Jean Vanier

(fondatore dell’Arca)

 

Jean Vanier, è nato nel 1928 e ha lasciato la marina canadese nel 1950 per studiare filosofia e vivere in una comunità cristiana vicino Parigi. Ottenuto il dottorato in filosofia ha insegnato all’università di Toronto.

Nel 1964 ha avviato la Comunità dell’Arca (Arche) accogliendo due persone handicappate mentali adulte in un piccolo “focolare". «Quando sono venuto a Trosly-Breuil, questo piccolo villaggio a nord di Parigi (racconta Vanier), ho raccolto Raphael e Philippe. Li ho invitati a venire con me a causa di Gesù e del Vangelo. E' così che l'Arca fu fondata. Tirandoli fuori da un asilo, sapevo che era per tutta la vita [...] Il mio scopo, creando l'Arca, era di fondare una famiglia, una comunità per e con quelli che sono deboli e poveri a causa di un handicap mentale e che si sentono soli e abbandonati».

La Comunità si è sviluppata, altri “focolari” dell’Arca sono stati aperti in numerosi paesi: Canada, Stati Uniti, Belgio, Danimarca, Norvegia, Italia…. Lo scopo dell’Arca è di creare “focolari” di vita, dove persone handicappate e “assistenti” condividono gioie e pene in una vita ispirata alla carta delle beatitudini.

Secondo Vanier siamo discepoli di Gesù per essere a nostra volta mangiati.

Lui racconta: «Ho avuto in Israele un'esperienza molto commovente con alcuni membri dell' “Arche”, handicappati, con i loro assistenti. Le montagne e le colline compongono un paesaggio che Gesù stesso ha visto e percorso. Ma allo stesso tempo ho provato tanta sofferenza in visita alla grande basilica di Nazareth, dove i guardiani ci dicevano di procedere in fretta. Dov'è Gesù oggi? Il Gesù che i nostri cuori cercano? Nazareth presenta due luoghi significativi: la piccola cappella dove Charles de Foucauld trascorse molto tempo (è misterioso questo Dio povero e nascosto in un tabernacolo) e Malgià, vicino a Betania, un centro di accoglienza per handicappati: bambini, uomini e donne, tra cui una bellissima donna di 30 anni che non sapevano dove mettere. Lì abbiamo trovato Gesù, un Gesù che piange, che grida e chiede amore nascosto nel povero. Noto una paura latente di Dio. Chiedo a volte agli accompagnatori se pregano. Si guardano i piedi. Se non pregano non è certo per un problema di tempo. Sono persone oneste, temono che Dio chieda qualcosa a livello interiore. Ma da dove viene questa paura di Dio? Noto anche un profondo senso di colpa, per esempio in una donna che non sa amare il marito. Ci dimentichiamo chi sia questo Gesù».

 

Il Dio nascosto

E racconta ancora di un bambino di 11 anni, con handicap mentale, alla bellissima liturgia della sua prima comunione. A conclusione della celebrazione lo zio del bambino dice alla madre: «Peccato non abbia capito niente». Il bambino risponde: «Non ti preoccupare, mamma! Gesù mi ama così come sono». Noi invece siamo soliti credere che Gesù ci ama se siamo bravi. Vi sono handicap visibili, ma ve ne sono tanti interiori: difficoltà a perdonare, volontà di potere, etc. Siamo due volte poveri.

Dio è nascosto nel tabernacolo. La Tenda del Convegno di Israele nel deserto significava che Dio era con il popolo, con le sue povertà, le tende, il caldo, la carenza di acqua per 40 anni. Era forte il sentimento della dimora di Dio, luogo dell'incontro, segno che proteggeva e guidava il popolo. Anche noi poveri attraversiamo momenti difficili, sensi di colpa. Siamo amati da Dio? Ci è difficile vivere il vangelo. Tutti viviamo la stessa difficoltà fondamentale, quella di amare. Abbiamo i cuori chiusi a chiave. Ed ecco, questo cuore si nasconde a un Dio che vuol essere mangiato. In Gv 6 tutti se ne vanno. Gesù è un grande taumaturgo, ma alla fine? Non sono coloro che vogliono uccidere Gesù ad andarsene, ma i discepoli. Vedo le lacrime negli occhi di Gesù. È qui che egli rivela un segreto: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna». Che vulnerabilità! Secondo san Tommaso l'amicizia è dimorare l'uno nell'altro. L'amicizia è vulnerabilità. In Gesù Dio si fa vulnerabile, nascosto, mangiabile: mi-stero dell'incarnazione, mistero dell'Eucaristia.

Non è solo un momento di grazia, ma segno dell'amicizia: entro con Gesù in rapporto d'amicizia perché mi dica cosa fare, cosa dire, mi aiuti ad essere uomo che ama in ogni momento. La fede è vedere il mondo, l'universo, la chiesa come Dio li vede. È trasformazione degli occhi.

Rivelando il volto di Gesù ai poveri scopro il volto di Gesù nel povero, oggi che ci chiede di restare in piedi accanto ai poveri.

Jean Vanire.