beato Giovanni Bono

 

Le congregazioni presenti nella Grande Unione del 1256

Il 9 aprile del 1256 papa Alessandro IV con la bolla "Licet Ecclesiae catholicae" sancì l'unione di cinque congregazioni eremitiche, "alcune delle quali - diceva il papa - si chiamano dell'Ordine di S. Guglielmo, altre dell'Ordine di S. Agostino, altre di Frate Giovanni Bono, altre di Favale e altre, infine, di Brettino".

Tale unione dava vita a una nuova famiglia religiosa che avrebbe dovuto organizzarsi e svolgere la stessa attività apostolica, come i primi due Ordini mendicanti, il domenicano e il francescano: essa si sarebbe chiamata "Ordine dei frati eremiti di S. Agostino". Questa unione, realizzata nel convento romano di S. Maria del Popolo, nel marzo 1256, era una conseguenza del programma di riforma iniziato nel 1215 da papa Innocenzo III, un programma che cercava di estinguere quei gruppi di predicatori, che agivano indipendentemente dalla Chiesa e a volte contro di essa, ponendo fine alla confusione fra pratica e vita religiosa.

Tale programma mirava anche a valorizzare la vita comune, la povertà evangelica e l'apostolato dei predicatori e degli eremiti attraverso un più vigile intervento da parte dell'autorità della chiesa. Promotore della "Grande Unione" agostiniana fu il cardinale Riccardo Annibaldi, nipote di Alessandro IV.

 

Gli eremiti di frate Giovanni Bono o Giamboniti

Si tratta del gruppo più noto. Questo si deve alla personalità del suo fondatore, Giovanni Bono o Buono, e al suo processo di beatificazione istruito per ordine di Innocenzo IV a Mantova e a Cesena dal 1251 al 1254.

Giovanni Bono nacque a Mantova verso il 1168. Orfano di padre, abbandonò la madre a 16 anni per dedicarsi al teatro comico ambulante: nel 1209 fu colpito da una grave malattia e dopo la guarigione cambiò vita dedicandosi alla penitenza. Dapprima visse solitario a Bertinoro e successivamente, fino al 1249, a Butriolo o Butrio a pochi chilometri da Cesena. Qui ebbe subito dei seguaci, che costruirono la prima casa della futura Congregazione, per quanto lui continuasse a vivere nel suo eremo isolato su un letto di rovi e di cardi. Accanto al suo eremo fu edificata la chiesa di S. Maria di Butriolo, dove andava tutti i giorni ad ascoltare la Messa. Giovanni fondò il suo primo eremo a Butrio con il permesso del vescovo Ottone di Cesena e ottenne che gli fosse data la Regola di S. Agostino. Il 24 marzo 1240 papa Gregorio IX approvò la decisione di Giovanni e dei suoi seguaci di vestire un abito nero, di cingersi con una cintura di cuoio, di calzare scarpe e portare in mano un bastone lungo cinque piedi. A Giovanni, ancora vivente, successe nella direzione della comunità frate Matteo da Modena. La fama di santità di Giovanni giunse allora all'apice: libero da occupazioni temporali, si dedicò alla contemplazione e alle opere di carità. Presagendo la fine nell'ottobre 1249 si portò con alcuni discepoli a Mantova, dove morì nell'eremo di S. Agnese in Porto. Nel 1251 il suo corpo fu collocato in un'urna di marmo, nella quale, riesumato cinque volte tra il 1252 e il 1798, riconoscimenti verificati dall'autorità ecclesiastica lo hanno sempre dichiarato incorrotto. Nel giugno 1251 papa Innocenzo IV comandò al vescovo di Modena di cominciare il suo processo di canonizzazione, che fu tosto concluso. Nel 1483 papa Sisto IV lo dichiarò beato.

I suoi eremiti, chiamati negli antichi testi, Giamboniti o Zamboniti avevano iniziato a diffondersi fuori Cesena con conventi a Rimini, Faenza, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Parma, Mantova, Cremona, Milano, Verona, Vicenza, Padova, Venezia, Treviso e altre città minori. Sembra certo che nel 1249 le loro comunità formassero già tre province: quella della Lombardia, la traspadana e la cispadana. Con la diffusione si era ampliata anche l'attività dei suoi religiosi, aggiungendo, al ritiro e alla penitenza, l'esercizio del sacro ministero.

