Figlio - Mc 1,7-11
Paolo Boschini
Marco è l'unico tra gli
evangelisti cosiddetti sinottici che non ci dice niente sull'infanzia di Gesù (come fanno
invece Matteo e Luca, con grande ricchezza di particolari) e che fa cominciare il suo
annuncio della salvezza dal battesimo di Gesù. Ciò dipende da una precisa scelta
dell'evangelista. Il suo vangelo è rivolto a una comunità di ex-pagani, che hanno
iniziato il loro cammino di fede con la conversione e il battesimo e stanno scoprendo
strada facendo chi è questo Gesù e quali sono le esigenze concrete e indilazionabili del
suo messaggio. Non per nulla, il vangelo di Marco termina con una postilla, aggiunta
successivamente, in cui risuona l'invito di Gesù risorto ai discepoli ad andare, a
predicare e a battezzare chi ha creduto alla Parola della fede (Mc 16,15-16). C'è quindi
un parallelo molto forte tra Gesù e i discepoli; tra il suo e il nostro battesimo. Si
tratta di un fatto molto importante, specie se consideriamo che nell'opera di Marco, il
battesimo di Gesù non è solo l'inizio della sua vita pubblica, ma soprattutto il momento
della sua vocazione, l'attimo in cui egli scopre di essere già da sempre in comunione con
Dio. Non è però un'esperienza soltanto interiore, privata. A questo aspetto più
personale corrisponde una manifestazione pubblica: il battesimo di Gesù - e così quello
dei cristiani - crea un rapporto con Dio, nel quale sono coinvolti anche tutti quelli che
stanno intorno. Il battesimo di Gesù ha in se stesso anche una portata comunitaria.
Marco sottolinea questi due aspetti - personale e pubblico - attraverso
due verbi: "vide" (v. 10) e "si sentì" (v. 11). Solo Gesù vede,
mentre tutti sentono. Che cosa vede Gesù? I cieli che si aprono e lo Spirito Santo che
scende su di lui. Questa situazione ripresenta un oracolo dell'ultimo Isaia (Is 63,7-19),
in cui il profeta lamenta l'ingratitudine e il peccato con cui Israele ha risposto ai
benefici di Dio, che lo aveva liberato dall'Egitto. A causa di ciò, i cieli si sono
chiusi; Dio ha interrotto il rapporto con il suo popolo, fino a diventarne nemico. Ma
verranno giorni - e Marco dice: quel giorno tanto atteso finalmente è arrivato! - in cui
Dio farà nuovamente uscire dall'acqua il pastore del suo gregge: Gesù che esce
dall'acqua è il nuovo Mosè, attraverso il quale Dio libera il suo popolo da ogni
schiavitù. "Nel suo intimo, Dio ha posto il suo Santo Spirito" (Is 63,11) e
grazie a questa investitura divina egli ha l'autorità e la forza per radunare chi vaga
lontano dalle vie di Dio e chi ha il cuore indurito (Is 63,17). E infatti Marco ci
presenta sin dall'inizio Gesù come pieno dell'autorità di Dio, dotato di una parola
così potente da liberare il cuore umano da ogni dominio del male (Mc 1,32-33). In questo
giorno, dice ancora il profeta, Dio squarcerà i cieli e scenderà sulla terra (Is 63,19).
Tutto ciò che il peccato e l'infedeltà degli uomini avevano estinto, riprenderà vigore.
Dio non sarà più insensibile alle disgrazie dell'umanità. Chi invocherà il suo nome
sarà salvato, perché Dio avrà effuso il suo Spirito su ogni uomo e tutti lo
riconosceranno (Gioele 3,1-5).
Marco ci lascia intendere che, nel momento del proprio battesimo al
Giordano, Gesù ha sentito tutto ciò dentro di sé; ha avuto così la rivelazione da Dio
di quale doveva essere la sua missione: lì Gesù ha compreso nitidamente chi è e che
cosa deve fare per piacere a Dio. Ma questa è per il momento un'esperienza che egli tiene
celata dentro di sé; è il suo "segreto", tanto che egli vieta a chi lo scopre
di dirlo in giro (Mc 1,25.34.44, ecc.), perché solo chi vive fino in fondo il mistero
della croce può rivivere e comprendere appieno l'esperienza d'incontro personale con Dio
di Gesù al Giordano.
Matteo sottolinea che si tratta di un'esperienza esclusiva di
Gesù (Mt 3,16-17) e l'evangelista Giovanni dice che solo il Battista ne è stato reso
partecipe e ne può rendere testimonianza (Gv 1,32-34). Marco invece evidenzia con forza
che la vocazione di Gesù è anche un'esperienza che coinvolge tutti coloro che quel
giorno erano scesi al Giordano; cioè, detto fuori di metafora, coinvolge tutti quelli che
sono in attesa della salvezza. Per questo, tutti sentono la voce dal cielo che rivela la
vera identità di Gesù e il suo irripetibile rapporto di intimità con Dio, che da quel
momento si è instaurato. Anche qui, si riascolta in sottofondo la stessa profezia di
Isaia, che annuncia i tempi della salvezza: "Tu Signore sei nostro padre, da sempre
ti chiami nostro redentore" (Is 63,16). Anche Gesù, grazie a questa proclamazione
pubblica, comprende con ancora maggiore chiarezza e intensità il senso di ciò che gli è
appena capitato: e lo stesso succede anche a noi, che maturiamo la nostra vocazione non
solo nell'intimità del rapporto personale con Dio, ma anche nella coralità dell'ascolto
della sua Parola e della preghiera liturgica. Ripensando alla propria storia, ognuno di
noi può dire che, se non ci fosse stata la sua comunità cristiana, se non avesse
ascoltato la Parola di Dio e celebrato l'eucaristia insieme ad essa, probabilmente non
avrebbe scoperto, né vissuto con intensità la propria vocazione.
La voce che proclama la vera identità di Gesù è misteriosa tanto
quanto il contenuto di quel messaggio, ma la sua provenienza ("dal cielo") non
lascia dubbi su chi sia a pronunciare quelle parole. Nel vangelo di Marco questa voce
torna a parlare solo un'altra volta, sul monte alto nel giorno della trasfigurazione di
Gesù, dove l'ascolteranno i tre discepoli prediletti (Mc 9,7). Questo riconoscimento non
riaffiora nemmeno nella professione di fede di Pietro (Mc 8,29: "Tu sei il
Cristo"), ma solo sulle labbra del centurione pagano sotto la croce (Mc 15,39:
"veramente questu'uomo era Figlio di Dio") e esce dal cuore dell'evangelista
all'inizio del suo racconto (Mc 1,1: "vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio").
Ma allora perché anche i demoni lo riconoscono e lo proclamano tale? Perché essi, come
il centurione e come l'evangelista, non vedono davanti a sé semplicemente un uomo o un
profeta, ma un Dio crocifisso, dalla cui morte scaturisce la forza che squarcia il velo
del tempio (Mc 15,37-38). Tutti costoro vedono come dalla croce di Gesù viene tolta ogni
divisione: tra cielo e terra e tra Dio e umanità; tra popolo e popolo e tra uomo e uomo;
viene perfino abrogata ogni divisione che tiene in scacco e sconvolge il cuore di ogni
persona (Mc 9,17-27).
Questa profonda identità tra l'inizio (battesimo) e il compimento
(croce) della vita di Gesù è la stessa che caratterizza l'esistenza di ogni discepolo,
che ascoltando e alla Parola della predicazione ha ricevuto il battesimo e con esso la
vocazione di Dio a camminare con Gesù sulla via che porta al dono totale di sé sulla
croce (Mc 8,34-35).
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