NASCITA E STORIA DELLA CHIESA
E DELLA PARROCCHIA DI MACCHIA

Le origini - I primi restauri - Don Salvatore Fiamingo
La Chiesa M. SS. della Provvidenza diviene parrocchia
Don Giuseppe Patanè - Padre Giuffrida e il grande restauro
Padre Saturnino e la parrocchia oggi 
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Le origini

e origini della primitiva chiesetta (tale era all'inizio) nella contrada "quae vulgo appellatur della Macchia" dove si adorava un'immagine della Madre di Dio "Mater Providentiae" sono avvolte nel più fitto mistero. I dissesti subiti nelle varie epoche dagli archivi ecclesiastici degli edifici di culto sorti in tempi diversi nei borghi rurali della vecchia Contea di Mascali, e la circostanza storica di essere soggetti (per antica costituzione risalente al periodo normanno) alla giurisdizione ecclesiastica messinese, hanno contribuito non poco a rendere oscura la genesi di molte chiese rurali del territorio. D'altronde, se essa fosse sorta - tra la fine del '600 ed i primissimi decenni del '700 - per la munificenza di un privato donatore, laico o religioso, avremmo sicuramente trovato traccia in atti pubblici o private scritture di epoca successiva. L'ipotesi più attendibile è, quindi, che il popolo sia stato l'artefice della costruzione scegliendo il terreno, ceduto gratuitamente dal legittimo proprietario (o presunto tale), apprestando i materiali necessari: pietra grezza delle vicine cave, sabbia del torrente, calce, argilla e pomice vulcanica, legname del vicino bosco, pensando anche a dotarla di cera, olio, e degli arredi occorrenti per lo svolgimento delle funzioni liturgiche. 
Riguardo le origini del paese, si sa con certezza che già molti secoli addietro un punto obbligato della vecchia strada consolare, che da Catania portava a Messina, era denominato "Passo della Macchia" come attestato da alcuni documenti del 1561. In base però a quanto è scritto nei quaderni della Contea di Mascali alla quale il territorio di Macchia è appartenuto sino al 1815, anno del distaccamento di Giarre da essa, la storia della comunità viene fatta iniziare nel 1613 circa quando i vescovi di Catania impossibilitati di far fronte ai lavori di disboscamento e di trasformazione dei loro possedimenti, che ormai rendevano poco, decisero di dare le loro terre in enfiteusi per avere un reddito più alto. Cominciò così l'insediamento di famiglie, nella zona di Fondo-Macchia, che, per essere vicini alle loro terre, costruirono in loco le loro abitazioni. Col passare degli anni, col crescere dei figli e anche per la loro sistemazione familiare, cominciò a crearsi una comunità di tipo patriarcale. Questi insediamenti sono andati crescendo nel corso del XVII secolo non solo a "Fondo-Macchia", ma anche più ad est, in pianura, sul costone alto del torrente. Questi coloni, provenienti dalla Contea di Mascali, per dare testimonianza della loro fede, costruirono nel luogo dei loro primi insediamenti tre icone (atareddi). L'insediamento, nella prima metà del Settecento, cominciò ad assumere la dimensione di un quartiere, pressappoco con le caratteristiche topografiche di oggi. (Il territorio, probabilmente, aveva ospitato l'antica "apotheca", un villaggio di epoca romana o greca, ciò è testimoniato dal fatto che in località "Fondo Macchia" è stato ritrovato un "dolium", un'antica giara di epoca romana e che questo toponimo è resistito fino a pochi cinquantenni fa per indicare i terreni circostanti il paese).

