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La prima
testimonianza della presenza di una "ecclesia" dedicata a S. Biagio, appare in
un documento del 1490 relativo alla
fondazione di una chiesa dedicata a S. Maria Vergine e a S. Lucia nel castello di
proprietà della famiglia Bentivoglio con il quale "i signori ed i massari del
Castello e del territorio di Monguzzo si obbligano di pagare in perpetuo al Parroco di S.
Biagio la decima di tutti i frutti, vino, grano ...e 9
lire imperiali" (1). In precedenza, sia nel Liber notitiae sanctorum 1289
che nella Notitia cleri mediolanensis de anno 1398
(3), non si fa alcun riferimento ad una chiesa dedicata a S. Biagio presente nel
territorio di Monguzzo. In particolare Goffredo da Bussero ci informa che alle dipendenze
della chiesa milanese esistono solo ventotto chiese dedicate al Santo,di cui tre nella
sola Pieve di Incino , a cui vanno aggiunti venticinque altari: "de Sancto Blasio
sunt ecclesie XXVIIII et altaria XXV, et festivitates III, XV die februarij est translatio
Sancti Blaxii...in loco Corneno, ecclesia Sancti Blaxii cum Sancto Georgio, de Inzino.
Item in loco Suello ecclesia Sancti Quirici et Blassii. Item in loco Parzano, plebis de
Inzino" (4). Il limitato numero delle chiese dedicate a S. Biagio è sicuramente
imputabile al fatto che la devozione al Santo assume carattere popolare in Occidente, solo
a partire dal XII secolo e che le prime immagini a noi pervenuteci, risalgono al IX secolo
e sono conservate nella chiesa inferiore di S. Clemente a Roma (5). A partire dal 1527
fino al 1531
Monguzzo e il suo castello divennero proprietà di Gian Giacomo de Medici detto
"Il Medeghino", astuto ed audace nonchè temuto capitano di ventura (6).
Dopo un lungo assedio da parte delle
truppe sforzesche il castello ritornò in possesso dei Bentivoglio, ma la presenza delle
truppe e gli aspri combattimenti fra le parti, lasciarono profonde ferite fra gli abitanti
e nel territorio di Monguzzo. Non venne risparmiata nemmeno la nostra parrocchiale se è vero
che nel 1560 Monsignor Castelli, visitatore
regionale alla Pieve di Incino, dava disposizioni in merito al restauro della chiesa di S.
Biagio sotto minaccia dell'interdetto della stessa. Tali disposizioni non furono del resto
attuate se, a sei anni di distanza e precisamente il 12 ottobre 1566, Monsignore G.F. Sormani
doveva registrare la
inadeguatezza del battistero, il cattivo stato dell'altare laterale dedicato a Santa Maria
con il conseguente divieto di celebrare la Santa Messa, lo stato precario del pavimento e
dell'annesso cimitero e, circostanza ancor più grave, la mancanza del Sacramento e la non
residenza del parroco Nicola de Giudice: "MDLXVI die sabbati duodecimo octobris
visitata fuit ecclesia Sancti Blasii que est sita in vineis sitis interlocum Mongutii et
Nobile cuius Rector est dominus presbiter Nicolaus de Iudicibus qui non residet continuato
tempore sed habitat Galliani" (7). Lo stesso visitatore ingiungeva al rettore di
risiedere presso la parrocchia sotto pena della sospensione dei benefici e .con l'obbligo
di restaurare l'altare ed il pavimento e di tenere "Sanctissima Eucharestia decenter
cum lampade acceso" (8). Il 23 aprile del 1574 S. Biagio fu oggetto della visita
pastorale dell'allora Arcivescovo di Milano San Carlo Borromeo che, giunto a Monguzzo, fu
ricevuto dal vice-parroco Santino de Giudici (9). Interro ato successivamente il parroco
Nicola De Giudici circa lo stato spirituale ella parrocchia, questi dichiarò che, nel
territorio a lui soggetto, non vi erano casi di "inconfessi, concubinarii, usuraii,
suspecti de heresi vel superstitiosi, blasfematores, lusores (giocatori d'azzardo) o casi
evidenti di inimicizie" (10).
