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11 aprile 2005

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DIRETTORIO PER I CONSIGLI PARROCCHIALI

1. LE INDICAZIONI DEL SINODO DIOCESANO 47°

Il Sinodo diocesano 47° dedica particolare attenzione ai Consigli parrocchiali, pastorale e degli affari economici, dando delle indicazioni molto significative, sia a livello di comprensione teorica, sia a livello operativo; indicazioni che devono essere punto di riferimento per ogni realtà parrocchiale. Contemporaneamente, il Sinodo 47° offre una serie di elementi di carattere ecclesiologico, che rendono possibile delineare con precisione il quadro entro il quale devono inserirsi la riflessione, la regolamentazione e l'azione dei due Consigli parrocchiali. Lasciando le indicazioni operative ad altre parti di questo Direttorio, e senza voler esimere da un accostamento globale e approfondito del Sinodo, si cerca di delineare qui sinteticamente il quadro di riferimento, spesso con citazioni letterali dei testi sinodali.

1.1 La Chiesa come realtà di comunione e di corresponsabilità

1 Comunione e corresponsabilità di tutti i fedeli

Il Capitolo 5 del Sinodo introduce la Sezione I della Parte Il, che tratta delle diverse articolazioni della Diocesi, proponendo come chiave di lettura della complessa realtà della Diocesi nei suoi vari livelli il tema della Chiesa come realtà di comunione e di corresponsabilità. I primi due paragrafi della cost. 132 affermano: "§ l. La Chiesa, in quanto "è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano "[LG 1 ], è realtà di comunione. Ciò caratterizza essenzialmente la vita e missione del popolo di Dio nel suo insieme, ma anche la condizione e l'azione di ciascun fedele. § 2.La Chiesa è popolo di Dio in cui tutti i fedeli, in virtù del battesimo, hanno la stessa uguaglianza nella dignità e nell'agire, partecipando all'edifìcazione del Corpo di Cristo secondo la condizione e i compiti di ciascuno. Esiste, quindi, una reale corresponsabilità di tutti i fedeli

nella vita e nella missione della Chiesa, perché ognuno partecipa nel modo che gli è proprio dell'ufficio sacerdotale, pro/etico e regale di Cristo".

Quanto è detto generalmente per tutte le espressioni di Chiesa viene poi applicato dal Sinodo direttamente alla realtà parrocchiale, con accenni già nel Capitolo 5, ma soprattutto nella II parte del Capitolo 6, significativamente intitolata: "La parrocchia luogo della corresponsabilità pastorale".

Se manca la convinzione profonda che la Chiesa, e quindi anche la parrocchia che è espressione del suo volto popolare, è realtà di comunione e luogo di effettiva corresponsabilità, qualsiasi sforzo di realizzare i Consigli parrocchiali è destinato al fallimento anche se la loro costituzione e attività fossero formalmente ineccepibili. Al contrario, dove tale convinzione si radica sempre più, viene approfondita e nutrita dal confronto con la Parola di Dio e con le indicazioni della Chiesa e attraverso concrete realizzazioni, anche situazioni parrocchiali molto difficili possono arrivare ad esprime- re degli organismi ecclesialmente significativi per la vita della comunità.

.2 La formazione alla comunione e alla corresponsabilità

Previa a ogni costituzione o rinnovo dei Consigli parrocchiali, ma anche contemporanea alla vita della comunità parrocchiale e al suo esprimersi attraverso i consigli, è un ' opera di formazione a cui il Sinodo impegna la Chiesa ambrosiana nel suo complesso e nelle sue articolazioni, opera che viene descritta nella cost. 134, § 2.

Tra le indicazioni offerte si può ricordare la necessità dell'educazione "a una rinnovata presa di coscienza che la comunione è innanzitutto un dono di Dio, da richiedere continuamente nella preghiera, e che essa cresce attraverso l'ascolto della Parola e la celebrazione del mistero cristiano nella liturgia" (lett. a); l'opportunità di "una formazione di base all'esercizio della corresponsabilità, anche attraverso le scuole per operatori pastorali" (lett. c); l'impegno di ogni comunità

parrocchiale a fare in modo che "i temi relativi alla comunione ecclesiale, alla partecipazione attiva dei fedeli e al "consigliare" nella Chiesa siano fatti conoscere a tutti i parrocchiani mediante apposite iniziative (ad esempio, in occasione del rinnovo del Consiglio pastorale o di significativi anniversari della parrocchia) e vengano periodicamente ripresi nella predicazione, nella catechesi e sull'eventuale informatore parrocchiale" (letto d); la specifica attenzione all'educazione dei giovani "alla generosa assunzione di responsabilità " (letto e)o

1.2 La rinnovata scelta della parrocchia

È facilmente intuibile che non ha senso un impegno serio e profondo nel dar vita e nel mantenere ecclesialmente efficienti i Consigli parrocchiali, soprattutto quello pastorale, se non si è convinti della centralità della parrocchia.

