Il libro dei Maccabei
I
Maccabei furono una famiglia di patrioti ebrei vissuta intorno al II-I secolo a.C.
Il
termine Maccabeo proviene dall’ebraico maqqèbet,
forse “martello” o “designato da Jhwh”
e originariamente fu dato a Giuda, terzogenito del sacerdote Mattatia; successivamente passò ai suoi fratelli Giovanni, Simone,
Eleazaro e Gionata. Solo dopo divenne co-gnome di famiglia assieme a quello
gentilizio degli Asmonei.
Il
periodo della storia ebraica che va sotto il nome di maccabaico
inizia verso il 168 a.C. con la fuga di Mattatia e figli nella campagna presso
il loro paese d’origine, Modiin e di qui nel deserto
di Giuda. I Maccabei, infatti, volevano respingere l’ellenizzazione imposta con
le armi da Antioco IV Epifane (175-164 a.C.).
Questa
famiglia fu affiancata da tutti quegli ebrei che avevano a cuore la legge
mosaica e il patto dei padri, costituendo un forte nucleo di resistenza armata.
Alla morte del padre, la guida passò a Giuda che riuscì a liberare Gerusalemme
e a riconsacrare il tempio (164 a.C.), poi a Gionata e infine a Simone
(143-144). A Simone succedette il figlio Giovanni Ircano con cui gli Asmonei divennero una vera e propria dinastia. Quest’ultima
governò la nazione ebraica fino all’avvento di Erode
il Grande il quale sostituì e sterminò gli ultimi discendenti dei Maccabei (30
a.C.).
Fu
sotto i Maccabei che sorse e si sviluppò il movimento degli Esseni di Qumran;
essi furono sempre avversari sia dei primi Maccabei che dei successivi Asmonei,
di cui contestavano la politica (di fatto ellenizzante) e la legittimità nel
possesso del sommo sacerdozio.
Maccabei,
a torto, sono spesso designati, i sette fratelli (fratelli Maccabei) ricordati nel II libro (cap. 7) e di dubbia storicità, che furono
uccisi da Antioco IV fra atroci tormenti, alla presenza della madre che li
incoraggiava al martirio, piuttosto che tradire la legge di Mosé, le
consuetudini dei padri e la loro fede.
Primo libro dei Maccabei
Il
primo libro contiene la storia di un duro e glorioso periodo di storia
giudaica, che va dall’avvento al trono di Siria di Antioco
IV Epifane (175 a.C.), fino alla morte di Simone, ultimo fratello di Giuda
Maccabeo (135 a.C.).
La
storia, presentata secondo un ordine cronologico, comprende tre parti precedute
da un’introduzione. I primi due capitoli descrivono l’espansione dell’empietà
diffusasi a causa dell’ellenismo e contrastata dalla resistenza giudaica,
guidata dal capo della dinastia asmonea, Mattatia.
La prima parte ( 3,1 - 9,22) è dedicata a Giuda,
l’eroe per eccellenza, che dopo aver riportato brillanti vittorie sui generali
di Siria, incomincia la purificazione del tempio, ristabilendo l’altare
degli olocausti.
Nella seconda parte (9,23 - 12,54), il fratello e successore di Giuda,
Gionata, grazie ad un’abile azione
diplomatica, ottiene vari vantaggi religiosi, politici ed economici, però muore
vittima dell’astuzia di Trifone.
La terza parte (13 - 16) tratta di Simone che, quale stratega,
etnarca e sommo sacerdote, porta a termine l’opera dei fratelli.
L’autore
del libro probabilmente era un giudeo-palestinese, proveniente da Gerusalemme,
che ha scritto in ebraico verso il 100 a.C.; doveva
essere un profondo conoscitore della topografia e geografia del suo paese,
della letteratura biblica, dalla quale ha preso a prestito le forme letterarie,
ed era uno scrupoloso osservante della legge mosaica, concepita come suprema
manifestazione dell’alleanza. Egli per rispetto non ha nominato mai il nome di
Dio, ma lo ha evocato usando il vocabolo “Cielo”.
Favorevole agli Asmonei, è rimasto estraneo al conflitto che opponeva farisei e
sadducei al potere.
Per
comporre il libro si è servito di ricordi personali, in modo particolare per
quanto riguarda le vicende di Giuda. Ha consultato i documenti scritti degli
archivi ufficiali del tempio, anche se non gli sono mancate le fonti di origine pagana che narravano la storia e fissavano la
cronologia del regno seleucide.
Secondo
la concezione teologica, la lotta tra Israele e i pagani non ha
coinvolto solamente gli Asmonei e i Seleucidi, i Giudei e i Greci, ma anche gli
osservanti della legge e i suoi avversari. Morire con le armi
in mano per la difesa della legge era un onore. Era permesso combattere
per la legge anche in giorno di sabato. La fede in Dio produceva l’eroismo; il
servizio della patria si confondeva con il culto per l’unico Dio. Il forte
sentimento religioso nazionale, l’intransigenza della fede che sfociava nella
passione eroica della libertà, se rappresentavano un positivo
dato umano, lasciavano però apparire i limiti di una ristretta concezione politica-religiosa
del popolo di Dio sulla terra.
