11 ai figli di Core, alcuni ad Heman, Etan, Mosé e Salomone, i rimanenti 35 non hanno nessuna attribuzione.

E’ probabile che questi titoli, inizialmente, non volessero indicare gli autori dei salmi, quanto piuttosto una certa relazione tra il salmo e il personaggio nominato. I salmi “ai figli di Core” appartenevano al repertorio di questa famiglia di cantori; così pure i salmi “al maestro del coro”, erano brani che venivano eseguiti dal coro del tempio. La Tradizione però ha voluto attribuire tutto il Salterio a Davide, un Re dal talento di musicista, di poeta, rispettoso del culto, «cantore dei cantici di Israele» (2 Sam 23, 1).

 

La spiritualità dei Salmi

Le 150 preghiere dell’Antico Testamento sono state ispirate direttamente da Dio che ha fatto capire quali sentimenti i suoi figli devono avere nei suoi riguardi e quali parole devono essere usate quando a Lui ci si rivolge. I salmi sono stati recitati da Gesù, dalla Madonna, dagli Apostoli e dai martiri. La Chiesa ha cantato e continua a cantare i salmi in tre modi: «con la sua voce, con la sua vita e nel suo Corpo». Con queste parole sant’Agostino ci aiuta a comprendere perché la Chiesa ha fatto di essi la sua preghiera ufficiale.

Per comprendere sempre meglio i testi delle preghiere è necessario (per noi cristiani del terzo millennio), gettare un ponte tra la nostra cultura odierna e quella mediorientale ebraica di 2000 anni fa, riuscire ad individuare cioé le circostanze che hanno determinato la composizione di un salmo, conoscere i generi letterari per pregare al presente l’antica Parola. Questo lavoro di ricerca e di comprensione non è superfluo perché ci aiuta a preparare il cuore in modo diverso a secondo se andiamo a trovare gli amici in un giorno di festa o in un giorno di dolore.

Non dimentichiamo mai che la comprensione ci deve spingere sempre più alla loro preghiera.

Calandoci nella preghiera dei Salmi, poi, veniamo trasportati nell’ universo mediorientale, desertico e spoglio. Lì incontriamo gli sciacalli del deserto (Sal 44, 20), i tori di Basan (Sal 22, 13), ascoltiamo la voce di Dio risuonare fino al deserto di Kades (Sl 29, 8) e vediamo i monti saltellare come arieti e le colline come agnelli di un gregge (Sal 114, 4).

Non ci troviamo di certo nel nostro ambiente, ma in quel momento aderiamo al modo scelto da Dio per rivelarsi. Tutto il Salterio fa parte dell’Antico Testamento e alcune rappresentazioni di Dio possono impressionarci, come pure una certa “ignoranza” della vita eterna, imprecazioni e sentimenti di vendetta.

Questo stadio della Rivelazione verrà pienamente illuminato da Gesù Cristo. I salmi risentono della incompiutezza della realtà vivente, cioé la realtà di un seme che aspetta la stagione per maturare e rivelarsi nel frutto dei tempi messianici.

Poco sappiamo, come abbiamo già iniziato a spiegare, dell’origine di ogni singolo salmo del salterio, né conosciamo la loro datazione (vi sono salmi molto più antichi risalenti al X secolo a.C., altri invece sono più recenti, composti dopo l’esilio). Tuttavia, sembra che l’ambiente d’origine del salterio sia stato in modo particolare il culto.

E’ noto che dal VII secolo a.C. la comunità d’Israele si riuniva nel tempio di Gerusalemme per tutte le occasioni di feste, dato che non esistevano feste civili. Dunque tutte le feste, sia di carattere politico che religioso, avevano Dio come unico riferimento. Durante l’esilio babilonese, e dopo il ritorno, il tempio non fu l’unico luogo di preghiera, ma non sappiamo come venivano usati i salmi, è certo però che essi favorivano la preghiera dell’assemblea per le feste o per i riti penitenziali. Di alcuni salmi, in base al loro titolo, conosciamo anche per quale uso liturgico venivano usati (ad es: il Sl 92 era destinato al Sabato, mentre il Sl 30 per la festa della Dedicazione del Tempio..).

I Salmi  erano e sono dei veri testi poetici composti per essere cantati. Il titolo in testa a queste preghiere alcune volte dava delle indicazione circa la melodia, gli strumenti da usare per accompagnarle, l’uso liturgico, il genere letterario; altre volte faceva riferimento alla situazione in cui erano state composte.

