San Calogero

Non si sa con precisione il luogo di nascita di san Calogero. Secondo alcuni è nato a Cartagine (Karchedones), altri dicono a Calcedonia (Calchedones) tra il V° o VI° secolo, e di lui non si conoscono i trascorsi giovanili, ma di sicuro ebbe un'ottima istruzione di base che lo aiutò ad accrescere le sue conoscenze, con risultati eccellenti, nello studio della Bibbia, della medicina, della botanica e di altre scienze naturali. Il suo nome viene da Kalòs Gheron e significa "bel vecchio". Per tradizione è stato quasi sempre raffigurato con la pelle scura, non perché ritenuto africano, bensì perché si crede che una volta scese all’inferno per relegarvi alcuni spiriti maligni che infastidivano gli uomini: lì si tinse di fuliggine.

Chiamato ben presto da nostro Signore per un suo preciso progetto fu affascinato dalla vita degli eremiti e si senti preso da quella solitudine piena di spirito di contemplazione , di penitenza e di serenità evangelica.

A seguito delle invasioni dei vandali-ariani, coincidenti in un periodo di persecuzioni cattoliche, maturò, con altri fratelli, l'idea di portare in altri lidi più benevoli la parola di Dio e così si imbarcarono e vennero in Sicilia. Pare che Calogero avesse ottenuto il permesso di vivere nell’isola di Sicilia proprio dal Papa. Così, dopo una sosta alle isole Eolie, scelse come dimora definitiva una grotta sul monte Gemmariaro o Giummare (o anche Kronio), a ridosso di Sciacca.

Anche in questi posti non si viveva una esistenza tranquilla, infatti, Gregorio e Demetrio furono martirizzati e Calogero si ritiro in una grotta nelle cui vicinanze altri si rifugiarono e seguirono il nostro Santo nell'inserimento e la predicazione presso le popolazioni locali, ben presto altri si affiancarono ai monaci votandosi alla predicazione.

Ad imitazione del Cristo anche Calogero, pian piano, allargò gli orizzonti della sua azione pastorale e, sotto al guida di Dio, si spostava di contrada in contrada per predicare.

Calogero e i suoi confratelli fecero tanto bene al popolo; si curavano dello spirito attraverso la predicazione e del corpo, mediante l'arte medica.

Altra tenera tradizione ricorda come il Santo, durante la peste che imperversava nella città di Agrigento, con l'aiuto dei suoi monaci allestirono un lazzaretto dove curavano e accudivano i malati.

Quando venivano a mancare gli alimenti il Santo andava in città a mendicare per sfamare i bisognosi e mentre girava per le strade supplicava i sani d'avere pietà per gli ammalati e così le imposte si aprivano e, sul mantello aperto del Santo, piovevano pane e generi di conforto.

A Sciacca si racconta che un cacciatore di nome Arcario, durante una battuta di caccia, ferì una cerva che il Signore gli aveva mandato per sfamarlo col suo latte ( era già avanzato in età). La inseguì e giunse in una grotta del monte Giummare, dove Calogero viveva da eremita. Quando vide la cerva morta promise all’eremita di portargli per molto tempo il vitto. In cambio Calogero svelò ad Arcario il segreto delle famose stufe del monte e le virtù terapeutiche delle loro acque e dei vapori.

Pare che fu proprio Arcario a trovarlo morto il 18 Giugno ai piedi di un altare della grotta e si preoccupò di seppellirlo.

Poco prima che gli arabi conquistassero le terre di Sciacca le sue ossa furono trsaslate nel convento fortezza di San Filippo di Fragalà, nella Diocesi di Messina (oggi Frazzanò in Diocesi di Patti), assieme agli Inni che un certo Sergio, monaco del Satuario, aveva scritto in suo onore verso la fine del sec. IX.

San Calogero è considerato dagli agiografi guaritori dei bambini affetti di ernia, esorcista, protettore dei contadini e del raccolto estivo