il probabile quartiere di Macchia nel 18° secolo, Piuttosto scarne, comunque, sono le notizie sui primi decenni di vita della chiesa, né esistono indizi di formazione posteriore che ci possano utilmente orientare nella ricerca.Un dato certo, assistito da un riferimento cronologico coincidente con l'anno 1741 (data riportata nello Statuto della Confraternita) è che a quest'epoca la chiesetta doveva essere stata già da alcuni anni benedetta dal Vicario di Mascali e dichiarata ritualmente “sacramentale” dall'Arcivescovo di Messina, al fine di potersi celebrare la Santa Messa e praticare il precetto la domenica e nelle festività più importanti del calendario. La presenza già in quell'anno (ed il “Liber Defunctorum” decorre dal 1742) di una Congregazione laica operante nel tessuto sociale, esemplarmente stretta attorno alla guida spirituale di un cappellano, presuppone infatti un esercizio del culto protrattosi da tempo, e di riflesso un'evangelizzazione avanzata della comunità di appartenenza.
Di quel periodo la testimonianza dello storico Sacco: “Macchia fabbricata in pianura a due miglia dal mare e a quattro da Mascali, esiste una Chiesa sacramentale e due confraternite laicali”, una quella sopracitata, l'altra quella di S. Matteo Apostolo allora canonicamente sottoposta alla chiesa di Macchia e degno luogo di sepoltura.
Eventi catastrofici di varia natura, alluvioni e prevalentemente terremoti che fecero tremare la terra nel corso del ‘700 consigliarono, come si è detto, il rafforzamento della struttura sacra esistente, e fin dove possibile il suo ampliamento. Una necessità, quest'ultima, imposta anche dalle variazioni in aumento della popolazione, che già nella seconda metà del Settecento, pur conservando una marca caratterizzazione agricola, o dedita ad attività sussidiarle all'agricoltura (pastorizia, taglio del legname, ecc.), abbracciava nondimeno l'esercizio organizzato di mestieri artigianali. Così a metà Settecento, Macchia è gia un adulto quartiere, con un'identità ben definita dal punto di vista socio-economico ed ecclesiastico. Per avere altri dati su fatti importanti che riguardano la Chiesa, bisogna arrivare al 1774, anno in cui fu comprata una campana che reca questa scritta: PIETAS POPULI ME CONSTRUXIT (Mi ha fatto costruire la pietà del popolo); con la collaborazione delle famiglie più agiate che fornirono notevole quantità d'argento per la fusione, per iniziativa popolare, un'altra campana verrà costruita in loco, dedicata a: “Dio, alla Vergine Maria e a S. Vito”; è risalente infatti a questi anni, la devozione al Martire di Mazzara.  
Il borgo divenne sede dell'Eletto particolare nel secondo decennio dell'Ottocento quando Giarre, come già detto, divenne comune autonomo (1815), retto a partire dal 1818 da un Sindaco collaborato da decurioni che rappresentavano anche i vari quartieri.

 

 

I primi restauri

La prima ricostruzione della Chiesa sacramentale, ascrivibile cronologicamente agli inizi della seconda metà del Settecento è da mettere fondatamente in correlazione con il progressivo espandersi dell'abitato verso est, cioè in direzione del tracciato della vecchia consolare (S. Leonardello, S. Matteo, Macchia, Tagliaborsa, vecchia Mascali), che a quel tempo aveva già subito una deviazione verso Giarre con una biforcazione che iniziava prima di Trepunti (bivio per Rovettazzo) e proseguiva quindi per Altarello. Nel 1851 Macchia risulta già collegata con Giarre da una rotabile, attraverso la via più breve, incessantemente percorsa da mulattieri e carrettieri provenienti da S. Alfio, diretti alla rada di Riposto con il loro carico di vino e di altre mercanzie.  
Nel corso dell’Ottocento, almeno in tre occasioni di scosse telluriche di inaudita violenza il carattere fiero e lo spirito di ripresa dei macchiesi furono messi a dura prova. Il primo terremoto si ebbe nel febbraio del 1818, per i danni provocati, l’Intendenza di Catania istituì ad Acireale una Commissione con il compito di coordinare gli interventi nei centri del mascalese; il 18 luglio 1865 vi fu un altro sisma, l’abitato di Macchia fu gravemente colpito, la chiesa di S. Matteo Apostolo che fino ad allora aveva svolto la funzione di "calvario" fu dichiarata inagibile e quindi interdetta al culto. Dopo poco tempo, il perimetro murario della Chiesa Madre, gravemente lesionato, fu oggetto di un secondo ampliamento, con irrobustimento delle strutture portanti, sfruttando le cognizioni tecniche del tempo; fu allora che venne definito l’organismo architettonico della chiesa nella sua configurazione attuale a tre navate suddivise da colonne sormontate da eleganti capitelli corinzi, ma nel 1871 le opere non dovevano ancora essere complete visto lo stanziamento per i lavori di £ 500. In quest’anno, vennero espropriati dal comune di Giarre i locali dei Padri Francescani Scalzi e dei Padri Carmelitani che fino ad allora erano stati presenti a Macchia; ciò era accaduto anche in molti altri centri della Sicilia, molti ordini erano stati soppressi ad opera del Governo dell'Italia post-unitaria. 
La chiesa di Macchia non fu risparmiata dall’onda sismica che, a distanza, di nemmeno venti anni (11 febbraio 1881), si abbatteva nuovamente sul territorio, dove non si era ancora spento l’eco della precedente catastrofe. La Giunta Comunale, presieduta dall’ avv. Lucio Quattrocchi, si riunì e provvide entro certi limiti stanziando una cifra che ammontava a £ 800 (erano stati valutati danni alla costruzione ammontanti a circa 1500 lire). La chiesa, questa volta, rischiò veramente di crollare, essendo risultati gravemente lesionati i muri di fabbrica e la volta, e per porvi riparo non bastò la carità cittadina. Tuttavia i danni non furono tali da comportare modifiche all’assetto architettonico-funzionale e decorativo interno. La posa, a ridosso della parete di mezzogiorno, di tre robusti pilastri in conci lavici squadrati, legati ad opera d’arte e distanziati l’uno dall’altro, è verosimilmente di questo periodo.