Il Sinodo 47° ha voluto ribadire che per la Chiesa ambrosiana la parrocchia è "la forma privilegiata della sua presenza ", "la forma principale di presenza della missione della Chiesa per la vita della gente" (cost. 135, § 2) e ne ha dato la motivazione riconoscendola come autentica "figura di Chiesa" (cost. 136). Di conseguenza, "in quanto figura di Chiesa, la parrocchia, già per il fatto che il suo ambito di aggregazione è la comunità di vicinato, può diventare segno di comunione. Il territorio è il luogo in cui si rende presente la comunità dei credenti animata dallo Spirito di Gesù, radicata nella Parola e plasmata dall'Eucaristia. Nasce da qui il privilegio della parrocchia a valere come realtà di Chiesa. Essa è il luogo della pastorale ordinaria, nella quale la fede può diventare accessibile a tutti e ad ogni condizione di esistenza. Ciò deriva intimamente dal suo essere "la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie " (Giovanni Paolo II, Christifìdeles laici, n. 26) e che "vive e opera profondamente inserita nella società umana e intimamente solidale con le sue aspirazioni e i suoi drammi ", diventando "la casa aperta a tutti e al servizio di tutti " (Giovanni Paolo II, Christitìdeles laici, n. 27) ".

Il Sinodo si è poi impegnato a offrire le linee per il rinnovamento pastorale della parrocchia, "indica- te in tre direzioni complementari: l. la parrocchia

luogo della pastorale ordinaria; II. la parrocchia luogo della corresponsabilità pastorale; III. la parrocchia luogo della dinamica missionaria " (cost. 136, § 3).Tali direzioni costituiscono le arti- colazioni del capitolo sulla parrocchia e offrono ai Consigli parrocchiali le motivazioni profonde del loro esistere e, insieme, le linee dell'azione pastorale di cui essi devono essere protagonisti.

Il capitolo sulla parrocchia diventa così il testo a cui i Consigli parrocchiali devono continuamente riferirsi, non solo in fase di rinnovo e di avvio del loro lavoro, ma anche nello svilupparsi della loro azione. Certamente, le difficoltà di azione dei Consigli sono dovute a molteplici fattori (come anche in seguito si illustrerà), ma se manca l'effettiva convinzione della centralità della parrocchia come figura di Chiesa o, per esprimersi con paro- le più semplici, se non si scommette sulla parrocchia, ogni sforzo di miglioramento diventa vano.

1.3 Il ruolo di laici, presbiteri, diaconi e con- sacrati nella Chiesa e nella parrocchia

Un terzo aspetto fondamentale per impostare correttamente la vita e le funzioni dei Consigli parrocchiali è quello della consapevolezza del ruolo delle diverse componenti della Chiesa. La Chiesa popolo di Dio è costituita dai battezzati, aventi tutti la stessa dignità di figli di Dio e tutti la stessa universale vocazione alla santità (cf. cost. 369), ma ognuno con la propria specifica vocazione e, quindi, con il proprio compito nella comunità cristiana.

I capitoli che il Sinodo 47° dedica alle varie vocazioni vanno quindi approfonditi, assimilati e messi in pratica anche ali' interno della parrocchia. Senza dimenticare il Capitolo 23 dedicato ai ministeri ordinati (presbiteri e diaconi) e il Capitolo 22 sulla vita consacrata, occorre dare particolare attenzione al Capitolo 20 sui fedeli laici. Il Consiglio pastorale parrocchiale e, con la sua specificità, il Consiglio per gli affari economici della parrocchia sono infatti composti prevalentemente da fedeli laici. È necessario, quindi, che i consiglieri laici, per primi, ma anche l'intera comunità parrocchia- le, abbiano la giusta consapevolezza sull'insostituibile ruolo dei laici nella vita della Chiesa e della parrocchia. Tale consapevolezza può essere raggiunta solo con un impegno di formazione, sia attraverso la catechesi, in particolare degli adulti, sia attraverso iniziative specifiche per quella che il Sinodo chiama la formazione della coscienza cristiana (cf. costt. 377-384) e per la formazione degli operatori pastorali (cf. costt. 391-392).Non va dimenticato l'impegno che il Sinodo propone ai presbiteri circa la loro formazione alla corretta concezione della Chiesa e del ruolo dei laici ( cf. cost. 389. § 2. lett. a: cost. 134. § 2. lett. h-i).

