Sant’Alfonso
Maria de' Liguori
(La
Chiesa ne fa memoria obbligatoria il 1 Agosto)
Alfonso
Maria nacque a Marianella (Napoli) da nobile famiglia il 27
settembre 1696, fu eclettico compositore e studioso. A soli 17 anni si
laureò in diritto civile e canonico.
Fino
all’età di trent’anni si dedicò con successo alla
musica, alle scienze, alle lingue e soprattutto allo studio del diritto,
intraprendendo una brillante carriera forense dalla
quale, un semplice “caso giudiziario”, lo fece improvvisamente retrocedere.
Accadde
che, dopo il fallimento nella difesa in un processo importante tra il duca Orsini e il granduca di Toscana (a causa di un documento
che annullava qualsiasi difesa argomentativa),
Alfonso abbandonò l’avvocatura (1723) rifiutando ogni
proposta di matrimonio e di vita mondana. Scelse invece un impegno diverso e più sicuro per la sua
vita futura, entrando nella vita sacerdotale a 30 anni, nel 1726.
Si
dedicò subito alla formazione di missionari per la Cina
in un seminario fondato a Napoli, prodigandosi anche per i malati nell’epidemia
che colpì Napoli nel 1729 e predicando le missioni ai poveri della città. Ma il vescovo di Castellammare di Stabia,
Tommaso Falcoia, lo chiamò a predicare le missioni ai
poveri abbandonati delle campagne; una religiosa di un convento (M.C. Crostarosa) gli rivelò i disegni di Dio su di lui per la
fondazione di un nuovo istituto.
La
fondazione della sua Congregazione (1732) incontrò subito difficoltà per la
definizione di alcuni membri; ma Alfonso, pur tacciato
dal pulpito di ambizione, si dedicò alla formazione dei suoi membri, imponendo
i voti nel 1740 e facendo la professione religiosa. Eletto Rettore maggiore
dell’Istituto nel 1743, sollecitò il riconoscimento ufficiale del Re di Napoli,
il cui ministro Tanucci rifiutò l’approvazione del
decreto.
Il
nuovo Istituto del Santissimo Redentore venne
approvato nel 1749 da papa Benedetto XIV e si espanse oltre i confini italiani
per merito di san Clemente Hofbauer.
In
ogni caso continuò a dedicarsi agli studi di teologia morale. Le sue opere di
meditazione, di ascetica e di teologia fanno ancora
testo e, tra tutte, va ricordata la Theologia moralis che rappresentò fino all’inizio del nostro secolo
un sicuro punto di riferimento nella formazione religiosa del clero.
Nella
predicazione egli approfondì la meditazione sull’amore divino, sulla passione
di Cristo e sul mistero della morte e resurrezione, e scrisse numerose
meditazioni sulla Vergine, raccolte nel testo Le glorie di Maria.
Per
volere del papa Clemente XIII, nel 1762 venne
consacrato vescovo della diocesi di Sant’Agata dei
Goti, che resse per tredici anni finché, colpito da gotta e quasi cieco,
preferì ritirarsi nella casa dei suoi confratelli a Nocera
de’ Pagani. Lì visse in ritiro e nell’intensa
preghiera fino a 91 anni. Nel 1839, a nemmeno un secolo dalla morte avvenuta a Nocera il 1 agosto del 1787, Alfonso venne
canonizzato. Venne invece dichiarato dottore della
Chiesa e protettore dei confessori e dei teologi morali nel 1871.
Ancora
oggi la Chiesa lo ricorda per il dono
che Dio fa di modelli sempre nuovi per la vita cristiana. Non dovette essere
semplice per Alfonso opporsi al pessimismo religioso e al rigorismo giansenista
del suo tempo. A tale clima egli oppose il suo grande
principio espresso dal motto «copiosa apud Deum redemptio»,
cioé: una immensa fiducia nella misericordia
redentrice di Dio che dissolveva il sistema puritano del giansenismo,
proponendo il metodo del probabilismo moderato nella sua Theologia moralis.
La
grande facilità della parola che infiammò Alfonso
nella evangelizzazione delle campagne, come pure la sua capacità poetica e nusicale (a lui si deve il canto Tu scendi dalle stelle),
gli permisero di diffondere le canzoncine spirituali tanto amate dal popolo,
nonché le sue varie opere ascetiche. Particolarmente conosciuta è La pratica di amare Gesù Cristo, un classico della vita spirituale che
ha avuto ben 516 edizioni.