 

 

Don Salvatore Fiamingo

Una figura di cappellano che lasciò un’impronta indelebile nella storia della chiesa sacramentale è quella di Don Salvatore Fiammingo, secondogenito dell’intraprendente capostipite Don Giuseppe. Nato a Macchia il 5 marzo 1785, venne ordinato sacerdote nell’anno 1808, quindi nominato dal Magistrato Municipale di Mascali-Giarre cappellano della Chiesa Sacramentale di Maria SS. della Provvidenza di Macchia il 31 agosto 1813. Dieci anni più tardi, l’elezione con decreto reale del 9 settembre 1823 a primo arciprete parroco “Primus Archipresbiter parochus” della Chiesa di S. Isidoro del comune di Giarre e delle chiese Filiali di tutto il suo territorio. Il rev. sac. Don Salvatore Fiamingo Una carica prestigiosa che conservò sino al 27 dicembre 1868, data del decesso a Macchia, luogo di sua abituale residenza. Con atto pubblico del 22 luglio 1861, donò filantropicamente alla Chiesa Matrice di Macchia “un tenimento di case site nella strada Ospizio” ed un vigneto ubicato in contrada S. Matteo. Quest’atto di liberalità consentì il sorgere, ad iniziativa dello stesso donatore, di una struttura didattico-educativa al servizio delle ragazze povere della frazione, come “scuola franca” accessibile gratuitamente a chi volesse ricevere “un’educazione morale e religiosa” ed anche pratica (leggere e scrivere), apprendendovi altresì il “mestiere donnesco di costura”. Il munifico arciprete guardava al futuro della sua Macchia, e si direbbe, all’emancipazione in prospettiva della donna. Ed anzi si era riservata la nomina della maestra-istruttrice nella persona di Franca Sebastiana Sorbello di Zafferana, da lui ritenuta la più adatta al compito assegnato; aveva inoltre arricchito la Chiesa di Macchia (e altre chiese minori di Giarre) di paramenti e arredi. Dopo la morte dell'arciprete Fiamingo, con la nomina del primo Vescovo di Acireale (1872), Mons. Gerlando Maria Genuardi, le visite pastorali si fecero più frequenti tanto da suscitare nel cuore di molti macchiesi un vivo interesse religioso. Alla fine dell’Ottocento, numerose erano le funzioni religiose che venivano svolte tra cui ricordiamo: la predicazione quotidiana nel mese di maggio sulla Vergine Maria; predicazione ogni primo venerdì del mese sul Cuore di Gesù; predicazione nei sabati del Rosario e nella novena di Natale; quattro sante messe, in ore diverse, la domenica e nelle feste di precetto, compresa la messa di mezzogiorno come nelle grandi parrocchie; novena e panegirico di S. Vito, in preparazione della festa (ultima domenica di agosto), Sacre Quarantore in occasione della festa della Madonna della Provvidenza e molte altre. Nel 1887 la Chiesa Madre di Macchia è dotata di un organo e un anno dopo viene donato il terreno sul quale sarà subito edificata la nuova Chiesa del Calvario.