Alla luce dei capitoli sopra indicati, vanno poi accolte le indicazioni date specificamente per la parrocchia da parte del Sinodo in riferimento alle diverse vocazioni: la cost. 144 sui ministri ordina- ti, la cost. 145 sui fedeli laici nella parrocchia e la cost. 146 sui consacrati nella parrocchia. Va, infine, tenuto presente che non è possibile dare avvio o rilanciare l'esperienza dei Consigli parrocchiali senza che ci sia un minimo di consapevolezza circa il ruolo differenziato e corresponsabile dei fedeli nella Chiesa. D'altra parte, la stessa attività dei Consigli parrocchiali diventa occasione per far crescere tale consapevolezza. I Consigli parrocchiali non sono primariamente luoghi di catechesi o di formazione, ma con il loro stesso esistere e operare diventano occasione di autoformazione ecclesiale, per chi vi partecipa, e stimolo all'intera comunità parrocchiale per vivere in pienezza la vocazione di ciascun fedele-

1.4 La parrocchia come soggetto unitario

Il Sinodo 47° sottolinea con forza un altro aspetto della parrocchia, che è presupposto indispensabile per comprendere il ruolo dei Consigli parrocchiali; Si tratta della soggettività dell'intera comunità parrocchiale in riferimento all'azione pastorale. Tale azione non può essere vista come sostanzialmente riservata al parroco e agli altri eventuali presbiteri con l'aggiunta di qualche laico impegnato, ma è propria di tutta la comunità parrocchiale, "animata da vocazioni, carismi e ministeri diversi e contrassegnata da un vivo senso della corresponsabilità. Tale soggettività dell'intera comunità parrocchiale non può limitarsi a essere un 'affermazione astratta, ma deve tradursi in realtà concreta in ciascuna parrocchia " ( cost. 142.8 1).

Affinché la comunità parrocchiale sia effettivamente soggetto unitario di pastorale, il Sinodo sottolinea la necessità di "sviluppare in essa, con le iniziative più opportune (a livello catechetico, di predicazione, di formazione personale), alcuni presupposti quali: una viva coscienza di appartenenza alla Chiesa come realtà di comunione e di corresponsabilità, un 'autentica vita di carità, una reale capacità di dialogo e di confronto, un 'attenta promozione delle diverse vocazioni e dei diversi ministeri, un appassionato attaccamento alla propria comunità ecclesiale insieme a una grande apertura alla cattolicità della Chiesa e a/la sua missionarietà" ( cost. 142. & 2).

Il Consiglio pastorale parrocchiale ha una particolare funzione nell'esprimere la soggettività pastorale della parrocchia. Come ricorda la cost. 147, § 2, esso "ha un duplice fondamentale significato: da una parte rappresenta l'immagine della fraternità e della comunione dell'intera comunità parrocchiale di cui è espressione in tutte le sue componenti, dall'altra costituisce lo strumento della decisione comune pastorale ".Il Consiglio pastorale non esaurisce la soggettività della parrocchia, ma, in quanto è autentica espressione della comunità e opera sempre inserito in essa, ne diventa lo strumento specifico di decisione pastorale.

1.5 Oggettività dell'azione pastorale e progetto pastorale

La vita e l'azione pastorale della parrocchia non sono lasciate al caso o al succedersi estemporaneo di iniziative dovute alla buona volontà del parroco o di alcuni fedeli, o a gruppi e realtà di vario genere presenti nell'ambito della parrocchia. Va salvaguardata, invece, l'unità dell'azione pastorale e l'oggettività della stessa. Secondo il Sinodo 47° uno strumento fondamentale per realizzare una effettiva comunione e unità di azione, basata su criteri oggettivi, è il progetto pastorale della parrocchia, che viene così descritto dalla cost. 143, § 3:

"Un 'espressione della comunione pastorale, che diventa strumento di oggettività per tutta la parrocchia è il progetto pastorale. Le linee fondamentali del progetto pastorale di ogni parrocchia sono quelle disposte dalla Chiesa universale e da quella diocesana, ma queste vanno precisate per il cammino della concreta comunità parrocchiale ad opera, in particolare, del parroco con il Consiglio pastorale. Il progetto pastorale di ogni parrocchia deve interpretare i bisogni della parrocchia, prevedere la qualità e il numero dei ministeri opportuni, scegliere le mete possibili, privilegiare gli obiettivi urgenti. disporsi alla revisione annuale del cammino fatto, mantenere la memoria dei passi già compiuti. Esso è un punto di riferimento obiettivo per tutti, presbiteri, diaconi, consacrati e laici; come pure per tutte le associazioni, i movimenti e i gruppi operanti in parrocchia. Va tenuto, infine, presente che la precisazione dei criteri oggettivi di conduzione della parrocchia favorisce la continuità della sua vita anche al di là del cambiamento dei suoi stessi pastori ".