Secondo libro dei Maccabei
Il
secondo libro dei Maccabei contiene i fatti che sono
accaduti in Giudea dal 175 al 160 a.C. Esso non deve essere
considerato la continuazione del primo, ma una presentazione particolare
di fatti.
Il
testo inizia con due lettere, 1, 1 - 2, 18, tradotte dall’ebraico o dall’aramaico, la prima delle quali è stata composta dopo la
seconda. Queste due lettere intendevano convincere gli ebrei d’Egitto a
celebrare insieme ai fratelli della Giudea la festa della Purificazione del tempio. Dopo una prefazione 2, 18-32 (in cui l’autore
spiega le sue intenzioni e il metodo usato), vengono
esposti 5 quadri, tutti centrati sull’importanza del tempio:
I° quadro
( c. 3) - Eliodoro apprende a proprie spese l’inviolabile santità della casa di
Dio.
II°
quadro ( cc. 4 - 7) - Dio
punisce i sommi sacerdoti, i quali avevano accettato un apolitica filo
ellenica, saccheggiando il santuario.
III°
quadro (8, 1 - 10, 9) - Giuda Maccabeo vince i pagani
e il tempio viene purificato.
IV°
quadro (10, 10 - 13, 26) - Questa vittoria alla comunità giudaica farà ottenere
la libertà di culto.
V°
quadro (14, 1 - 15, 36) - Nicanore, bestemmiatore del tempio, viene umiliato e la sua testa esposta all’ingresso del
santuario.
Nella
conclusione del testo al cap. 15, 37 - 39, l’autore si congeda con i lettori
vantando la sua opera.
Origine del
libro
L’autore
di questo secondo libro dei Maccabei ci informa circa l’origine del testo. Egli scrive di avere
compendiato un’opera sconosciuta composta da 5 volumi
e scritta poco dopo il 160 a.C. da un certo Giasone di Cirene, cioé da uno scrittore giudaico della diaspora africana.
Certamente Giasone doveva essere ben documentato su Gerusalemme,
sull’amministrazione seleucide, sui funzionari del
governo e sui loro titoli. Egli, convinto monoteista, menziona il nome di Dio
ad ogni occasione, ricorrendo spesso alla preghiera e lanciando violente
invettive contro i nemici della sua religione.
Lo
scrittore del secondo libro dei Maccabei utilizzò la
storia di Giasone scegliendo gli episodi più significativi
collegandoli con piccole aggiunte; ritoccò la lingua greca di Giasone
impiegando costruzioni più complesse. In ogni caso conservò del primitivo
testo, la narrazione “patetica”, motivo per il quale è
difficile distinguere ciò che appartiene
a Giasone e quello che invece è dell’ultimo redattore.
Scopo del libro
L’intento
del libro è persuadere e commuovere il lettore attraverso i cinque quadri: Il
primo quadro illustra il tema della pace e della gioia al quale si oppone
quello dell’angoscia. Nel secondo quadro, all’empietà e alla collera di Dio viene contrapposta la morte dei martiri, che apre la via
alla speranza. Negli ultimi tre quadri Giuda si eleva
in gloria mentre i suoi nemici retrocedono, proclamando ognuno di essi la
gloria di Dio che si manifesta nel tempio.
Lo
scrittore, pur di mettere in rilievo l’importanza
religiosa degli eventi, trascura la precisione tipica di uno storico e l’esatta
cronologia dei fatti. Rispetto al precedente testo di Giasone che faceva
intervenire gli dei per aiutare i combattenti, in Maccabei
II l’aiuto divino assume la forma di una “manifestazione celeste” attraverso
l’intervento degli angeli.
In
ogni caso tale libro è “storico” poiché mette in rilievo
la parte avuta dai sommi sacerdoti nell’opera di ellenizzazione.
Insegnamento del libro
Questo libro fa progredire la rivelazione dell’Antico
Testamento in alcuni punti importanti, poi ripresi dal Nuovo Testamento. Innanzitutto viene
approfondito il concetto di Dio creatore del mondo e degli uomini. Dio sanziona
la condotta degli uomini secondo le opere; empi e persecutori sono sempre
puniti per i loro crimini, mentre i giusti sono protetti dagli angeli e i santi
intercedono per loro. Se soffrono fino al martirio,
sono sicuri di risuscitare dal regno dei morti e ottenere una ricompensa
nell’altra vita.
Fino
a quel momento la fede giudaica non era mai penetrata così profondamente nel
mistero della retribuzione dell’aldilà. Il martirio è considerato un’espiazione
che arresta la collera divina. Viene menzionata anche
l’efficacia della preghiera dei vivi per i mori.