 

 

La Chiesa M. SS. della Provvidenza diviene parrocchia

La storia della parrocchia autonoma di Macchia è abbastanza travagliata. La spinosa vicenda prende l’avvio da una rituale (e breve) ispezione alla Chiesa giarrese compiuta da un Visitatore Apostolico, il 30 novembre 1907 (il vescovo Genuardi era morto il 4 giugno 1907). L’alto rappresentante della gerarchia vaticana si incontrò, nello svolgimento del suo mandato, con i fedeli di Macchia, lasciando intendere che essi potevano legittimamente aspirare a rompere nelle forme previste dal diritto canonico i secolari rapporti che li legavano all’Arcipretura di Giarre, già da quando Don Salvatore Fiamingo era stato eletto parroco della chiesa di S. Isidoro di Giarre. Ma forse nell’animo dei macchiesi covavano già propositi di autonomia parrocchiale, mescolati ad interessi di natura non strettamente religiosa, resi noti dall’arciprete parroco dott. Carmelo Patanè che, in un vero e proprio processo canonico, difese strenuamente l’unità parrocchiale di Giarre, rimproverando ai macchiesi di non essere numerosi abbastanza per costituire una parrocchia e di avere nella propria comunità ben quattro cappellani e già servizi religiosi più che soddisfacenti. L’istruzione del processo si completò nel 1910 e fu subito spedita a Roma; la Sacra Congregazione Romana, in un rescritto, rimetteva al vescovo di Acireale, l’allora Mons. Giovanni Battista Arista, la facoltà di concedere secondo il suo “arbitrio e coscienza” la “grazia della dismembrazione”. Ancora sette mesi di ponderate richieste, ed il 12 gennaio 1911 il vescovo emise con decreto la Bolla di erezione:

  “Separiamo e dismembriamo la sopraddetta Chiesa Filiale ed esistente nella zona di Macchia con i suoi abitanti, le famiglie ecclesiali e i loro redditi dalla Chiesa Parrocchiale della località di Giarre e: la costituiamo e la erigiamo in Chiesa Parrocchiale secondo i suoi confini concordemente riconosciuti, dei quali si parla negli atti”

  L’opera di erezione a parrocchia, però, non fu completa a causa di particolari di rilevanza giuridica, fino a quando nel 1921, con l’elezione a vescovo di Acireale di Mons. Salvatore Bella, furono sancite definitivamente le erezioni di ben 42 parrocchie nel territorio diocesano.

 

 

Don Giuseppe Patanè

Il primo Arciprete della parrocchia “Maria  SS. della Provvidenza” fu il sacerdote Don Giuseppe Patanè, che nato a Macchia il 29 maggio 1874 e ordinato sacerdote il 12 agosto 1906, dopo aver vinto il concorso per il parrocato svoltosi il 10 maggio 1921, prese possesso della parrocchia il 3 luglio dello stesso anno. Con l’arrivo del primo parroco, accolto trionfalmente dalla popolazione, Macchia si accingeva a vivere uno dei periodi più esaltanti della sua storia ecclesiastica, che veniva ora ad arricchirsi del carisma ricco di contenuti spirituali e dottrinari del giovane pastore (non era ancora cinquantenne), che forte dell’esperienza di vice parroco maturata nella Chiesa Madre di Riposto dal 1° gennaio 1907 sino al dicembre 1916 e di integerrimo Ministro di disciplina al collegio S. Michele di Acireale, non perdeva tempo ad organizzare una scuola di catechismo per i fanciulli, le sue creature predilette. L'arciprete Patanè I “paggetti del SS. Sacramento” con patrono S. Tarcisio (del quale oggi resta un piccolo simulacro in sagrestia), furono oggetto delle sue costanti cure, convinto com’era che l’educazione cristiana dei giovani virgulti potesse contribuire all’elevazione morale della società, opera, questa, a cui si dedicò interamente e senza pause coadiuvato dalla presidente dell’Azione Cattolica, signorina Grazia Russo. Istituì inoltre corsi serali di catechismo per gli adulti, un Oratorio Festivo, una Filodrammatica, e non tralasciò per questo i suoi doveri di ministro del culto; il “piccolo clero” (i chierichetti) fu il suo confessato orgoglio. Negli anni successivi alla grande ristrutturazione, poi, curò con regolarità i restauri alle statue e ai preziosi paramenti ricamati in oro della chiesa, cosciente del loro immenso valore. Collaboratori del parroco nel dare un impulso senza precedenti all’attività di apostolato e di preghiera furono i sacerdoti Don Matteo Patanè e Don Vito Barbagallo entrambi nativi di Macchia ed ordinati sacerdoti insieme all’arciprete Patanè. Un valido sostegno fu dato anche de Don Benedetto Cesarò amministratore della cera e poi cappellano della Chiesa dell’Addolorata, a quel tempo appena allestita. Completava questa eletta schiera di sacerdoti macchiesi Don Salvatore Patanè. La grande ristrutturazione di cui si è parlato, risale al 1922-23. Resasi improrogabile dopo l’ultimo terremoto dell’ottobre 1920, essa fu ad opera dell’appaltatore macchiese Sebastiano Caltabiano. Venne prima demolita la volta reale della navata centrale perché gravemente lesionata e pericolante, la si ricostruì con céntine di legno e lamiere di ferro cementato, si proseguì con l’abolizione delle coperte di legno e dei coppi delle due navate laterali. Si rivestì la volta centrale con decorazioni a cassettoni e le cappelle del protettore S. Vito Martire e del SS. Sacramento all’apice delle due navate laterali furono sfarzosamente decorate in oro zecchino. La chiesa fu inoltre interamente pavimentata. Le spese totali ammontarono a £ 80.000 e grazie all’interessamento del Comm. Carlo Parisi furono concessi finanziamenti dal Ministero dei Lavori Pubblici e, dopo circa tre anni, fu istituita a Macchia una commissione per il restauro totale della Chiesetta del Calvario. Il ripristino delle attività democratiche che segnò la svolta storica del 2° dopoguerra, fece registrare a Macchia la nascita del Circolo Artistico, che ebbe un’intensa stagione culturale-drammatica, usufruendo del teatrino parrocchiale.

