Paolo Boschini
La scena che ci racconta Matteo in questa parabola dei due servi ci è abbastanza
familiare: in un tempo in cui la legge penale offre trattamenti "di favore" ai
pentiti, spesso ci siamo trovati a pensare che il pentimento sia tutto sommato una
condizione di comodo, dettata da motivi di convenienza e di opportunità. Così ci siamo
anche detti spesso che è meglio non esagerare con il perdono, perché non è difficile
essere presi in giro da qualcuno che finge di aver capito il proprio errore e quindi non
è seriamente disponibile a evitarlo in futuro. Il pentimento non è oggettivamente
certificabile e per questo non viene dato con larghezza di cuore, ma sempre con sospetto e
con il contagocce. Il vangelo però vive queste cose con un'ottica molto diversa dalla
nostra. Osserviamo la nostra parabola più da vicino.
Il racconto di Matteo ruota intorno a due parole: "perdonare di
cuore" e "impietositosi".
La traduzione italiana della prima espressione non rende bene: in
Matteo, Gesù dice che è indispensabile per i discepoli "perdonare dal cuore".
Infatti, ci sono tre tipi di perdono, a seconda della loro provenenienza. C'è il perdono
dalle labbra, in cui le parole mascherano il risentimento e producono solo l'ipocrisia di
non dire le cose in faccia a chi mi ha fatto del male (salvo poi sfogarmi e sparlare
contro di lui dietro le sue spalle). Poi c'è il perdono dalla testa: "ti perdono
perché io sono buono, ma per favore stammi alla larga, perché so che presto o tardi
tornerai a farmi del male; io di te non mi fido e allora è meglio che tu vada a rovinare
qualcun'altro". Il perdono dal cuore è invece totalmente privo di calcoli
opportunistici e di ipocrite diplomazie: nasce dal cuore e quindi è esclusivamente
espressione di amore e di gratuità. "Ti perdono perché vedo più in profondità e
conosco il bene nascosto che c'è in te; e poi perché vedo più lontano e vedo che il
bene che sei non potrà restare nascosto in eterno. Mi fido ciecamente di Te e di accetto
come sei, con tutte le tue reiterate debolezze". Nel perdono dalla testa, la mia
misericordia verso di te dipende dalla verità del tuo pentimento. Nel perdono dal cuore,
invece, la misericordia dipende unicamente dalla grandezza del mio cuore.
Qui incontriamo la seconda parola-chiave - "impietositosi" -
che è la stessa usata da Luca nella parabola del padre misericordioso (o figliol prodigo,
che dir si voglia). Il dolore per il male ricevuto si trasforma in accoglienza, senza
pensare né a quello che è successo, né a quello che potrebbe succedere di nuovo. Anche
il servo malvagio ricosce al suo signore questa qualità, allorchè si appella alla sua
pazienza: letteralmente, alla sua grandezza di sentimenti e larghezza di vedute. Scopriamo
così che nella prospettiva evangelica il perdono viene dato da Dio gratuitamente, a
prescindere dal pentimento o meno di chi lo riceve. Del resto la risposta di gesù alla
domanda di Pietro sul numero massimo del perdono non lascia dubbi. Pentirsi veramente - lo
sappiamo - è molto duro e molto difficile, e allora dobbiamo pensare che sia praticamente
impossibile che ciò avvenga "settanta volte sette" in modo sincero.
Anche su un altro punto, il vangelo percorre una via diversa da quella
degli uomini. Essere perdonati è molto facile, ma proprio per questo si tratta di un
regalo di valore inestimabile, che non può essere svalutato negandolo al fratello che ce
lo chiede. Attenzione, dice Gesù, il Padre non è cattivo e neppure superesigente. Ma se
uno disprezza il perdono che ha ricevuto da Lui, farà una brutta fine, perché
costringerà Dio a riservargli un trattamento senza misericordia che Dio stesso non
vorrebbe usare a nessuno. Non è difficile immaginare sulle labbra degli ascoltatori
affiorare la domanda se Dio potrà rininciare tanto facilmente alla sua proverbiale
misericordia. Non è Dio che smette di amare, ma è il servo crudele, che si autoesclude
dall'amore di Dio, acciecato dal miraggio di un portafoglio solo un po' più pieno.
Il perdono dal cuore è allora la carta d'identità della comunità
cristiana. Senza la pratica generosa e assidua della misericordia la chiesa diventa un
emerito signor nessuno, perché perde la sua caratteristica precipua che la rende luce
agli occhi degli uomini.
Siamo alla vigilia del giubileo e, come sappiamo, gli ebrei in questa
occasione sono obbligati dalla legge mosaica ad azzerare ogni debito. La nostra diocesi ci
sta proponendo molte iniziative di restituzione, specialmente a livello internazionale. Ma
queste cose non hanno nessun valore se non sono precedute da effettivo azzeramento dei
conti rimasti in sospeso tra di noi. Anche la nostra comunità, e in parte per colpa mia,
ha pesanti debiti arretrati, che nessuno è più in grado di pagare: mi riferisco
ovviamente alle tensioni e alle divisioni che scoppiarono con il mio arrivo qui, alcuni
anni fa. Se vogliamo vivere questo vangelo, ritrovare identità e credibilità come
discepoli di Gesù ed entrare autenticamente e senza retorica nello spirito del giubileo,
non abbiamo altra strada che guardarci seriamente negli occhi e far scaturire dal nostro
cuore quel perdono che Dio ci dona continuamente a piene mani e senza condizioni.