Le vicende parrocchiali degli abitanti posti a Nord di Porta Giulia (Cittadella di Mantova)

Le vicende parrocchiali degli abitanti posti a Nord di Porta Giulia furono alterne e mutevoli. Aggregati da principio al Monastero di S. Ruffino, quando questo venne abbattuto per far posto alle fortificazioni di Cittadella, ne venne risparmiata la Cappella, ad uso degli abitanti fuori porta, per i quali rimase parrocchia fino alla guerra del 1630. Chiusa al culto per motivi bellici, la parrocchia fu trasferita in riva al Lago Superiore nella Chiesa di S. Giovanni Bono, rimasta "inoffiziata" dopo il trasferimento del corpo del Santo Mantovano in una chiesa di città. Quivi rimase per circa 25 anni finché Maria Gonzaga nel 1654 fece costruire, di fronte alla sua residenza di Porto, una Chiesa dedicata a S. Antonio di Padova; chiesa che venne abbattuta durante la battaglia della Favorita del 1797. Distrusse la chiesa, per circa quattro anni venne utilizzato l'oratorio del Drasso, finchè nel 1800 il parroco don Luigi Cabassi, a sue spese edificò sul terreno del "labirinto" una saletta-oratorio, accanto alla quale, tra il 1803 e il 1817, fece costruire dalle fondamenta il campanile, poi ricostruito nella forma attuale nel 1946.

In comunione con i nostri Santi. Diocesi di Cesena-Sarsina

Fin dall'inizio del cammino sinodale, mons. Garavaglia ha indicato in questo evento ecclesiale il segno di un rinnovato appello alla santità per tutta la Chiesa diocesana, che nel volto dei testimoni della fede ritrova la propria fisionomia e forza per la missione. Ora tale invito si arricchisce di un agile ma prezioso strumento: una raccolta dei ritratti di santità maturati nei secoli all'interno delle comunità di Cesena-Sarsina. Il diciottesimo quaderno sinodale contiene, infatti, brevi profili dei santi della diocesi ed offre l'esempio di persone dei nostri giorni che godono della fama di santità tra il popolo cristiano, anche se ancora manca il riconoscimento da parte dell'autorità della Chiesa, cui spetta il compito di dichiararne ufficialmente la santità. Si tratta di quattordici figure, elencate in ordine cronologico ad eccezione dei vescovi Vicinio e Mauro che aprono il quaderno, precedute da un breve saggio sul significato della santità nella Chiesa.

Fu eremita anche il beato Giovanni Bono, nato a Mantova nel 1168 e giunto a Cesena all'età di quarant'anni dopo aver girovagato come giocoliere. Qui si dedicò ad una vita di penitenza e, formatasi attorno a lui una piccola comunità di seguaci, vestì l'abito agostiniano. Dopo una vita segnata da grande umiltà e zelo per la conversione dei peccatori, Giovanni Bono morì nella città natale il 23 ottobre 1249.

Milano, 11 novembre 1999

La città di Casale Monferrato quest'anno ha potuto arricchire il proprio patrimonio artistico grazie all'intervento della Edison, che ha contribuito al restauro del ciclo di affreschi del Chiostro Piccolo di Santa Croce, attribuiti all'artista del Seicento Guglielmo Caccia detto il Moncalvo.

L'opera, che si compone di 12 lunette distribuite lungo i lati del chiostro, racconta la vita del Beato Giovanni Bono da Mantova. I dipinti, che hanno potuto riacquistare l'antico splendore anche grazie alla sponsorizzazione della Edison, sono entrati a far parte della mostra "Da Musso a Guala" sull'arte casalese dall'inizio del Seicento alla metà del Settecento, divenendone una preziosa testimonianza.

La chiesa di S. Giacomo Maggiore in Bologna

VICENDE STORICHE

Il 25 aprile 1267 nacque ufficialmente S. Giacomo Maggiore con la posa della prima pietra.

Già fin dal 1247 una comunità di eremiti, fondati dal beato Giovanni Bono da Mantova sotto la regola di S. Agostino, detti Giamboniti, si era stabilita quasi a ridosso delle mura che cingevano allora Bologna (seconda cerchia, detta "del mille") lungo il corso del Savena, ora deviato, in un luogo più o meno corrispondente all’attuale Villa Torri, lungo il viale Filopanti. Qui fondarono il loro monastero e la chiesa dedicata a S. Giacomo.

Nel 1256 Alessandro IV aveva riunito in un unico Ordine tutti gli eremiti che professavano la regola di S. Agostino, e così anche gli eremiti di S. Giacomo di Savena vennero a far parte del nuovo grande organismo detto "Ordine Eremitano di S. Agostino", il cui primo generale fu Lanfranco Settala da Milano, giambonita, proveniente dalla comunità del Savena.

Il bisogno di apostolato, che era una finalità del nuovo istituto, ed anche i disagi di un luogo rivelatosi malsano e di non felice scelta, indussero ben presto gli eremiti del Savena a ricercare un luogo più adatto nell’interno della città. Ma trovarono gravi ostacoli specialmente da parte del clero e delle fazioni ghibelline, e solo nel 1267 poterono entrare in città per l’appoggio del papa e con l’autorizzazione del vescovo, pur ghibellino, Ottaviano II degli Ubaldini, nipote de "il Cardinale" (Inf. X, 120) e fratello dell’Arcivescovo Ruggieri (Inf. XXXIII, 14).