Lo stesso De
Giudici dichiarò inoltre che nella sua parrocchia si teneva la Scuola di dottrina
cristiana e che questa risultava sufficientemente frequentata. Il 19 giugno dello stesso
anno il Cardinale Carlo Borromeo, a seguito della sua visita pastorale, emanava alcune
disposizioni con le quali cercava di porre rimedio ad una serie di mancanze rilevate nella
conduzione e nella gestione della parrocchia: "si faccia far un uscio che entra in
casa del curato che non esca sul sacrato...da cui il curato possa avvalersene per entrare
in casa sua senza haver ogni volta passare per la chiesa ...All'altar grande si proveda di
pietra sacrata... Si faccia la stamegna alla finestra del detto altare. Sopra di essa si
metta la crata di ferro. Si provveda d'un vaso per 1'aqua santa che sia decente
...Procurino li homini di far col tempo una sacristia che sia più attacata alla casa del
curato che sia possibile per la sicurezza" (11). Di particolare importanza risulta la
visita pastorale dell'anno 1615 ad opera
dell'allora Cardinale Federico Borromeo. Questi, con decreto datato 12 giugno 1618,
confermando le
disposizioni emanate dal visitatore regionale Alessandro Maggiolino, affidava al parroco
di Monguzzo la cura delle anime di Lambrugo e di quanti, sempre nello stesso territorio,
risiedevano al di quà del Lambro (12). Nel 1656 segue la visita
del Cardinale Federico Visconti il quale ci offre una interessante descrizione della
chiesa ed in particolare del suo interno. Questa risultava ad una sola navata lunga
ventotto braccia e larga otto e presentava tre altari. Presso l'altare maggiore vi era un
tabernacolo in legno d'orato in cui era contenuta la Santissima Eucarestia. I rimanenti
due altari laterali erano dedicati rispettivamente a S. Antonio Abate e alla Madonna del
Santo Rosario. Presso quest'ultimo il 25 >luglio del 1608 era stata
canonicamente consacrata e costituita la Confraternita del Santissimo Rosario. Nella
chiesa non erano venerate sacre reliquie, mentre le suppellettili sacre erano sufficienti
per il decoro della stessa (13). Da un
successivo documento relativo allo stato amministrativo e parrocchiale della pieve di
Incino databile al XVIII secolo e molto probabilmente al 1762, anno della
visita pastorale del Cardinale Pozzobonelli, emerge,con una certa organicità, quella che
era la realtà ecclesiale di Monguzzo. Il Parroco di S. Biagio doveva provvedere alla cura
delle anime residenti in due diversi comuni: Monguzzo e Nobbero (14).
Questa
suddivisione della parrocchia era causa di continue divergenze riguardanti
l'amministrazione delle entrate della Chiesa fra i due comuni, tanto che nel documento si
proponeva la nomina di "due Priori e di due Vicepriori, gli uni di un comune e gli
altri dell'altro, regolando un anno per ciascheduno Priore e vicenda la chiesa nelle cose
ordinarie, e nelle straordinarie dovessero convenire insieme per il comune consenso non
omesso il Paroco" (15). La chiesa, del
resto, aveva ochissime entrate, consistenti nel ricavato dell'affitto di una piccola casa
e nere oblazioni dei fedeli per un totale di L. circa 700. Il Parroco possedeva inoltre di
sua congrua proprietà 156 pertiche di
terra coltivata che con la decima di Monguzzo davano un reddito totale annuo di L. 1.100.
Sempre nel
medesimo si fa riferimento all'oratorio di Santa Lucia presso il quale il parroco, venendo
incontro alle esigenze della popolazione, officiava periodicamente "in qualche
domenica di ciascun mese la Santa Messa". L'oratorio apparteneva in quegli anni al
Marchese De Rosales e costituiva un sicuro e comodo punto di riferimento per la
popolazione che risiedeva attorno al castello e che si trovava quindi ad una certa
distanza da S. Biagio.
