
La mostra attualmente in programma al MART (Museo di Arte contemporanea di Rovereto e Trento) ci offre l'occasione di fare alcune riflessioni sul contrasto che c'è tra una buona mostra e un discutibile argomento. La mostra ha per titolo “Schiele, Klimt, Kokoschka e gli amici viennesi”.
Schiele (pron. Scìle) e Kokoschka sono pittori che fanno parte dell'Espressionismo austriaco: sono cioè esponenti del mondo artistico di Vienna nel difficile periodo del declino, dal 1908 al 1918, con l'ingresso nella I Guerra Mondiale e la fine dell'Impero.
La mostra inizia con i due manifesti della Secessione viennese e alcune opere del migliore Klimt, come una parte del fregio di Beethoven (è una copia) e la Giuditta I. È una stupenda rievocazione del sogno dei secessionisti di inizio ‘900: ideare l'Arte delle arti, l'arte globale, una unica Arte che comprendesse le varie esperienze considerate separate fino a quel momento: pittura, musica, oreficeria, teatro, scultura, decorazione di stoffe e carte da parati, architettura…
Poi, con un passaggio brusco, si passa a confrontare l'opera dell'allievo (Schiele) con quella del maestro (Klimt).
Si tratta di due quadri che raffigurano girasoli – tema ricco di evocazioni: i percorsi nella mente sono precisi e ben tracciati, così se dici “girasoli”, scatta subito “Van Gogh!”.
I girasoli di Klimt sono decorativi, eleganti, allegri, primaverili, mentre quelli di Schiele ci introducono al centro della esperienza Espressionista: sono appassiti, piatti, autunnali, presaghi di morte. La tecnica è sì quella di Van Gogh, ma è come ammalata nei colori e nelle speranze: persino nella speranza del sole, così chiara nella natura e nel nome del fiore raffigurato.
Che Schiele sia un grande artista è evidente dai suoi disegni e dai suoi quadri, ma è altrettanto evidente che sia un uomo malato, in una società piuttosto in crisi. In un momento storico tanto importante, egli non guarda mai alla società, alla storia, alla natura, con occhio curioso e indagatore; guarda solo dentro di sé, con l'ossessione malata priva della speranza nella salute; con una visione Egon-centrica (Egon è il nome di Schiele, mai nome fu più appropriato!)
Anche i ritratti ne sono la dimostrazione: uomini di cultura raffinata vengono raffigurati come fossero prosciugati nelle loro carni, ridotti ad ossa e vestiti, con enormi mani, ossute e agitate, a disagio in un luogo che è “nessun luogo”, perchè l'ambientazione spaziale è nulla; in un mondo che pare non appartenere loro.
Non possiamo certo pensare che una intera società fosse malata; piuttosto è Schiele che utilizza anche nei ritratti la pratica attuata nei girasoli: proietta negli altri ciò che è dentro di sé. (Chi disse che “la bellezza è negli occhi di chi guarda”?).
Già, gli occhi... Che occhi ho visto in quei quadri! Quelli magnetici dell'editore Kosmack, o quelli socchiusi e schivi del critico d'arte Rosseler. E che dire degli occhi ebeti e persi nel vuoto del direttore del Museo Belvedere, e di quelli della moglie del pittore, Edith Harms Schiele…
Non sappiamo spiegare esattamente cosa comunichi Schiele, se non il disagio che (come aveva scoperto Freud, proprio in quegli anni e proprio a Vienna) è dovuto all'angoscia insita dentro all'uomo, nell'inconscio; e quella mancanza di speranza, quella disperazione rassegnata che i seguaci di Nietzsche (come si dichiarano i secessionisti e gli espressionisti viennesi) si trascinano dietro per le loro stanche e livide giornate.
E tutte quelle centinaia di persone che ogni giorno si apprestano a visitare la mostra, lo capiranno?
Perché la mostra è particolarmente curata nella scelta delle (poche) opere e nell'allestimento: un percorso piacevole, ben leggibile, illuminazione adeguata, un book-shop ben fornito e ottimi servizi.
Tuttavia qualcosa pare sfuggire: proprio l'entità e il motivo dell'angoscia di questi artisti.
Le opere non parlano, l'audioguida lo ignora, il catalogo (30€) stranamente non spiega. Perché?
Dopo una lunga riflessione, io il motivo ce l'avrei: forse non c'è nulla, ma proprio nulla da spiegare! Che ne dite?
Prof.ssa Rita Tonelli
|