Cosi gli Eremitani cominciarono la loro fabbrica, ma i contrasti continuarono e i lavori andarono a rilento. Solo dopo il 1282, rafforzatasi la parte guelfa, di tendenza popolare e favorevole ai religiosi, i lavori presero un ritmo regolare anche per i vari e massicci finanziamenti che il Senato e la Massa del popolo destinarono alla fabbrica sia con elargizioni dirette sia con la riscossione delle gabelle alle porte di S. Donato e di S. Vitale. La prima di queste elargizioni fu deliberata il 27 aprile 1285, essendo capitano del popolo Corso Donati, anch’egli di memoria dantesca (Purg. XXIV, 82-90).

La chiesa fu terminata nel 1315, ma la sua consacrazione avvenne soltanto nel 1344.

La valle del Cesuola e L'eremo di S.Giovanni Bono, Cesena 1990

 

Beato GIOVANNI BONO

1168 - 1249

Eremitano di S. Agostino, nacque a Mantova nel 1168 e vi morì nel 1249. Nobile e ricco, ebbe gioventù dissipata. In seguito alla morte del padre e a una grave malattia si convertì, e donati i suoi beni ai poveri, dopo un viaggio in Terrasanta si fece eremetica a Budriolo (Cesena). Qui con alcuni compagni fondò la congregazione detta poi dei Giamboniti, secondo la regola di S. Agostino, che ebbe subito una larga diffusione e che venne assorbita dal nascente Ordine Agostiniano.

Ebbe il dono della profezia e dei miracoli e alla sua morte fu venerato come santo. S. Antonino da Firenze ne scrisse la vita. Il suo culto fu approvato nel 1483 e la sua festa si celebra il 23 ottobre.

Beato Giovanni Bono Religioso

23 ottobre (anche 16 ottobre)

Mantova, 1168 - Mantova, 16 ottobre 1249

Dopo una vita spensierata si ritirò in un eremo nei pressi di Cesena, vivendo una vita di penitenza, di privazioni di preghiera e di accoglienza di persone di ogni genere. Rimanendo laico la sua vita di preghiera attirerà molti laici che seguiranno il suo stile di vita. Il suo Istituto si propagò in diverse parti e ricevette dalla Santa Sede la Regola di Sant’Agostino. Sisto IV lo proclamò beato nel 1483.

Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico

Nacque a Mantova verso il 1168. Orfano di padre, a circa 16 anni lasciò sua madre e girovagò come attore comico per le varie regioni d'Italia; ammalatosi gravemente verso il 1209 si propose di mutare vita e fare penitenza dei suoi peccati. Recuperata la salute, cominciò ad attuare la sua promessa, vivendo prima come solitario, vicino a Bertinoro, e dal 1210 - o poco dopo - fino al 1249 in altro luogo più appartato, chiamato Butriolo, presso Cesena. Qui ebbe subito dei seguaci, che costruirono la prima casa della futura Congregazione, ma lui continuò a vivere nel suo eremo. Consta che vi tenesse un crocifisso, un'immagine della Vergine, una pila per l’acqua benedetta e una tavola sulla quale dormiva vestito. I cardi e i rovi dei giorni di maggior penitenza venivano sostituiti, quando era ammalato, con un po' di paglia e due mantelli, uno sopra la tavola e l’altro per coprirsi.

Accanto al suo eremo fu presto edificata la chiesa di S. Maria di Butriolo, dove andava tutti i giorni per ascoltare la Messa. I testimoni del suo processo assicurano che si confessava frequentemente, che era umile, benigno e caritatevole.

Da quando cominciò ad avere seguaci, cominciarono anche le visite delle persone attratte dalle sue conversazioni spirituali. Questo spiega il frutto dei suoi discorsi con persone di ogni ceto, sebbene, oltre ad essere laico, fosse un analfabeta. Si limitava ad ascoltare la Messa e l’Ufficio divino, e sfogava a parte il suo fervore con il Padre nostro, l’Ave Maria, il Credo, il Miserere e qualche altro salmo che sapeva a memoria. Il suo patrimonio spirituale si riduceva all'educazione cristiana ricevuta nella casa paterna, ai discorsi ascoltati dopo la sua conversione e al ricordo dei testi della Sacra Scrittura, che ripeteva nelle sue conversazioni. Questo piccolo capitale di dottrina si arricchì con l'esercizio delle virtù cristiane e l’intimità con Dio.

Il suo Istituto si propagò in diverse parti, ma, non avendo alcuna delle Regole approvate, i suoi fecero ricorso a Roma, ottenendo che fosse data loro la Regola di S. Agostino. Quando contava ormai una settantina d'anni, volle porre in mani più forti la direzione delle sue comunità. Poté così dedicarsi maggiormente, negli ultimi dieci anni, alla contemplazione. Ai primi di ottobre del 1249 cominciò con alcuni discepoli il viaggio verso Mantova. Qui giunto tale si ritirò nell'eremo di S. Agnese in Porto, dove morì il 16 delle stesso mese.

Sisto IV nel 1483 lo dichiarò beato.

La sua memoria liturgica ricorre il 23 ottobre insieme a quella di S. Guglielmo, eremita.

Autore: P. Bruno Silvestrini O.S.A.