Eucaristia - Gv 6,51-58
Paolo Boschini
Con questo brano si conclude il
discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao. L'evangelista Giovanni richiama qui i temi
principali del discorso: Gesù è la nuova manna, che sostiene il cammino del popolo di
Dio; ma Gesù è anche la nuova legge, che indica la direzione di questo cammino. Per
ricevere questo dono disceso dal cielo, cioè mandato da Dio, i discepoli hanno a
disposizione tre modi: l'ascolto della parola di Gesù, che ammaestra e attira verso il
Padre; l'eucaristia, che nutre la fede e unisce la comunità nell'amore fraterno; il
servizio ai poveri, che continua l'opera di Gesù il quale dona se stesso come carne da
mangiare e sangue da bere. Parola, eucaristia, poveri: sono tre modi diversi, ma
complementari, per vivere un'unica realtà: ricevere la vita eterna, entrare
definitivamente nell'amore inesauribile di Dio. Sono tre mense, sulle quali noi mangiamo
un unico e medesimo pane: Cristo, il pane vivo. "Chi mangia la mia carne e beve il
mio sangue dimora in me e io in lui".
Il risultato di questo nutrirci di Cristo è il cambiamento radicale
della prospettiva e degli obiettivi entro cui si muove la nostra vita: "Colui che
mangia di me, vivrà per me". San Paolo dice la stessa cosa, scrivendo ai cristiani
di Filippi: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me". Qui
l'apostolo racconta in poche parole la sua esperienza di conversione, che non è molto
diversa da quella di ognuno di noi. La volontà personale è completamente
trasformata: se prima io desideravo il mio piacere o la mia realizzazione e vedevo tutto
ciò che mi distoglieva da me stesso come una perdita e un sacrificio, ora che vivo per
Cristo sono totalmente proiettato verso l'esterno di me stesso, per ascoltare e per
donare, per imparare una sapienza che non ho (1a lettura) e per lodare "il Signore
con tutto il cuore, rendendo continuamente grazie a Dio Padre" (2a lettura).
Di fronte a questo annuncio, che ci profetizza la libertà da noi
stessi e dal nostro egoismo, forse anche la nostra reazione è di scetticismo, come quella
dei giudei: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". Come è
possibile questa rivoluzione del nostro modo di sentire, di pensare e di vivere? La
risposta di Gesù è che essa dipende da Dio e non dagli uomini, come la manna che
scendeva dal cielo durante il pellegrinaggio degli ebrei nel deserto. Come si dice nella
lettura di oggi dal libro dei Proverbi, è la Sapienza, cioè Dio stesso, che ha imbandito
la tavola e ha mandato i suoi servi in giro per la città a invitare tutti alla festa
della vita. "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi", dirà Gesù ai suoi
discepoli durante l'ultima cena. E san Paolo farà eco a queste parole del Maestro
dicendo: "Dio ci ha amati per primo". La parola del Vangelo che abbiamo
ascoltata ci invita a fidarci totalmente di Dio, a lasciar fare a lui: chi si abbandona a
lui come un figlio nelle braccia della sua mamma, passa dalla morte alla vita; per lui è
già iniziato il tempo della risurrezione e dell'eternità. Questo è il significato delle
parole di Gesù: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io
lo risusciterò nell'ultimo giorno".
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