Pastore - Mc
6,30-34
Paolo Boschini
Questo brano del vangelo
di Marco è diviso in due parti: nella prima, al centro c'è il rapporto tra Gesù e i
discepoli; nella seconda, invece, l'evangelista ci fa vedere la premura e la misericordia
di Gesù verso la folla.
I discepoli sono ritornati stanchi dal loro viaggio missionario: anche
noi, tante volte, terminiamo la nostra giornata o la nostra settimana senza energie.
Abbiamo speso tutto, ci siamo svuotati, non abbiamo più voglia di niente. Gesù capisce
questa condizione di aridità dei discepoli e li invita a stare con lui, per recuperare le
energie. Il tragitto che fanno sulla barca non è un viaggio turistico, ma un andare in
disparte, per dedicarsi alla preghiera, all'ascolto e alla riflessione. Questo è tipico
della spiritualità di Gesù, che dopo una lunga giornata di attività apostolica e di
condivisione con i poveri, si ritira da solo, di notte, sulla montagna a pregare. Gesù
vuole che i discepoli facciano la sua stessa forte esperienza di comunione con Dio Padre.
Vuole che si fermino a riflettere sulla loro vita, confrontandosi con la Parola di Dio e
aiutandosi a vicenda fraternamente.
Se ciò non avviene, il loro e il nostro servizio non può andare
avanti a lungo con generosità. Per Gesù, la preghiera è il nutrimento e il sostegno
indispensabile di ogni attività dei cristiani. Questo vale per tutti coloro che sono suoi
discepoli e che nel battesimo sono diventati figli di Dio.
Nella seconda parte del brano, le cose cambiano improvvisamente. Sembra
che Gesù tratti disparità la folla e i discepoli: questi ultimi hanno lavorato duramente
a servizio del vangelo, ma Gesù non pare concedere il riposo meritato, che aveva promesso
loro; infatti, sul più bello, quando era ora di starsene in pace e riposarsi, Gesù
dedica tutte le sue attenzioni alla folla, che sembra venuta apposta per disturbare la
comitiva dei suoi discepoli. Forse qualcuno di noi potrebbe pensare che sarebbe più
giusto trattare questa gente con freddezza e distacco e continuare ad evitarla,
andandosene da quel luogo. Nessuno di noi si meraviglierebbe se Gesù facesse davvero
così: avrebbe tutte le ragioni di questo mondo. Non lo facciamo anche noi? E invece...
Gesù sembra completamente sedotto da queste
persone. Ma questa gente che cosa ha di tanto affascinante? Perché tanta commozione per
loro? Sono "pecore senza pastore", gente sbandata, senza progetti e senza
speranze. Sembra quasi che si mettano sulle tracce di Gesù, perché non sanno dove
sbattere la testa: solo lui, con le sue parole di vita e i suoi gesti di condivisione, ha
offerto loro una speranza.
Di gente così ce ne è tanta intorno a noi: penso soprattutto a tanti
giovani che conosco e che forse conoscete anche voi: uccisi dal cancro della noia,
specialmente in questi mesi estivi - ma nel resto dell'anno non è diverso - non sanno
come fare a far venire mattina. Vi confesso che tante volte provo un senso di pena per
loro e per le loro famiglie.
Ma il sentimento di Gesù per questa gente è diverso: non è pena, ma
compassione. Gesù si sente uno di loro e sente che attraverso queste persone è Dio
stesso che è venuto vicino a Gesù e ai suoi discepoli. La compassione è scoprire la
presenza di Dio nei poveri e in coloro che sono senza speranza.
Da questa Parola del Signore, che abbiamo appena ascoltato, ci viene
l'invito forte per questa settimana a dedicare molto tempo alla preghiera e alla
riflessione sulla Parola di Dio, che è fonte di vita; ma ci viene anche l'invito ad
accogliere con affetto e premura i fratelli che incontriamo sul nostro cammino,
specialmente quelli che ci vengono incontro "stanchi e sfiniti, come pecore senza
pastore". Ancora una volta, il Signore ci chiama a vivere nella sua integralità il
grande comandamento dell'amore: "Ascolta Israele: Il Signore Dio tuo è l'unico
Signore. Amerai dunque il Signore con tutto il tuo cuore e tutte le tue forze; e il tuo
prossimo come te stesso".
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