I Salmi si cantavano e si suonavano all’unisono, poiché sembra che la musica fosse più ritmica che melodica. L’assemblea partecipava alla preghiera del salterio ognuno con un proprio ministero: il canto era spesso alternato tra coro, solisti e assemblea e, qualche volta accompagnato dalla danza. Alcuni cantori avevano la responsabilità del coro. Di quest’ultima categoria facevano parte i figli di Core e i figli di Asaf.

Gli strumenti musicali erano a corda, a fiato e a percussione e venivano suonati da persone ben precise che formavano l’assemblea liturgica nel Tempio (Sl 150). Il corno era lo strumento tipico dei sacerdoti, l’arpa e la cetra dei leviti, i timpani, i cembali e la danza erano usati dal popolo, specialmente nelle grandi processioni.

I Salmi prendevano origine dall’esperienza umana: la malattia, la morte, il tradimento, la vittoria, la grazia ricevuta e presentavano Iddio dell’Alleanza che si rivelava in ogni momento dell’esistenza umana. Essi cantavano Dio che si calava nella storia di un popolo e e nella storia personale, un Dio che diventerà l’Emmanuele, il Dio-con-noi.

Il filo conduttore di tutte le preghiere del Salterio sembra essere il graduale passaggio dalla morte, alla vita oltre la morte.

 

Il simbolismo del Salterio

I salmi sono ricchi di immagini e, quindi, è importante capire quali simbolismi sono presenti in essi.

I simbolismi sono riuniti in 4 grandi gruppi: - due verticali; uno verso l'alto e uno verso il basso;

- due orizzontali; uno che usa simboli umani e uno che usa simboli cosmici.

 

Analizziamo i vari gruppi:

I° verticale

I simbolismi utilizzati in questo gruppo, (teologici) e che richiamano l’altitudine, sono utili a spiegare  Dio ( monti, tuoni, fuoco che sale verso l'alto, le ali degli uccelli e tutto ciò che esprime altezza e movimento verso l'alto). Quando troviamo questi simbolismi abbiamo solitamente l'idea del Dio-eroe potente in battaglia; del Dio del tuono, del Dio che combatte contro i suoi nemici, ossia del Signore degli eserciti.

Spesso i Salmi descrivono Dio come fosse una persona ( braccio, mano, cuore, occhi, orecchio…), con una sua psicologia (commozione di Dio, ira, arrabbiatura,…..). Tutto questo appartiene alla dimensione verticale e i simboli ci descrivono ciò che Dio è secondo il salmista.

I° orizzontale:

A questo gruppo appartengono tutti quei simbolismi antropologici, cioè umani. In que-sta dimensione sono presenti diversi elementi:

 - ci sono dei paragoni che tengono presenti gli animali, ma servono a descrivere l'uomo (la cerva, l'aquila, il mulo, ecc…).

- paragoni tolti dal mondo vegetale (l'albero secco confrontato con l'albero verde; l'erba che il mattino è verde e la sera è già falciata e dissecca - come l'uomo -; ecc...);

- paragoni presi dalla vita comune, come la pigiatura; simbolismi tratti dall'organismo umano (carne, ossa...) che non spiegano Dio, ma l'uomo.

II° orizzontale

A questo gruppo appartengono tutti quei simboli cosmologici. C'è Dio e c'è il cosmo creatura di Dio.

In questo simbolismo ci sono elementi che qualificano il creato, cioè l'esistenza, e il suo opposto, cioè il nulla. II creato è cosa bella, mentre il nulla è cosa spaventosa, come il le-viatan (il mostro marino per eccellenza).

E’ da notare che, al contrario di tutte le religioni dell'epoca, gli ebrei non vedevano nel cosmo una sorta di panteismo (cioè ogni cosa era emanazione di Dio, avente quasi un'anima). Per loro le cose erano solo creature di Dio, ci parlavano di Lui e non avevano in sé una sua parte. 

II° verticale

I simbolismi di questo gruppo ci portano verso il basso, richiamando l’ inferno.

Esiste il cielo, al lato opposto ci sono gli inferi, lo sheol. All'inizio del pensiero ebraico lo sheol è il regno delle ombre, simboleggiato soprattutto dal sepolcro, che è buio. Spesso è considerato il nemico da combattere come il leone o il cacciatore, la malattia o la notte, che sono simboli che richiamano la fine di tutto, appunto lo sheol.