Il Sinodo precisa che il cammino pastorale unitario della parrocchia, garantito in particolare dal riferimento al progetto, "intende evitare la dispersione o l'egemonia di persone o gruppi particolari e favorire la presenza e la crescita di tutti i fedeli con i propri carismi" (cost. 143, § 1): non si tratta, quindi, di un 'unità che mortifica, ma che fa convergere nella comunione l'apporto di ciascuno. Sempre il testo sinodale ricorda che il riferimento a criteri oggettivi nell'ambito dell'azione pastorale non si oppone all'iniziativa e alla genialità di ciascuno, a cominciare dal parroco, ma fa in modo che la ricchezza delle varie personalità venga portata nella vita della comunità, "in un 'ottica di comunione e di fedeltà al Vangelo di Cristo e all'insegnamento e alle scelte, anche di natura pastorale, della sua Chiesa, evitando ogni forma di soggettivismo " (cost. 143, § 2). Il Consiglio pastorale trova nel progetto pastorale unitario l'oggetto della propria attività e il riferimento centrale per ogni decisione. Primo compito del Consiglio pastorale è, infatti, quello di elaborare e periodicamente aggiornare il progetto pastorale, per fare in modo che le singole decisioni relative alla vita della parrocchia vengano prese in continuità con lo stesso, garantendo così uno sviluppo unitario e armonico della vita parrocchiale. Il progetto parrocchiale costituisce inoltre il conte- sto in cui il Consiglio per gli affari economici deve inserire le decisioni relative agli aspetti economici della parrocchia. Le risorse della parrocchia sono infatti primariamente a servizio della sua vita e della sua azione pastorale, che si articolano secondo le scelte del progetto pastorale.

Il Consiglio pastorale trova nel progetto pastorale unitario l'oggetto della propria attività e il riferimento centrale per ogni decisione. Primo compito del Consiglio pastorale è, infatti, quello di elaborare e periodicamente aggiornare il progetto pastorale, per fare in modo che le singole decisioni relative alla vita della parrocchia vengano prese in continuità con lo stesso, garantendo così uno sviluppo unitario e armonico della vita parrocchiale.

Il progetto parrocchiale costituisce inoltre il contesto in cui il Consiglio per gli affari economici deve inserire le decisioni relative agli aspetti economici della parrocchia. Le risorse della parrocchia sono infatti primariamente a servizio della sua vita e della sua azione pastorale, che si articolano secondo le scelte del progetto pastorale.

1.6 Presiedere e consigliare

La cost. 134 invita a fare in modo che nei vari Consigli, compresi quelli parrocchiali, "si attui sapientemente il' consigliare. e il presiedere ' " ( § 2, lett. g). Questi due verbi designano sinteticamente due atteggiamenti fondamentali per una buona realizzazione dei Consigli parrocchiali. Si tratta di due modi di porsi che non sono in parallelo o in contrasto tra loro, ma che devono trovare una sintesi armonica, a livello parrocchiale, soprattutto nel Consiglio pastorale. In questo senso va evitato l'errore di considerare che quanto più in una comunità parrocchiale è ampio il ruolo del consigliare, tanto più è ridotto lo spazio per il presiedere o viceversa. È vero l'opposto: un consigliare ecclesialmente autentico esige un punto di convergenza e di responsabilità ultima nel presiedere; un presiedere esercitato correttamente stimola il consigliare e lo fa nascere e crescere dove non esiste o è carente. In concreto, il Sinodo 47° definisce il consigliare in riferimento ai due consigli parrocchiali nel § 1 della cost. 147: "Un momento signifìcativo della partecipazione all'azione pastorale della parrocchia si realizza anche mediante il 'consigliare nella Chiesa " in vista del comune discernimento per il servizio al Vangelo. Il consigliare nella Chiesa non è facoltativo, ma è necessario per il cammino da compiere e per le scelte pastorali da fare. Il Consiglio pastorale parrocchiale e, nel suo settore e con la sua specifìcità, il Consiglio parrocchiale per gli affari economici, sono un ambito della collaborazione tra presbiteri, diaconi, consacra- ti e laici e uno strumento tipicamente ecclesiale, la cui natura è qualifìcata dal diritto-dovere di tutti i battezzati al/a partecipazione corresponsabile e dall'ecclesiologia di comunione" Il ministero della presidenza in riferimento al parroco, e ai presbiteri che con lui partecipano della cura pastorale della parrocchia, è descritto molto bene dalla cost. 142, § 4: "Un ruolo fondamentale per la realizzazione di una vera comunità parrocchiale, capace di esse- re vero soggetto di pastorale, è quello del parroco: a lui, come pastore proprio della parrocchia, è affidato il ministero del/a presidenza, non come modalità esaustiva di tutta l'azione pastorale, ma come compito di guida dell'intera comunità nella realizzazione di una comunione di vocazioni, ministeri e carismi e nell'individuazione e nell'attuazione delle linee del progetto pastorale".