 

 

Padre Giuffrida e il "grande restauro"

Il 1° luglio 1945, il ministero parrocchiale passa al sacerdote che ormai da un anno aveva avuto la nomina, prima di vicario e poi di economo da Mons. Salvatore Russo, Vescovo di Acireale. Macchia in una cartolina postale degli anni '60 È Don Salvatore Giuffrida di Milo, che era stato ordinato sacerdote dallo stesso Pastore diocesano. Negli anni che seguirono il dopoguerra non si tralasciarono iniziative di solidarietà nei confronti dei più bisognosi, vi fu una ripresa di tutte le attività ricreative della parrocchia e nell’estate 1952, si inaugurò a cura dell’E.C.A. di Giarre, la colonia diurna “S. Vito Martire” sotto la direzione dell’insegnante Carmelina Sgroi. Gli anni ’60 e ’70 rappresentarono un arco di tempo in cui le forze cattoliche si prepararono ad affrontare i grandi temi di riflessione sui ministeri ecclesiali. Si diede importanza, come non mai, ai servizi dell’accoglienza, della catechesi e del canto. Nello spirito di rinnovamento ecclesiale voluto dal Concilio Vaticano II, si tennero periodicamente le Assemblee delle Pontificie Opere Missionarie sollecitando a collaborare clero e fedeli. Il 1960 vide l’arrivo a Macchia delle suore “serve della divina Provvidenza”, anche se già prima, dal 1933 al 1956 un gruppo di suore cappuccine era stato presente a Macchia grazie a suor Crocifissa al secolo Agatina Parisi al quale poi si era aggregata. Le suore si dedicarono subito, anche grazie alla cessione gratuita di un immobile in via Carcara (oggi via Risorgimento) da parte di suor Crocifissa, all’educazione e all’assistenza dell’infanzia. È in questi anni, poi, che la chiesa di Macchia subì un secondo grande restauro, quello che la porterà ad avere esteriormente l’aspetto attuale. L'arciprete parroco don Salvatore Giuffrida La facciata della chiesa fu interamente ridefinita, il campanile preesistente fu inglobato da questa e le tre porte furono leggermente ristrette e abbellite con fregi. Tutto il frontespizio fu progettato secondo canoni stilistici classico-rinascimentali armonici e lineari, e la nuova facciata fu impiantata direttamente sulle murature già esistenti; l’organo e l'altare maggiore della chiesa vennero profondamente modificati.
Il 14 marzo 1970 la chiesa fu riaperta al culto e la cerimonia di inaugurazione fu concelebrata dal parroco, dall’ausiliare del Vescovo Mons. I. Cannavò e da S. Ecc.za P. Bacile il 24 ottobre dello stesso anno. Tutta la comunità parrocchiale era in festa per un vero rinnovamento della vita ecclesiale. Nello stesso periodo si prese in seria considerazione l’ipotesi sostenuta dal prof.
La facciata della Chiesa Madre di Macchia appena dopo l'ultimo restauro Mariano Strano di costruire una torre campanaria a lato dell’abside, ma il progetto non venne mai eseguito. Come detto vi fu un vero e proprio rinnovamento nella vita della parrocchia e nei suoi gruppi, così nel febbraio 1977 fu già tempo che la Filodrammatica “S. Vito Martire” (oggi ass. cult. “Carlo Parisi”) si esibisse offrendo alla Comunità Parrocchiale qualche ora di svago e di sano divertimento. Venne approntato un seguitissimo “calendario degli spettacoli” con recita di commedie. 
Il 30 settembre 1978 fu ordinato sacerdote il diacono Antonio Russo, oggi parroco della chiesa "Regina Pacis" di Giarre
Il II Congresso Eucaristico Parrocchiale che si tenne dal 24 al 30 marzo 1983 con un ricco programma che coinvolse tutti, rappresentò un avvenimento straordinario. Nel febbraio 1986 vi fu la prima visita pastorale del Vescovo Mons. Giuseppe Malandrino. Nel 1986 giunse il momento di acquistare, beneficiando di un contributo regionale, il nuovo orologio da torre, che fece seguito all’elettrificazione delle campane.

