Speranza - Lc 21,5-19
Tonino Bello
«Oltre a quella di Cristo, non c'è solo la croce mia, la sofferenza tua (...). C'è anche una croce collettiva. C'è anche una sofferenza comunitaria. C'è anche un dolore di classi. C'è anche una tragedia di popoli. (...) Se è vero che ogni cristiano deve accogliere la sua croce, ma deve anche schiodare tutti coloro che vi sono appesi, noi oggi siamo chiamati ad un compito dalla portata storica senza precedenti: "Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi" (Isaia 58,6). Pertanto non solo dobbiamo (...) correre in aiuto del fratello che geme sotto la sua croce personale, ma dobbiamo anche individuare con coraggio e intelligenza, le botteghe dove si fabbricano le croci collettive. (...) Per noi essere fedeli alla croce di Cristo, nostro indistruttibile amore, significa disintegrare queste fucine di morte e distruggere tutte le agenzie periferiche di questi arsenali di ingiustizia planetaria. E forse non c'è bisogno di andare troppo lontano per scovarle. Ma essere fedeli alla croce di Gesù Cristo significa anche vedere in essa lo strumento della salvezza e intuire che la redenzione è vicina. Sulla croce non si rimane sempre. Già in tante nazioni dove i popoli soffrono (...) vediamo i primi segnali della Pasqua. In tanti angoli della terra, (...) spuntano qua e là grosse botteghe di liberazione, dove si rigenera una speranza che dilata la storia dal "già" verso il non ancora».
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