Il profeta Gioele
Gioele
fa parte dei 12 profeti minori dell’Antico Testamento. Il suo nome proviene
dall’ebraico Jô’el e significa «Il Signore è Dio».
Le
notizie della sua vita ci vengono fornite dal suo breve libro composto di soli
4 capitoli. Figlio di Fatuel visse in epoca postesilica, probabilmente dopo
Neemia. Oggi si ritiene che facesse parte dei cosiddetti (profeti cultuali) che
esercitavano il loro ministero nelle vicinanze del Tempio di Gerusalemme in
occasione di festività e assemblee cultuali.
Gli
studiosi nutrono qualche dubbio nel fissare l’epoca storica di questo profeta:
i più antichi propendono per l’VIII sec. a.C., mentre i moderni, basandosi sul
fatto che l’esilio sembra essere descritto come un fatto trascorso, sono
concordi per il periodo postesilico.
Il
libro di Gioele è composto da 4 capitoli nella versione ebraica e tre nella
versione latina. Si può dividere in due parti:
-
cc. 1-2 che riguardano il giudizio e le promesse per Giuda;
-
cc. 3-4 che riguardano l’era dello Spirito e il giorno del Signore.
Gioele,
prendendo spunto da un’invasione di cavallette, annuncia il giorno di Jahweh,
che è nello stesso tempo castigo del popolo eletto e delle nazioni pagane. Egli
però annuncia che ci sarà un “resto” di salvati i quali saranno ripieni dello
Spirito di Dio e godranno in Gerusalemme di una felicità paradisiaca.
Nel
testo si alternano dunque due temi strettamente connessi:
-
una invasione di cavallette e una siccità che distruggono i raccolti
dell’annata;
-
«il giorno del Signore»
In
ultima analisi possiamo affermare che il tema centrale del messaggio di Gioele
è proprio il «Giorno del Signore», prospettato negativamente o positivamente.
Quando in tale giorno viene presentata la collera divina, le tenebre e la
vendetta contro i cattivi, Gioele usa parole tratte da avvenimenti naturali:
siccità, invasione di insetti. Quando invece viene presentato positivamente,
Gioele parla di reintegrazione per i giusti nella Gerusalemme messianica,
quando Dio invierà a tutti i membri del suo popolo il dono dello Spirito. In
questo contesto Gioele parla della valle di Giosafat (dall’ebraico Jehôshafat,
«Jahweh giudica»), parola usata per indicare il luogo ideale dove, Dio Giudice,
radunerà tutte le genti.
Interessante
è notare come il profeta, quando parla del castigo del popolo eletto, dà sempre
possibilità di salvezza invitando alla penitenza: «Spezzate il vostro cuore,
non le vostre vesti e tornate al Signore, vostro Dio! Egli è benigno e misericordioso,
lento alla collera e ricco di bontà, e si ricrede del male» (2,13).
Nel
Nuovo Testamento sarà il libro degli Atti degli Apostoli che riprenderà la
visione dell’effusione dello Spirito per descrivere l’inizio della Chiesa,
nuovo popolo messianico.