Ambedue le chiese
erano comparrocchiali ed il parroco, non senza controversie, era solito celebrare alla
prima e terza domenica del mese a S. Biagio, mentre a Santa Lucia la seconda e la quarta,
con l'aggiunta di due giorni feriali, per la qual prestazione fin dal 1552 le famiglie di
Monguzzo e i proprietari del Castello si erano impegnati a versare una serie di oblazioni
e contributi (16). Le polemiche
tra i proprietari del castello ed il Parroco non mancarono, tanto è vero che nel 1686
risulta che lo
stesso non soggiaceva agli obblighi contratti, ma che celebrava presso la suddetta
cappella solo qualche volta al mese, per devozione (17). Nel 1898, con l'erezione
della nuova chiesa parrocchiale su disegni dell'architetto Moralia, si giunse alla
definitiva risoluzione della vertenza.
La chiesa infatti,
alla cui costruzione concorsero sia il conte Mondolfo che il comune, si trovava in
posizione privilegiata sia per gli abitanti di Nobile che per quelli di Monguzzo (18).
La nuova
costruzione sempre intitolata a S. Biagio, venne eretta parrocchiale il 19 ottobre 1889
con decreto di Monsignor Arcivescovo Calabiana, e consacrata il 15 ottobre 1898
dal Cardinal Ferrari (19). Quella che era
stata l'antica parrocchiale, venne trasformata nell'attuale Santuario della Madonna di
Lourdes su iniziativa del locale parroco don Pietro Colombo ed inaugurata il 12
settembre del 1902 dallo stesso Cardinal Ferrari (20).
La grotta
fatta costruire all'interno del Santuario su modello di quella di Lourdes, è sicuramente
fra le meglio riuscite e decorose presenti in Brianza, ed è circondata dalla venerazione
delle popolazioni vicine, nonchè lontane che la fanno meta di visite e di pellegrinaggi.
Riferimenti
1) Il castello di Monguzzo, ricerche storiche, cit. p.103. -
V. Meroni, La Pieve di Incino o mandamento di Erba, Milano
1902, Vol. III, p.204.
2) Liber notitiae sanctorum mediolani, cit.
3) Notitia cleri mediolanensis de anno 1398, cit.
4) Liber notitiae sanctorum mediolani, cit.
5) Bibliotheca sanctorum, Vol. III. - P. Manns, I
Santi dagli apostoli al primo medioevo, Milano 1987.
6) "Gian Jacopo Medici nacque in Milano nell'anno 1495 da Bernardo e Cecilia
Serbelloni. Giacomo era il maggiore di tredici figli, tra i quali Giovanangelo, che fu poi
Pontefice col nome di Pio IV. Una delle sorelle, Margherita, fu sposa al Conte Gilberto
Borromeo, padre di San Carlo". Il castello di
Monguzzo, ricerche storiche, cit.
7) 1566, ottobre 12. Atti visita di Monsignor G.F. Sormani a
Monguzzo, in A.S.A., Visite pastorali, Vol.II, sez. 10.
8) Ibidem.
9) 1574, aprile 23. Atti visita del cardinal Carlo Borromeo a
Monguzzo, in A.S.A., Visite pastorali, Vol. II, sez. 10.
10) Ibidem.
11) 1574, giugno 19. Decreti atti visita cardinal Carlo Borromeo a
Monguzzo, in A. S. A., Visite pastorali, Vol. II, sez. 11.
12) 1618, giugno 12. Decreti del cardinal Federico Borromeo in
seguito alla visita fatta alla pieve di Incino, in A.S.A., Visite pastorali, Vol. II, sez.
LVII.
13) Ibidem.
14) "Essendo la Parochia formata da due
diversi Comuni anche potenti, nascono delle alterazioni tra gli uni e gli altri per
riguardo alla amministrazione delle entrate della Chiesa", Sec. XVIII. Stato
amministrativo e pastorale delle parrocchie della pieve di Incino, compilato per un
riordinamento territoriale, in A.S.A., Visite pastorali, Vol.II, sez. LXVI.
15) Ibidem.
16) La pieve di Incino o mandamento di Erba, cit., p. 204.
17) Il castello di Monguzzo, ricerche storiche, cit., p. 104-105.
18) La Pieve di Incino o mandamento di Erba, cit. p. 206.
19) La pieve di Incino o mandamento di Erba, cit., p. 206-207.
20) Ibidem.