Esaminiamo alcune delle principali “famiglie spirituali” dei salmi.

 

Inni

I salmi che appartengono alla categoria degli Inni ci aiutano a lodare il Signore per le meraviglie che ha compiuto sia nella creazione che nella storia della salvezza. Gli inni caratterizzano il fondamentale atteggiamento interiore dell’uomo che è  quello di dare pura lode a Dio. Con queste preghiere ognuno di noi adora nella polvere Chi sta sopra di lui, Lo contempla e Lo ringrazia per il fatto stesso di esistere.

Questi salmi seguono il seguente schema: iniziano con l’invito a lodare il Signore, pro-seguono sviluppando il motivo della lode e terminano riprendendo la lode iniziale o con una preghiera (es. Sl 8 o 102). La lode, inoltre, può essere “descrittiva” (più generica), oppure “narrativa” (più particolareggiata).

 

Suppliche

Le suppliche sono delle richieste individuali o collettive rivolte al Signore.

I motivi dominanti di queste preghiere sono il dolore e il lamento. Il fine però non è il lamento in sé, quanto piuttosto la fiducia e la speranza riposti nel Signore. Esse cominciano con una invocazione d’aiuto, descrivono i motivi della sofferenza per commuovere Dio, ricordandogli i favori concessi in passato (es. Sl 21 o 78-79).

 

Salmi di fiducia

Tutti i salmi sono caratterizzati dalla fiducia in Dio; alcuni di essi, però, fanno di questa fiducia il tema principale. Il verbo ebraico credere significa “basarsi su una roccia”, “costruire sulla certezza e non sulle sabbie del dubbio”, “sperare contro ogni speranza”. Dunque questi salmi definiscono il rapporto tra Dio e il credente e precisano che cosa deve rappresentare il Signore per chi lo invoca personalmente.

 

Salmi di Ringraziamento

Le “azioni di grazie” intendono ringraziare il Signore per i benefici ben precisi concessi a tutto il popolo o ad una sola persona (es. Sl 29; 66; 117).

 

Salmi sapienziali

Si tratta dei salmi didattici che cantano la grandezza e la bellezza della Torah (la legge del Signore contenuta nei libri del Pentateuco) e vogliono istruire (Sl 1; 18, 8-15; 78; 105-106; 118). I salmi alfabetici nel testo ebraico si possono facilmente indivi-duare perché ogni strofa inizia con una delle 22 lettere dell’alfabeto ebraico. (Sl 24; 33; 111; 118; 144). I salmi così composti si prestavano ad una più facile memorizzazione.

 

Salmi Regali

Sono i Salmi del Regno, quelli che proclamano il Signore come Re (Sl 93; 96-99). In essi il re viene acclamato come figlio adottivo di Dio e suo erede. Questi Salmi sono portatori di una promessa messianica che il cri-stianesimo vede pienamente realizzato in Cristo e nel suo Regno.

 

I Salmi e Gesù Cristo

Durante la sua vita Gesù ha meditato le Scritture per comprendere la volontà del Padre. I salmi, in particolare, hanno avuto un posto importante nella preghiera di Gesù.

I salmi alimentarono la preghiera di Cristo che li meditò e li calò alla sua situazione, come lui stesso ebbe a dire: «bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» (Lc 24,44). Nella sua ultima Pasqua, Gesù, «dopo aver cantato l’inno, uscì verso il monte degli Ulivi» (Mt 26, 30). Probabilmente si trattava dei salmi 113-118 usati nelle tre celebrazioni fondamentali dell’anno liturgico ebraico, o forse dell’intero “grande Hallel”. Per descrivere gli atteggiamenti di dolore e di fiducia di Gesù durante la sua passione, gli evangelisti usarono i salmi (Lc 23, 46), e lessero in essi l’annuncio della resurrezione (At 2, 22-36).

La prima comunità cristiana, guidata dallo Spirito Santo, per meglio comprendere la morte, resurrezione e glorificazione di Gesù, si rivolse alla Scrittura, calandola nella propria vita. San Paolo esortò a leggere e vivere sempre meglio la Parola, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali.

Facciamo nostre queste preziose preghiere bibliche, caliamole nella nostra vita, lasciamoci trasformare dalla Parola per incontrare Gesù e con Lui tutti i nostri fratelli.