Discepolato - Mc 1,16-20

Paolo Boschini


    Marco racconta l’inizio del grande cammino che fa da spina dorsale al suo racconto. Tutto inizia con una parola che viene annunciata da Gesù: "il tempo è compiuto". L’evangelista non ci dice a chi è rivolta questa parola: ci dice solo che è predicata. Così egli ci vuole dire che si tratta di una pura e semplice azione di Dio, che comunque porta frutto (vi ricordate Is 55, 10-11, che abbiamo letto due domeniche fa?). Qualche pagina più avanti, Marco ci racconterà – unico tra gli evangelisti – la parabola del seme che cresce da solo, senza nessun intervento da parte dell’uomo (Mc 4,26-29). In quell’immagine Gesù non fa altro che spiegare quello che avviene quanto lui predica.
    L’annuncio di Gesù ha una seconda caratteristica decisiva: la sua è una parola itinerante. Il vangelo cammina, non sta mai fermo nello stesso posto. Oggi Gesù passa lungo la riva del mare di Galilea. Qualche giorno più avanti, Gesù vuole allontanarsi da Cafarnao, per predicare anche in altre città e villaggi della Galilea (Mc 1,38-39). Alla fine, il racconto di Marco si concluderà con un secondo epilogo, in cui i discepoli, dopo aver partecipato alla ascensione-glorificazione di Gesù, "partono e predicano dappertutto" (Mc 16,20). Anche qui, l’evangelista ci rinvia ad una delle grandi immagini usate da Gesù per raccontare il regno di Dio: la parabola del seminatore, in cui è forte la sottolineatura sull’abbondanza del seme e sulla varietà dei terreni in cui essa cade(Mc 4,1-9).
    Il racconto ha poi una seconda parte, che l’evangelista utilizza per farci capire qual è in concreto il frutto di questa parola predicata: essa ha effettivamente il potere di far cambiare la vita alle persone che la accolgono. La scena è scandita da 5 verbi e da altrettante sequenze. 1. Gesù passa, perché la parola di Dio è tanto libera, quanto vicina alla vita degli uomini. 2. Gesù vede Simone e Andrea: questa è forse la sequenza più importante. Lo sguardo di Gesù non è soltanto descrittivo, ma è tanto penetrante da essere invasivo. Come nel caso del ricco, è uno sguardo carico di amore, che suscita nella persona a cui si rivolge la capacità di dire di sì alla proposta che esce dalle labbra di Gesù (Mc 10,21). 3. I pescatori stanno facendo il loro mestiere. Infatti, chi è chiamato a seguire Gesù, fino ad un attimo prima, conduce una vita normale, si dedica alle occupazioni quotidiane, senza avvertire nessun senso di malessere o di inquietudine per quello che sta facendo. 4. Gesù li chiama, con una sola parola: "seguitemi", a cui fa seguito una spiegazione, che in realtà non dice granché di quello che i discepoli andranno a fare dicendogli di sì. "Vi farò pescatori di uomini" è una promessa che nell’impostazione e nel tono ricorda quella fatta da Dio ad Abramo: "Va’ verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo..." (Gen 12,1-2). Gesù chiede una risposta al buio, cioè un atto totale di fiducia da parte di questi ignari pescatori. Si impegna soltanto a sconvolgere la loro vita dando loro la possibilità di continuare a fare il loro mestiere: cambieranno solo i destinatari del loro pescare. D’ora in poi si rivolgeranno agli uomini. Il che significa anche che dovranno cambiare totalmente la tecnica e gli strumenti. Resterà lo stesso solo il loro stile di vita: getteranno la rete, la trascineranno per il mondo e, quando la tireranno sù, gioiranno per quanto il Signore vi ha fatto cadere dentro. 5. La scena si conclude con la risposta decisa e istantanea dei chiamati, che abbandonate le reti, si mettono a seguirlo.
    Marco replica questa scena in modo praticamente identico, cambiando soltanto i protagonisti: Giacomo e Giovanni. L’evangelista, che è un fine narratore, aggiunge un particolare, che ci fa pensare: essi non abbandonano solo la barca e le reti, ma anche il padre e i garzoni. In questo caso la rinuncia è tripla: la sicurezza di un lavoro ben avviato, anche se non sempre redditizio (la pesca sul lago era infatti soggetta a periodi di magra – cf. Lc 5,5); gli affetti più cari, perché il regno di Dio chiede di non avere nessun altro affetto all’infuori di Colui che chiama a farne parte; la tranquillità di una vita economicamente agiata: la menzione dei garzoni è indicativa del fatto che l’impresa di Zebedeo fruttava bene. Eppure, nessuna di queste tre cose, che oggi come allora gli uomini ritengono di importanza assoluta, pare dissuadere Giacomo e Giovanni dall’andare con Gesù.
    Perché questo sì così deciso e radicale? Non certamente per le qualità morali o religiose dei chiamati. Ma unicamente per la potenza della parola di Gesù, preceduta dal suo sguardo, che ha preparato e trasformato il cuore dei pescatori.
    L’evangelista ci suggerisce ancora due rapide annotazioni. Anzitutto, si tratta di una cambiamento radicale, ma non totale. Giacomo e Giovanni conserveranno un certo complesso di superiorità, che viene loro dall’essere pur sempre i figli del padrone, quando si avvicineranno a Gesù per chiedergli di poter sedere di fianco a lui nella gloria del regno realizzato: non si tratterà di un semplice favore, ma di una richiesta formale, fatta con una buona dose di arroganza e di sfacciataggine, tanto da far arrabbiare gli altri dieci discepoli. Il sì alla chiamata di Gesù non risolve d’incanto tutti i problemi, anzi ne pone uno più grande: quello di una conversione permanente, senza la quale i discepoli facilmente vengono intaccati dal lievito dei farisei e di Erode, che è l’ipocrisia e la sete di potere (Mc 8,15). Inoltre, non è difficile pensare che tra l’azienda "Andrea & Pietro pescatori" e quella di "Zebedeo & figli" ci fosse concorrenza e malanimo. La chiamata di Gesù toglie ogni divisione e sospetto e quelli che fino ad un attimo prima erano stati avversari commerciali ora diventano fratelli e compagni di avventura. E’ un buono spunto di riflessione per noi, che stiamo celebrando in questi giorni la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.


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