Dalmatica (o tunicella)
Il termine Dalmatica deriva dal latino "dalmaticus", cioé della Dalmazia, luogo in cui era usata una tunica similare.
Originariamente esistevano due vesti, la dalmatica e la tunicella, ben distinte sia per forma che per fattura: la tunicella, secondo le prescrizioni del Cerimoniale romano, doveva avere maniche più strette e più lunghe rispetto alla dalmatica ed era la veste liturgica del suddiacono (figura ormai scomparsa nella Chiesa). Ma oggi non si fa più distinzione tra i due abiti.
La Dalmatica è invece la veste liturgica propria del diacono il quale la riceve solennemente durante la sua ordinazione; nel momento in cui il Vescovo gliela dona dice: "Ti rivesta il Signore del vestito della salute e della veste dell’allegrezza, e della dalmatica della giustizia ti circondi sempre".
Simbolismo
Il simbolismo della Dalmatica fu spiegato dai teologi Rabano ed Amalario. Il primo sosteneva che questo vestito a maniche aperte forma una croce ornata di strisce rosse (clavi), che ricordano a chi la indossa la Passione e la Morte del Salvatore e lo avvisa di vivere sempre memore del suo sacramento, affinché nella celebrazione del Santo Sacrificio sia egli stesso un’ostia gradita a Dio. Amalario invece vede simboleggiato nel colore bianco la purezza, e nelle guarnizioni rosse che pendono dagli omeri, l’amore verso il prossimo; nel caso in cui le strisce siano a destra o a sinistra egli intende che l’amore verso il prossimo si deve avere sia nella buona (destra) che nell’avversa fortuna (sinistra). Le maniche tanto ampie vogliono significare un invito ad un’allegra generosità nel dispensare.
Sicario Vescovo di Cremona, liturgista medievale, ritiene che la dalmatica "ha la forma della croce, avendo due fasce davanti e dietro, scarlatte e purpuree, con quindici frange dall’una e dall’altra parte (...) Per mezzo di essa è simboleggiata la fede santa ed immacolata, quale deve essere quella del pontefice. Le due ali sono come le ali della protezione del pontefice, infatti come la sapienza di Dio raccoglie i pulcini della Chiesa sotto le ali della grazia e della misericordia, così il pontefice deve raccogliere i fedeli sotto le ali del Vecchio e del Nuovo Testamento e con gli esempi distendersi su di loro, e con le prediche difenderli e proteggerli dagli uccelli rapaci, cioé dai demoni. La larghezza delle maniche rappresenta la letizia del pontefice che dà il perdono. Sotto l’ascella vi sono delle aperture laterali ad imitare il ricordo di colui che fu ferito al fianco con la lancia. Deve essere portata per la Messa e per annunciare il Vangelo, in cui Cristo è presentato e predicato; invero ha la forma della croce sia perché Cristo sopportò noi il supplizio della croce, sia perché il pontefice deve crocifiggere se stesso insieme ai vizi e alle concupiscenze".
La dalmatica è stata dunque considerata una veste di salute, di letizia e di giustizia, così come testimonia la preghiera che accompagnava la sua vestizione e che risale al "Canon Missae ad usum Episcoporum", risalente al 1722. Ma, prendendo in considerazione una preghiera preesistente - "Coperto con questo vestito fatto ad immagine del primo padre in forma di croce e ornato di strisce purpuree, ti prego umilmente, o Signore, che per la tua Passione io ti possa essere sempre accetto", - si evince un’interpretazione medievale della sacra veste riferita all’incondizionata fede verso il sacrificio di Cristo. La dalmatica esalta così la virtù teologale della fede, la pianeta (di cui tratteremo) quella della carità, mentre la stola esalta la virtù cardinale dell’obbedienza, virtù queste che non devono mai mancare ad un ministro di Dio.
Al di là di qualsiasi interpretazione si deve tener presente che il ministro ordinato, con i sacri paramenti addosso, si eleva dalla miseria terrena ad un mondo molto più alto, della cui luce scende un riflesso sulle sue vesti.