Condivisione - Mt 14,13-21

Paolo Boschini


    Quando Gesù si ritira nel deserto è alla vigilia di scelte importanti: la sua vita sta per cambiare rotta. Questo è l'atteggiamento, che il profeta totalmente dedito alla volontà di Dio, assume ogni volta che la sua vita è giunta ad una svolta: deserto significa primato assoluto dell'ascolto di Dio; rinuncia ad ogni soluzione dettata dal sentire o dal ragionare degli uomini. La morte di Giovanni Battista costituisce per Gesù un messaggio inequivocabile: il tempo è davvero compiuto. Ora che l'ultimo precursore ha offerto la sua testimonianza con il martirio, il Regno di Dio fa irruzione nella vita degli uomini.
   Il deserto è per Gesù non il luogo della fuga dalla realtà e della solitudine, ma quello dell'incontro con Dio. Si tratta di un incontro sempre paradossale: un giorno attraverso l'esperienza della tentazione; oggi nell'altra, e decisamente più importante - esperienza della condivisione. E' la gente che lo cerca, ma è soprattutto lui che si fa trovare. Fermandosi con loro, manifesta il volto del Dio dell'Esodo: ha compassione per questo popolo, che vive in condizione di schiavitù. E chiede ai discepoli di seguirlo, mettendo a disposizione di questa folla affamata ciò che essi hanno da mangiare.
    La loro reazione scettica e spaventata è comprensibile, perché appartiene ad ognuno di noi la paura di perdere ciò che possediamo. Ma non appartiene alla prospettiva del Regno di Dio, nella quale il verbo "avere" e sostituito da "donare". Il gesto che Gesù compie ha un chiaro significato eucaristico (che verrà reso particolarmente evidente dall'evangelista Giovanni - cap. 6).
    Notiamo le azioni di Gesù. Ordina alla folla di sedersi: la sequela si fa completa; dopo aver ascoltato la sua parola, si tatta di obbedire, trasformando l'ascolto in un gesto di affidamento. Alza gli occhi al cielo: il Padre che così viene invocato, è il protagonista nascosto, ma decisivo di questa azione. Dice la benedizione: è il verbo che indica la preghiera che il capofamiglia pronuncia durante la cena pasquale; Gesù riconosce così l'identità tra Dio suo Padre e Colui che è, il Dio liberatore dell'Esodo.Spezza il pane: anche questo gesto appartiene al rituale della pasqua ebraica e poi di quella cristiana; è l'atto della condivisione. Lo distribuisce: donando il pane, Gesù dona se stesso. Gesù dà qualcosa che non gli appartiene, ma che ha ricevuto in dono: dagli uomini e da Dio. Ogni gesto di condivisione è in fondo restituzione.
    Tutti mangiano a sazietà: perché la persona di Gesù che in questo modo si dona sazia la fame che c'è dentro al cuore umano. Questa condizione indica anche che siamo giunti alla pienezza dei tempi. Il riferimento al numero 12 ci fa pensare anche al popolo di Dio, che qui rinasce. E' un popolo di poveracci e di ammalati, di persone che non possono provvedere a se stessi, ma dipendono unicamente dalla mano di Dio. E' un popolo che nasce nella forma degli avanzi: come non pensare che la chiesa sia quel "resto" di cui parlava il profeta Isaia? Non però un popolo di puri e di separati, ma di persone mosse unicamente dal desiderio di incontrare Gesù e di nutrirsi di quanto esce da lui.


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