Creazione - Gv 1,6-8.19-28

Paolo Boschini


        Giovanni inizia il suo vangelo raccontando la prima settimana di Gesù (Gv 1,29-2,11), così come la Genesi inizia con il racconto della prima settimana del mondo (Gen 1,1-2,4): in Gesù tutto si compie e tutto si rinnova. Come nella prima creazione, così in quella narrata dal vangelo come creazione nuova e definitiva, c'è un antefatto: "la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque" (Gen 1,2). A ciò fa eco l'evangelista Giovanni con la presentazione del Battista. Egli è una persona quasi informe, che non ha un'identità propria e si autodefinisce solo per via negativa ("io non sono" è ripetuto tre volte come risposta alla domanda "chi sei?"). E quando egli prova a dire in positivo chi sia, non usa parole proprie, ma quelle di un altro (Is 40,3) e si caratterizza come "voce" di un altro: la Parola divina pronunciata sin dall'eternità (Gv 1,1-2). Ma si può anche intendere forzando un po' il testo di Isaia: io sono la voce, ma colui che grida nel deserto è un'altro; è Dio stesso che con la sua Parola trasforma il deserto in giardino, la landa desolata in terreno fertile e abitabile (Is 43,16-21, che ritengo la profezia-chiave per comprendere l'antefatto che si sta compiendo sulle rive del Giordano). Giovanni Battista non è un uomo autosufficiente, perché la sua vita è sin nel più profondo dipendente dalla Parola di cui egli è voce.
    Poi l'evangelista Giovanni continua il suo racconto in parallelo con la prima creazione, ponendo nel deserto la predicazione della Parola, il suo farsi manifesta al mondo. Qui, al contrario di Marco (1,4) non si tratta di un'indicazione geografica, ma teologica: il riferimento al deserto, all'acqua (battezzare, Giordano) e allo Spirito servono a creare negli ascoltatori la consapevolezza del rapporto stretto che esiste tra le tre grandi opere di Dio: la creazione, l'esodo dall'Egitto, la venuta di Gesù Parola di Dio. In tutti e tre questi eventi, pur così distanti tra loro nel tempo, è sempre lo stesso Dio che opera e che dà senso alla vita caotica e informe dell'uomo e del mondo. Se analizziamo a uno a uno questi tre elementi, ricaviamo ulteriori indicazioni sull'identità del Battistia.
    Il deserto: è il luogo dove la Parola viene proclamata. Dio entra nel mondo accettandone tutta la povertà e la desolazione. Sentiremo questo annuncio a natale: "la Parola si è fatta carne e è venuta ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). Ma il deserto è anche il luogo in cui si confrontano la fedeltà di Dio e l'infedeltà dell'uomo: l'amore e l'odio, il sì e il no, il perdono e il peccato. Giovanni BAttista è la proclamazione dell'amore di Dio che precede ogni rifiuto dell'uomo. In lui si fa manifesto come in principio era la fedeltà e la misericordia di Dio.
    L'acqua: nell'Antico Testamento esprime la distruzione e il nuovo inizio, il morire e il rinascere: il diluvio (Gen 6), l'uscita dall'Egitto (Es 12-15), il fiume escatologico che esce dal tempio di Gesrusalemme e arriva al mare portando ovunque la vita (Ez 47,1-12). Nel segno dell'acqua, l'uomo biblico esprime la sua fede nel Dio Signore della vita e della morte. Questo è il senso di "Io sono", che è il nome di Dio rivelato a Mosé (Es 3,14) e fatto proprio da Gesù in tutto il vangelo di Giovanni, per esprimere il suo essere Dio, Figlio che sta faccia a faccia con il Padre (Gv 1,1-2). Il Battista diventa così il profeta della morte e rinascita di Gesù come Cristo, dal cui fianco squarciato sgorga quell'acqua viva (Gv 19,34) che Gesù aveva promesso alla donna samaritana (Gv 4,14). In principio "era la vita e la vita era la luce degli uomini" (Gv 1,4).
    Lo Spirito: è l'essere stesso di Dio, la sua libertà incontenibile, ma anche il suo amore che fa nuove tutte le cose. "Così dice il Signore, che offrì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti... Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche!Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa... Il popolo che ho plasmato per me celebrerà la mie lodi" (Is 43,16-21). Lo Spirito è Dio stesso che si mette dalla nostra parte ed entra in relazione con le sue creature, colmando lui stesso la distanza infinita tra l'uomo e la sua Origine.
    Tutto questo avviene "in principio" (Gen 1,1 - Gv 1,1): con il racconto dell'apparizione di Giovanni Battista, l'evangelista Giovanni ci riporta all'alba del mondo, all'azione originaria di Dio da cui tutto è stato fatto (Gv 1,3); e ci annuncia che siamo agli albori di una nuova creazione, che sarà piena nell'ora della glorificazione di Gesù (non a caso la nuova settimana del mondo si conclude con la manifestazione di Gesù a Cana, dove compare per la prima volta il tema dell'ora di Gesù - Gv 2,1-12).
    Come ha fatto Paolo (Rom 1,19-21 e At 17,22-31), anche Giovanni premette al suo annunzio di Cristo crocifiss e risorto una riflessione sul senso del mondo e dell'esistenza umana: non si tratta evidentemente di una complessa ed élitaria argomentazione filosofica, ma di un invito rivolto a tutti, perché si rendano conto della profonda incompiutezza della propria vita, che resta sotto il segno del caos e del fallimento, finché non s'incontra con Gesù Cristo, che è la realizzazione delle promesse di Dio e il compimento di ogni attesa umana.
    L'identità del Battista, come quella della chiesa, è un'identità incompiuta, perché egli appartiene al quel frattempo tra il vecchio e il nuovo mondo e perché egli non è nulla in se stesso, ma solo in relazione con il Messia nascosto, che sta per manifestarsi presente in mezzo a noi. Questa sua e nostra condizione consente di essere persone aperte verso il Dio che viene a salvarci, ma anche verso i nostri simili che come noi stanno attendendo che sorga il sole della giustizia di Dio e che il Messia guidi i nostri passi sulla via della pace (Lc 1,78-79).


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