La danza dell’obbedienza  

 

È il 4 luglio.

Tutti si apprestano a danzare.

Dappertutto il mondo, dopo anni dopo mesi, danza.

Ondate di guerra, ondate di ballo.

 

C’è proprio molto rumore.

La gente seria è a letto.

I religiosi dicono il mattutino di sant’Enrico, re.

Ed io penso

All’altro re.

Al re David che danzava davanti all’Arca.

 

Perché ci sono molti santi che non amano danzare,

ce ne sono molti altri che hanno avuto bisogno di danzare,

Tanto erano felici di vivere:

Santa Teresa con le sue nacchere,

San Giovanni della Croce con un bambino Gesù tra le braccia,

E San Francesco, davanti al papa.

Se noi fossimo contenti di te, Signore,

Non potremmo resistere

A questo bisogno di danzare che irrompe nel mondo,

E indovineremmo facilmente

Quale danza Ti piace farci danzare

Facendo i passi che la tua Provvidenza ha segnato

 

Perché io penso che tu forse ne abbia abbastanza

Della gente che, sempre, parla di servirti col piglio da condottiero,

Di conoscerti con aria da professore,

Di raggiungerti con regole sportive,

Di amarti come si ama una matrimonio invecchiato.

 

Un giorno in cui avevi voglia d’altro

Hai inventato San Francesco,

E ne hai fatto il tuo giullare.

Lascia che noi inventiamo qualcosa

Per essere gente allegra che danza la propria vita con te.

 

Per essere un buon danzatore, con te come con tutti,

Non occorre sapere dove la danza conduce.

Basta seguire,

Essere gioioso,

Essere leggero,

E soprattutto non essere rigido.

Non occorre chiederti spiegazioni

Sui passi che ti piace segnare.

Bisogna essere come un prolungamento,

Vivo ed agile, di te.

E ricevere da te la trasmissione del ritmo che l’orchestra scandisce.

 

Non bisogna volere avanzare a tutti i costi,

Ma accettare di tornare indietro, di andare di fianco.

Bisogna saper fermarsi e saper scivolare invece di camminare.

Ma non sarebbero che passi da stupidi

Se la musica non ne facesse un’armonia.

 

Ma noi dimentichiamo la musica del tuo spirito.

E facciamo della nostra vita un esercizio di ginnastica:

Dimentichiamo che fra le tue braccia la vita è danza,

Che la tua Santa Volontà

È di una inconcepibile fantasia,

E che non ch’è monotonia e noia

Se non per le anime vecchie,

Tappezzeria

Nel ballo di gioia è il tuo amore.

 

Signore, vieni ad invitarci.

Siamo pronti a danzarti questa corsa che dobbiamo fare,

Questi conti, il pranzo da preparare, questa veglia in cui avremo sonno

Siamo pronti a danzarti la danza del lavoro,

Quella del caldo, e quella del freddo, più tardi.

Se certe melodie sono spesso in minore, non ti diremo

Che sono tristi;

Se altre ci fanno un poco ansimare, non ti diremo

Che sono logoranti.

E se qualcuno per strada ci urta, gli sorrideremo:

Anche questo è danza.

 

Signore, insegnaci il posto

Che tiene, nel romanzo eterno

Avviato fra te e noi,

Il ballo della nostra obbedienza.

Rivelaci la grande orchestra dei tuoi disegni:

In essa, quel che tu permetti

Dà suoni strani

Nella serenità di quel che tu vuoi.

Insegnaci a indossare ogni giorno

La nostra condizione umana

Come un vestito da ballo, che ci farà amare di te

Tutti i particolari. Come indispensabili gioielli.

 

Facci vivere la nostra vita,

Non come un giuoco di scacchi dove tutto è calcolato,

Non come una partita dove tutto è difficile,

Non come un teorema che rompa il capo,

Ma come una festa senza fine dove il tuo incontro si rinnovella.

 

Come un ballo,

Come una danza,

Fra le braccia della tua grazia,

Nella musica che riempie l’universo d’amore.

 

Signore, vieni ad invitarci.

 

M. Delbrel