San Giovanni Maria Vianney

 

La Chiesa ne fa memoria obbligatoria il 4 Agosto

 

Giovanni Vianney nacque a Dardilly l’8 maggio 1786. Voleva farsi prete, ma i libri gli pesavano come  macigni. Era dotato di tenacia e di caparbietà, ma quando studiava argomenti di natura filosofica, si inceppava non comprendendo più di tanto.

L’Abate Balley che lo seguiva nella sua scuola di Ecully più volte fu tentato di allontanarlo dagli studi. Ogni volta però, constatata la sua tenacia e la profonda pietà del giovane, temporeggiava.

Pian piano il giovane Giovanni Vianney si trovò alla vigilia del sacerdozio, superando, grazie alla benevolenza dei suoi esaminatori, gli ultimi e severissimi esami. Il 13 Agosto 1815, all’indomani della battaglia di Waterloo fu celebrata la sua ordinazione. Gli venne concesso solo di dire Messa, ma non di confessare, perché all’esame di morale aveva mostrato gravi lacune che i superiori ritennero un grave rischio per i fedeli aprirgli le porte del confessionale.

L’abate Balley, per non gettare subito nella mischia l’inesperto prete, lo volle al suo fianco. Don Vianney ci rimase un  paio di anni che furono preziosissimi per la sua formazione spirituale, e gli consentirono di impratichirsi del non facile mestiere del prete. Al termine di quell’apprendistato, i superiori, ritenendolo ormai in grado di camminare con le gambe proprie, lo mandarono cappellano ad Ars, un piccolo e povero paese sull’altopiano dei Dombes: poco più di duecento abitanti, ammassati in case con i tetti di paglia.

Don Vianney giunse a destinazione a piedi (aveva 32 anni), in un giorno d’inverno, la bisaccia sulle spalle ed un paio di scarpacce fangose ai piedi. Nei paesini come Ars, i reduci delle campagne rivoluzionarie e napoleoniche ostentavano indifferenza alle cose religiose. Per questo, il primo mattino quando aprì la chiesa, la trovò semideserta; e così il giorno seguente, e la prima domenica... ed altre ancora.

Il giovane prete non si perse d’animo, né salì sul pulpito ad infierire contro gli infedeli parrocchiani. Alle chiacchiere preferì l’esempio di una vita integra, di lavoro, di povertà, di preghiera, di digiuni e di penitenze. Dopo qualche tempo i parrocchiani che lo avevano ostentatamente ignorato si resero conto di avere in paese uno che non scherzava e che al Vangelo ci credeva veramente, dimostrandolo con i fatti.

La chiesa cominciò ad essere insufficiente a contenere i fedeli che la domenica andavano a Messa e che nei giorni feriali facevano ressa al suo confessionale. Molti arrivavano anche da lontano, attratti dalla fama della sua vita esemplare, dal grande rigore che usava con se stesso e con gli altri.

Le sue prediche, anche se non dotte, riuscivano a scuotere gli ascoltatori inducendoli alla penitenza e al cambiamento di vita.

Egli insisteva molto su tre aspetti della vita scristianizzata del suo tempo: lottare contro il lavoro nei giorni festivi e contro l’abitudine della bestemmia, lottare contro le bettole dove ci si ubriacava (addossate alla chiesa ce n’erano ben quattro), lottare contro il ballo, considerato da lui come opera diabolica perché veicolo di disonestà.

Sebbene fosse tanto severo, la sua bontà e la generosità non avevano limiti. Non possedeva che i vestiti che indossava, ma se incontrava un disgraziato che aveva le scarpe più logore delle sue, proponeva subito il cambio; una volta cambiò persino i calzoni.

Ad Ars e dintorni il diavolo (Grappino, come lui lo chiamava) non ebbe più un cliente, e per tale motivo ( così raccontano i primi biografi), il povero prete non ebbe più pace né di giorno né di notte. Nonostante stremato da queste incessanti battaglie e tormentato dalle lacerazioni interiori che gli procurava il suo desiderio di perfezione, il santo curato riusciva a reggere dodici o quattordici ore al giorno al confessionale, che lo stremavano interiormente e fisicamente.

Un giorno, per sottrarsi all’assillo della folla, e ancora convalescente da una brutta malattia che lo aveva ridotto in fin di vita, fuggì da Ars e si rifugiò nel suo paese natale. Ma dovette fare ritorno alla parrocchia, dimenticare i propri crucci e accettare di essere prigioniero della sua chiesa e del suo confessionale.

Giovanni Vianney creò due confraternite, quella del Rosario per le donne e quella del Santissimo Sacramento per gli uomini.

Morì di esaurimento il 4 Agosto del 1859 a 73 anni. Pio XI lo iscrisse nell’albo dei santi nel 1925 e nel 1929 lo proclamò patrono dei parroci.