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LA LEGENDA ED IL CULTO DI S. BIAGIO
Secondo la passio tradizionale fino a noi giunta, Biagio era
nativo dell'Armenia e conduceva una vita a tal punto esemplare che i cristiani di Sebaste
lo scelsero come vescovo. In un secondo momento Biagio si ritirò sui monti da dove,
protetto da leoni, tigri, orsi e lupi da lui guariti con il segno di croce, guidava con
saggezza e spirito cristiano la comunità affidatagli. In quegli stessi anni, purtroppo,
ripresero le persecuzioni contro i cristiani e ben presto gli armati del locale
governatore romano, un certo Agricola, riuscirono, grazie alle rivelazioni di alcuni
cacciatori, ad individuare la grotta del Santo. Biagio, una volta scoperto, non oppose la
ben che minima resistenza e si fece condurre di fronte ad Agricola. Cui il magistrato
romano gli intimò più volte di abiurare la fede cristiana, senza ottenere alcun
risultato. Biagio, a questo punto,venne flagellato e portato in carcere dove, visitato da
molti uomini bisognosi di aiuto, non cessò di compiere quelle guarigioni e quei miracoli
di cui parla la legenda.
Si narra infatti che a lui si rivolse un giorno una madre il
cui figlio, dopo aver ingoiato una lisca di pesce, stava per morire soffocato. Il Santo,
rispondendo alle suppliche della madre, benedisse il giovane che da quel momento riprese
energie e vigore. Tra gli altri miracoli compiuti dal Santo, merita particolare attenzione
quello della vedova a cui un lupo aveva sottratto un maialino. Il Santo ordinò al feroce
animale di restituire alla donna il mal tolto e questa, in segno di riconoscenza, portò
dei cibi e delle candele al Santo che in cambio associò la sua particolare benedizione al
rinnovamento annuale dell'offerta delle candele dicendole: "Offri ogni anno una
candela alla chiesa che sarà innalzata al mio nome ed avrai molto bene e nulla ti
mancherà". Biagio subì successivamente la decapitazione non senza aver dato prova e
testimonianza della propria fede.
Il suo culto,
sebbene non si sia affermato immediadamente dopo la morte, risulta tra i più diffusi sia
in Oriente, a partire dal VI secolo, che, in epoca più tarda, in Occidente dove a partire
dal IL secolo troviamo le prime testimonianze iconografiche come quella già citata della
chiesa inferiore di S. Clemente a Roma. La festa del Santo è celebrata nella tradizione
orientale 1'11 febbraio, mentre in quella occidentale il 3 o il 15 dello stesso mese. Il
culto di S. Biagio nei paesi europei ed in particolar modo in Italia, presenta due aspetti
di cui il primo ispirato ad episodi della vita del Santo ed il secondo ad aspetti della
vita agreste. Per quanto concerne il primo aspetto, il rito più importante e diffuso è
quello legato all'opera di taumaturgo per le malattie della gola che trae origine dal
miracolo della spina di pesce. Sempre alla stessa origine è legata l'usanza di benedire
i fedeli con l'imposizione delle candele incrociate o quella di distribuire speciali
piccoli pani in occasione della Sua festa. A Milano, come del resto ormai in gran parte
della Lombardia, è usanza conservare dal giorno di Natale una fetta di "panettone da
consumare a colazione nel giorno di S. Biagio per prevenire le malattie della gola. Il
Santo è inoltre ricordato come protettore degli animali sia in ricordo del miracolo del
maialino, sia per la sua spiccata dimestichezza con gli esseri creati. In Germania ad
esempio si dava l'acqua di S. Biagio al pollame affinchè non fosse sgozzato dalle volpi,
mentre in Sicilia al bestiame viene posto un laccio dopo averlo passato attorno al collo
della statua. Legata al secondo aspetto della venerazione e del culto del Santo, è
l'usanza di portare in chiesa un pugno di cereali che, benedetti, vengono a loro volta
mischiati con quelli da semina al fine di assicurare un buon raccolto dei campi.
Quest'ultima usanza, per il particolare periodo dell'anno in cui si celebra la festa del
Santo, è considerata da alcuni studiosi come sopravvivenza di un'antica manifestazione
religiosa pagana ancora presente ai tempi della diffusione del culto di S. Biagio, nelle
campagne europee.
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