 

Padre Saturnino e la parrocchia oggi

Essendosi dimesso il venerando parroco il 15 giungo 1992 per sopravvenuti motivi di salute (morirà a Milo l’8 aprile 1996), al suo posto si insediò con una solenne cerimonia svoltasi in chiesa il 9 agosto 1992 L'attuale parroco Rev. Sac. Sebastiano Saturnino alla presenza di autorità civili e religiose, il sac. Sebastiano Saturnino, nato a Giarre il 3 giugno 1937, ordinato sacerdote il 15 marzo 1970 a San Giovanni in Laterano a Roma e già vice-parroco della Basilica di San Pietro di Riposto. Con Padre Saturnino, la parrocchia acquistò una nuova dimensione liturgico-pastorale. 
Nella notte tra il 10 e l’11 settembre, un fatto spiacevole, purtroppo, segnò l'inizio della permanenza a Macchia di Padre Saturnino, vennero infatti, trafugati 9 dei 10 quadri risalenti al 19° sec. probabilmente dipinti dal maestro G. Zacco, incastonati alle pareti laterali; delle fedelissime copie ottenute grazie ad avanzate tecnologie fotografiche, saranno collocate negli spazi preesistenti nel marzo 1998. Nei primi anni '90 vennero donate alla chiesa due case: una retrostante ad essa, lasciata in eredità dalla signora Maria Cantarella dopo la sua morte ed un'altra, sita in via del Biancospino offerta dal sig. Sebastiano Bonaccorso.
Il 6 gennaio 1993 il reverendo parroco indisse la Missione Popolare cittadina che si tenne dal 14 al 29 ottobre 1994; un gruppo di padri passionisti, di religiose e laici giunse a Macchia, accolto dalla comunità e da Mons. Giuseppe Malandrino. Furono giorni indimenticabili per i parrocchiani che ancora ne portano un vivo ricordo.
L’11 settembre 1995, grazie al contributo della Regione Siciliana e di tutti i cittadini, venne riaperta la Chiesa del Calvario, interdetta al culto nel 1984 a causa di un terremoto che ne aveva fatto crollare la volta e l'indomani iniziarono in Parrocchia i festeggiamenti in occasione dell’Ordinazione Sacerdotale di Mario Arezzi, che si svolse nell’Anfiteatro del Parco Giardino di Macchia il 16 settembre: per la prima volta venne trasportato il quadro della Madonna Addolorata dalla Chiesa omonima alla Chiesa Madre.
Ma gli eventi recenti sicuramente più eccezionali ed entusiasmanti sono stati il Congresso Mariano–Mariologico celebratosi dal 15 al 30 ottobre 1997, in preparazione al Giubileo del 2000 - per la prima volta si ebbe in parrocchia il reliquiario contenente le lacrime della Madonna di Siracusa - e il III Congresso Eucaristico Parrocchiale celebratosi nel maggio 1999. La Parrocchia Maria SS. della Provvidenza ha vissuto intensamente il Grande Giubileo; il 2 gennaio 2000 alcuni bambini hanno preso parte in Piazza San Pietro al giubileo dei ragazzi, mentre dal 15 al 20 agosto una delegazione di giovani ha partecipato alla 15ª Giornata Mondiale della Gioventù. Nel febbraio 2001 il nuovo vescovo di Acireale mons. Salvatore Gristina è venuto per la prima volta in visita pastorale nella nostra parrocchia.

 

BIBLIOGRAFIA

Vincenzo di Maggio, La Chiesa Maria SS. della Provvidenza di Macchia

Sac. Filippo Fresta, 90° Annivers. dell'Istituzione della Parrocchia "M. SS. della Provvidenza" di Macchia

Isidoro M. Barbagallo, Da Giarre a Taormina, la Storia attraverso i toponimi