Pagani - Lc 2,22-40
Paolo Boschini
Il canto di Simeone, come gli altri due
inni - il "Benedetto" e il "Magnificat" - contenuti nel vangelo
dell'infanzia, è una delle espressioni più alte e originali della teologia e della
spiritualità di Luca. Egli mette sulle labbra di Simeone la sua cristologia. Gesù viene
indicato con tre titoli: salvezza, luce e gloria. Vorrei fermarmi con voi sul secondo, che
mi sembra quello più tipicamente lucano e anche quello che ha più cose da dirci in
questa eucaristia, con la quale inauguriamo il nostro cammino missionario tra le famiglie
della parrocchia.
Gesù è chiamato "luce delle genti". Nel linguaggio biblico,
le genti sono i gentili, cioè i pagani: quelli che non conoscono il Dio dell'Alleanza e
della Promessa; oppure, quelli che vivono come se Lui non ci fosse, perché sono
totalmente dediti al culto degli idoli. Gesù è venuto a "proclamare la vista ai
ciechi" (Lc 4,18). Per comprendere cosa questo significhi, proviamo a ripercorrere
alcuni brani in cui Luca mette al centro il tema della luce.
Il primo testo è sicuramente quello del "Benedetto", in cui
Zaccaria chiama il Messia "sole che sorge" e dice che "verrà a visitarci
dall'alto per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte"
(Lc 1,78-79). Non si tratta di una luce naturale, assimilabile a qualunque sapienza umana:
Gesù è un sole che viene da Dio e non dalla terra. La sua luce illumina e riscalda
tutti, i buoni e i cattivi, gli innocenti e i peccatori, perché con lui la misericordia
di Dio entra definitivamente nel mondo. In sottofondo, possiamo sentire l'eco di Is
9,1: "il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce". Ora nel
vangelo il popolo non è più Israele, ma la comunità cristiana, che si sta dilatando
fino ad abbracciare tutta l'umanità, perché Gesù è davvero "la salvezza preparata
da Dio davanti a tutti i popoli" (Lc 2,31).
Il secondo testo lucano è una parola rivolta ai discepoli, quindi
proprio a noi. "Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lampade accese" (Lc
12,35). I discepoli sono chiamati ad attendere il ritorno di Gesù, ma anche a partire per
fare molta strada (la cintura ai fianchi): la vita di ogni giorno e specialmente le
attrattive del mondo pagano in cui siamo stati posti, facilmente possono distogliere il
nostro cuore dal Signore, farci allontanare da Lui, senza che neanche ce ne accorgiamo. In
questo caso, Gesù è la luce degli ex-pagani: la sua parola è il baluardo che impedisce
ai discepoli di rimangiarsi la scelta di fede che hanno fatto. E' una luce che si diffonde
ai fratelli e li tiene svegli, attraverso il servizio compiuto in fedeltà alla volontà
del Signore.
La luce che è Gesù risplende in pienezza nel cuore del vangelo di
Luca. "Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, le donne si recarono al
sepolcro di Gesù..." (Lc 24,1). Tutto in quel mattino è luminoso e sfolgorante,
come le vesti dei due uomini che annunciano che Gesù è risuscitato. Ma anche nel giorno
della vittoria, la luce di Gesù si scontra con le tenebre dell'insipienza e
dell'incredulità. Gli undici non credono alla parola delle donne e pensano che esse
stiano vaneggiando. I due discepoli in cammino verso Emmaus sono così ciechi e depressi,
da non riuscire a riconoscere Gesù nel viandante che cammina al loro fianco. Ora sono i
discepoli ad essere diventati come i pagani. Ma la luce di Gesù risplende di nuovo
davanti ai loro occhi: "quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la
benedizione e lo diede loro" (Lc 24,30). Nell'eucaristia i discepoli passano dalle
tenebre alla luce, dall'incredulità alla fede, perché qui finalmente essi si accorgono
di essere già da sempre in compagnia di Gesù. A questo punto, la luce si diffonde con
una rapidità inaspettata. Ciò non è frutto dell'entusiasmo umano, ma è il riflesso
della presenza continua di Cristo in mezzo a loro. Cleopa e il suo amico tornano
"senza indugio" a Gerusalemme (Lc 24, 33). La strada percorsa stancamente
all'andata, perché avevano la tenebra nel cuore, ora è illuminata - anche se è già
scesa la sera - dall'incontro con Gesù Risorto e può essere percorsa speditamente, tutta
d'un fiato. Per chi esce dall'eucaristia non c'è più tenebra e la luce che è in lui si
comunica ai fratelli che incontra: così la luce del Risorto si diffonde da persona a
persona, incontro dopo incontro. Ma per i due di Emmaus le sorprese non sono finite:
raggiunti gli altri discepoli a Gerusalemme, scoprono che anche a Simone è apparso il
Signore; e mentre stanno condividendo la gioia dell'incontro con il Risorto, ecco che
Gesù appare a tutti (Lc 24,34-36). E' a questo punto che la luce di Gesù raggiunge la
sua pienezza e costituisce la chiesa: noi siamo una comunità fondata sulla luce. Ma la
storia non è finita. Gesù parla ai suoi finalmente riuniti e ancora una volta spiega
loro il significato della sua pasqua come compimento delle promesse di Dio. La luce del
Risorto è talmente forte che non può restare chiusa entro gli angusti confini del
vecchio Israele: "nel suo nome saranno predicati a tutti i pagani la conversione e il
perdono dei peccati" (Lc 24,47).
Scopriamo così che la natura profonda di questa luce è la
misericordia: la luce sorge quando il figlio lontano torna alla casa del padre per farsi
riabbracciare da lui (Lc 15,11-32); quando un peccatore piccolo piccolo si mette a tavola
con Gesù e qui scopre la grandezza dell'amore di Dio (Lc 19,1-10). "Di questo voi
siete testimoni" (Lc 24,48). Ora tocca a noi che abbiamo ricevuto il dono dello
Spirito proprio per diffondere fino agli estremi confini la luce di Gesù.
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