Tenendo presente il giusto rapporto tra presiedere e consigliare è possibile comprendere come il Consiglio pastorale parrocchiale possa essere definito solo in termini analogici come "consultivo", mentre la sua prima definizione è quella, offerta dalla costo 147, § 2, di "soggetto unitario delle deliberazioni per la vita della comunità, sia pure con la presenza diversificata del parroco e degli altri fedeli ". Vale la pena riportare per esteso il proseguimento della stessa costituzione, perche precisa come realizzare tutto ciò anche quando non è facile arrivare a una decisione unitaria: "È quindi possibile definirlo [il Consiglio pastorale] organo consultivo solo in termini analogici e solo se tale consultività viene interpretata non secondo il linguaggio comune, ma nel giusto senso ecclesiale. I fedeli, in ragione della loro incorporazione alla Chiesa, sono abilitati a partecipare realmente, anzi a costruire giorno dopo giorno la comunità; perciò il loro apporto è prezioso e necessario. Il parroco, che presiede il consiglio e ne è parte, deve promuovere una sintesi armonica tra le differenti posizioni, esercitando la sua funzione e responsabilità ministeriale. L'eventuale non accettazione, da parte del parroco, di un parere espresso a larga maggioranza dagli altri membri del Consiglio potrà avvenire solo in casi eccezionali e su questioni di rilievo pastorale, che coinvolgono la coscienza del parroco e saranno spiegati al Consiglio stesso. Nel caso di forti divergenze di pareri, quando la questione in gioco non è urgente, sarà bene rinviare la decisione ad un momento di più ampia convergenza, invitando tutti ad una più matura e pacata riflessione; invece nel caso di urgenza, sarà opportuno un appello all'autorità superiore, che aiuti ad individuare la soluzione migliore ".

1.7 I beni economici come strumenti a servizio della pastorale. La responsabilità dei Consigli parrocchiali

.7.1 Il rilievo dei beni economici nella Chiesa

Ogni parrocchia, in modo più o meno sufficiente, ha a disposizione delle strutture e delle risorse, provenienti per la maggior parte dalle libere offerte dei fedeli. Tali strutture e risorse trovano senso solo se destinate alle finalità per le quali la Chiesa utilizza i beni temporali, che "sono principalmente: a. provvedere alle necessità del culto divino; b. fare opera di evangelizzazione, con particolare attenzione all'educazione cristiana di giovani e adulti, alla cooperazione missionaria e alla promozione culturale; c. realizzare opere di carità, specialmente a servizio dei poveri; d. provvedere all'onesto sostentamento del clero e degli altri ministri; e. promuovere forme di solidarietà tra comunità ecclesiali, all'interno della Chiesa cattolica e con le altre Chiese cristiane" (cost. 323).

I beni economici sono, pertanto, ecclesialmente importanti. Non sono una realtà neutra rispetto alla vita della comunità e alle sue scelte pastorali, ma strumenti da utilizzare con grande discernimento, verificando continuamente la fedeltà al Vangelo.

Solo la convinzione della rilevanza e insieme della delicatezza di tutto l'ambito dei beni può portare una parrocchia a dare il giusto rilievo al Consiglio per gli affari economici e alle responsabilità che il Sinodo affida al Consiglio pastorale a tale riguardo.

Il Capitolo 18 del Libro sinodale, in particolare le costt. 343-351 dedicate all'amministrazione dei beni della parrocchia, devono costituire punto di riferimento per ogni parrocchia ed essere oggetto di studio per i Consigli per gli affari economici. Vista la complessità e la specificità delle norme canoniche, concordatarie, civili e fiscali riguardanti le parrocchie, particolare disponibilità va data alla partecipazione alle iniziative di formazione e di aggiornamento che vengono proposte dagli organismi competenti, secondo quanto richiesto dalla cost. 348.