Pazienza - Mt 13,24-33

Paolo Boschini


    Come tutte le parabole, anche quella della zizzania e del grano ha un messaggio decisivo racchiuso entro un'immagine molto familiare. Capita spesso anche a noi di aver lavorato con serietà e passione, salvo poi scoprire - al momento di raccogliere i frutti delle nostre fatiche - che sta andando tutto a rovescio. Ogni attività dei cristiani è segnata da questo marchio di precarietà, che non di rado diventa anche fallimento. E' la notte: quando noi dormiamo sonni tranquilli, magari sognando la nostra bravura e compiacendoci di noi stessi. Nella notte viene questo misterioso nemico e ci prende di sorpresa. Ma nella notte, quando l'occhio umano non vede nulla, agisce anche Dio: la notte della liberazione dall'Egitto, la notte della risurrezione di Gesù. L'immagine della notte ci riporta al pessimismo cosmico che ci accompagna sempre di più in questo tramonto di secolo; ma ci richiama anche alla vigilanza: "Sentinella, quanto manca alla fine della notte?Verrà il mattino, ma è ancora notte".
    E allora, come si fa a restare passivi di fronte al dilagare del male? perché stare a guardare i giovani che perdono per la strada i loro ideali, gli adulti che accettano di essere stupidi come robot. Reagiamo! No. Non è questo il tempo giusto. Adesso Dio sospende il suo giudizio sulla bontà e sulla malvagità del cuore umano; lascia che crescano insieme nel mondo e nella chiesa, che altro non è se una fetta di mondo proiettata verso il Regno di Dio. Non è il tempo di aggredire, di fare le crociate, ma quello di riconoscere la nostra impotenza contro il male e il mondo che sta cambiando in peggio. E contemporaneamente è il tempo di riconoscere e invocare la potenza di Dio.
    Questa immagine del grano buono e dell'erbaccia che crescono insieme esprime bene la realtà della chiesa e di ognuno di noi: la zizzania è molto simile al grano e si fa molto fatica a distinguerli; come noi del resto facciamo molta fatica a discernere il bene e il male in fondo al cuore umano. Solo Dio è capace di farlo, perché solo lui è totale trasparenza a se stesso: noi invece non siamo nemmeno in grado di comprendere noi stessi, come potremo decifrare le profondità degi altri? Gesù non ha in mente una chiesa di perfetti, separati dagli altri (fariseo vuol dire separato). Gesù vuole una chiesa di tutti e per tutti, che sia come una rete gettata nel mare, capace di raccogliere ogni genere di pesci. Così è importante che la nostra comunità, specialmente verso i giovani, non sia separata dalla strada, ma sia una insenatura della strada (un luogo dove fermarsi e ritrovare se stessi e gli altri cercando Dio), oppure una strada ricca di segnali e di frecce, dove sia sempre chiaro a tutti in che direzione e tra quali pericoli si sta camminando.
    Il padrone del campo invita i contadini ad aspettare in nome di una promessa: "il giorno della mietitura dirò...". La misericordia di Dio che rimanda il giudizio non appiattisce tutto e tutti in un buonismo tanto demagogico quanto impossibile e iniquo.Piuttosto, carica tutti gli ascoltatori di una grande responsabilità: fidati di questa Parola e vivi di essa. Però anche in questa parabola c'è qualcosa che non torna: e se stona ai nostri orecchi di cittadini, figuriamoci come doveva sembrare stravagante per gli esperti contadini galilei. Il giorno della mietitura prima si raccoglierà la zizzania e poi il grano. No, impossibile: sono cresciuti insieme e anche maturi sono tra loro molto simili; neanche un certosino riuscirebbe a dividerli, senza finire per buttar via del grano buono. E se Gesù, che subito dopo parla della potenza nascosta e straordinaria del Regno di Dio, stesse insinuando la possibilità per noi più sconcertante: alla fine, anche la zizzania è diventata grano! C'è misericordia e conversione per i malvagi sempre, anche in extremis. Ricordate la parabola - anche questa raccontata solo da Matteo - degli operai chiamati a lavorare a tutte le ore del giorno? Pensate a come si conclude: il padrone dà a tutti un denaro, la paga di una giornata intera di lavoro, suscitando le vivaci proteste di quelli che hanno lavorato e faticato sin dall'inizio. Il padrone risponde: ti ho trattato con giustizia, ma non posso fare delle mie cose quello che voglio? non sarai mica invidioso perché io sono buono?
    Gesù non ha in mente  strane idee di riconciliazione cosmica (apocatastasi), ma prende sul serio il volto misericordioso di Dio suo Padre e vuole prepararci a gioire per le belle sorprese che proprio il Padre continuamente ci fa: lui che agisce nel mistero, lontano dalla curiosità indiscreta e dalle interferenze dell'uomo; lui che non ci lascia intervenire nel "mentre" della sua azione, ma ci chiama a stupirci e a ringraziarlo per il "dopo", che rende visibile ai nostri occhi (parabole del lievito e del granello di senapa).
    Il vangelo che si era aperto con un'immagine notturna, ora si chiude con una metafora solare: "allora i giusti splenderanno come il sole...". E' l'ultima pasqua, quella definitiva, verso cui siamo in cammino con le nostre debolezze e le nostre inestirpabili malvagità. E' la speranza contro ogni speranza, che ci dà la forza di restare ogni giorno al nostro posto e di continuare a servire il vangelo, anche quando tutto va a rovescio. E' la risurrezione dei morti, annuciata da Paolo al termine della prima lettera ai Corinti. E' del futuro - nostro e non solo - che si tratta: nelle mani di chi vogliamo metterlo? con quali criteri vorremo giudicarlo?


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