Fede - Mt 16,13-20

P
aolo Boschini


       Una tradizione interpretativa molto diffusa legge questo brano di Mt come la proclamazione della chiesa, società perfetta, costruita secondo una gerarchia strettamente piramidale, che ha il proprio vertice nei vescovi e nel papa, successori degli apostoli. Di qui è derivata involontariamente anche la conseguenza che la chiesa viene spesso intesa come un'istituzione, il cui governo è appunto nelle mani di chi sta "ai vertici". Bisogna dire subito che questa concezione della chiesa non è quella che Matteo - e probabilmente Gesù - aveva in mente. Il centro del testo infatti non è la proclamazione della chiesa, ma la professione di fede: "Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente". E' la fede in Gesù Messia la porta d'ingresso nella chiesa. Oggi noi spesso guardiamo alla chiesa come ad un'associazione di solidarietà o di sostegno psicologico: questo accade spesso, anche in mezzo a noi, ma non è il motivo per cui stiamo insieme. Questa fede in Gesù, che Pietro proclama non a titolo personale, ma nome della comunità dei dodici, la trasforma da Simone in Cefa-Pietra. Ogni volta che un uomo cambia nome, cioè cambia la propria identità personale, lo scopo fondamentale della propria vita, siamo chiaramente davanti all'azione di Dio. Questo è il senso della beatitudine "Beato te, Simone, perché nè la carne, nè il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio...".
    Il compito che Gesù assegna a Pietro non è quello di comandare, ma di servire. La roccia è il fondamento e il sostegno perché sta sotto. Questa è anche la legge basilare della chiesa: "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo e il servo di tutti"; e della vita cristiana: "Dio rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili". Del resto, Matteo al cap. 23 dice senza mezzi termini che nessuno tra i discepoli può darsi arie da maestro, da padre o da capo, perché solo uno è Padre e solo Gesù è maestro e capo. Quindi, se proprio non vogliamo rinunciare alla costituzione gerarchica della chiesa, dobbiamo però rovesciare la piramide, così che il vertice sia più in basso di tutti. In questo modo, Pietro - e con lui chi esercita un servizio di guida e di responsabilità tra i discepoli di Gesù - è chiamato dal Signore a confermare e sostenere i fratelli e le sorelle nella fede. Questo compito è di tutti nella chiesa,perchè dipende dalla fede in Gesù e dal battesimo che ci unisce inseparabilmente a lui; e soprattutto questo compito non è delegabile ad altri, perché in esso è contenuta la mia, la nostra identità cristiana. Se devo fare la mia carta d'identità, non posso mandare un altro all'anagrafe al mio posto, che firmi per me. Così, non posso pensare che se incontro un fratello in crisi con la fede, io possa far finta di niente e aspettare che un altro si accorga della sua  fatica. Tocca a me! Se non me me faccio carico, anche a me il Padre chiederà "Dov'è il tuo fratello?". Vi confesso che ogni volta che iniziamo l'eucaristia vedo voi presenti e ringrazio il Signore; ma non    posso fare a meno di pensare anche a quelli che non sono con noi a pregare il Signore, spesso anche per colpa mia che li ho allontanati o scandalizzati. Tante volte il mio atto penitenziale è proprio chiedere perdono per questi fratelli, che non ho saputo aiutare e sostenere.
    Pietro è la pietra, ma Gesù è la roccia. Un gioco di parole, per dire che Pietro è una roccia friabile. Due domeniche fa lo abbiamo visto dubbioso e incredulo camminare incontro a Gesù, di notte, sul mare. Domenica prossima lo incontreremo di nuovo, mentre si oppone a Gesù e al suo viaggio verso la croce a Gerusalemme. Pietro, la roccia, è un peccatore: uno che ha bisogno di essere confermato e sostenuto, per poter essere di sostegno agli altri. Chi nella chiesa esercita un ministero di responsabilità e di guida non è meno peccatore o più solido degli altri. Anzi, spesso è più logorato e subisce tentazioni più forti e insistenti. Così è ancora più chiaro che la chiesa sta in piedi grazie all'azione dello Spirito e non per le virtù eroiche o manageriali di qualcuno.

 


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