Morte - Gv 11,1-45

Diaconia


    «Gesù sperimenta l'angoscia di fronte alla perdita dell'amico e sperimenta il turbamento davanti alla sua stessa vita, che lui sta per perdere proprio per far vivere l'amico. Questo turbamento di fronte alla realtà della morte non è estraneo al cammino dell'uomo. Non è strano, se lo proviamo anche noi. Ma Gesù sta dalla nostra parte per condividere la nostra sofferenza e per sollecitarci alla fede. Dove l'uomo sperimenta la sua debolezza, lì la potenza di Dio diventa capace di manifestarsi. Nella croce di Cristo c'è la manifestazione della gloria di Dio. La risurrezione di Lazzaro è figura e anticipo della Pasqua ed è sorgente di speranza per noi: dove esiste la fede, la morte non è in grado di distruggere l'esistenza dell'uomo.
    La morte deve essere lì con tutto il suo corteo di angoscia e di orrore: il corpo ha già perso tutta la sua bellezza. Bisogna che ci sia questa condizione perché la potenza di Dio e la vita possano effettivamente manifestarsi. La fede è esattamente lo stesso: l'uomo può e deve raggiungere la vita mediante la fede e l'amore, ma la fede e l'amore sono una vera esperienza di morte. Nell'atto di fede c'è qualcosa che muore dolorosamente, anche con angoscia. Fede è arrendersi: è confessare con dolore e con sincerità la propria non autosufficienza, la fede è lasciarsi amare da Dio. E' vero che essere amati è un'esperienza gratificante, ma è altrettanto vero che accettare il primato dell'amore dell'altro non è facile, perché è un'esperienza che distrugge un po' della nostra autosufficienza. La fede in questo senso è una morte, ma da questa morte ci fa rinascere l'amore di Dio per noi».


WB01539_.gif (682 byte) prega questa parola

WB01539_.gif (682 byte) questa settimana WB01539_.gif (682 byte) dizionario della fede nell'oggi

WB01539_.gif (682 byte) pregare la parola