Il profeta Malachia

 

Malachìa è l’ultimo dei profeti minori, per tale motivo dagli ebrei viene definito “il sigillo dei profeti”. Non abbiamo notizie sicure circa la sua vita, anzi si dubita persino se Malachìa sia il suo nome o piuttosto un titolo onorifico. In ogni caso gli studiosi sono dell’avviso che Malachìa sia il suo vero nome, ritenendo che, come gli altri profeti, anche lui abbia posto il suo nome in principio della profezia.

Egli visse certamente dopo l’esilio (538 a.C.) ma non si può affermare con esattezza se profetizzò prima o dopo Esdra. Di fatto i libri di Esra e Neemia non lo menzionano.

Il libro di Malachìa, redatto con stile facile, nitido e conciso, è un piccolo trattato di morale. Egli raccolse le varie lamentele del popolo e dei sacerdoti contro la provvidenza di Dio e le dibatté mostrandone l’inconsistenza e l’irragionevolezza e consigliò la conversione. All’interno delle sue tesi morali il profeta annunciò la venuta del Precursore, del Messia, che avrebbe preparato la via al dominatore.

Il libro può essere diviso in due parti e un epilogo:

- nella prima parte Malachìa si rivolge agli ebrei, che accusavano Dio di non averli amati, dicendo loro che Javhé li aveva sempre preferiti ad Edom, sin dalle origini. Accusa invece i sacerdoti di di-sprezzare il nome di Dio e di non riverirlo come padre e signore. A questi ultimi chiede di convertirsi, altrimenti Dio stesso li inviterà a chiudere i battenti del tempio, ed essi offrirebbero invano poiché Dio non accetterebbe le loro offerte. E ancora il profeta li accusa di profanare la mensa del Signore, definita da essi contaminata e poco redditizia e di svolgere il loro ministero con pigrizia accettando offerte illegali, provenienti da furti.  Malachìa rimprovera il popolo per la crudeltà nei divorzi (2, 10-16) e ricorda che Dio odia il divorzio e coloro che ripudiano sono malvagi;

- nella seconda parte il profeta risponde  alle accuse mosse contro la provvidenza divina. Molti erano coloro i quali mettevano a dura prova Dio accusandolo di gradire i cattivi. A questi Malachia risponde annunciando che Dio manderà il suo messaggero a preparargli la via e che subito il «Dominatore», che il popolo desidera, entrerà nel suo tempio. La sua venuta però sarà terribile; sarà come il fuoco per vagliare rigorosamente anzitutto i leviti per cui possano offrire sacrifici con giustizia e rendere così gradita a Dio l’offerta di Giuda e di Gerusalemme; quindi per fare giudizio contro i cattivi. All’accusa che non si guadagna nulla a servire Dio, il quale lascia prosperare i malvagi, il profeta afferma che Dio ascolta i gemiti dei buoni. Nel giorno del giudizio li tratterà come proprietà particolare, come figli. Da ciò si noterà la differenza di trattamento dai malvagi.

Nell’epilogo Malachìa invita tutti quanti a ricordarsi della legge di Mosé, che contiene le prescrizioni dategli da Dio stesso sull’Horeb. Prima di arrivare il giorno del giudizio Dio invierà il profeta Elia per ricondurre il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso quello dei padri, per non essere costretto a colpire la terra d’anàtema nel giorno della sua venuta.