INCONTRO RAVVICINATO

da Camminiamo Insieme - anno 26, n.35 del 03/05/2009

di Don Piergiorgio Solbiati

 

Mi confessa di non riuscire a fermarsi, capisce quanto suggerisco nell'omelia dell'importanza di una sosta. Questo vale anche per le preghiere, le formule, mentre cammina oppure guida. Porta con sé tutto il desiderio di sostare. E però non ci riesce.

Mi accorgo che gli scivolano addosso le motivazioni. Sono sacrosante come lo è il bisogno vivo di una spiritualità. Dopo la confessione mi fermo in chiesa a chiedermi perché uno che vive simili nostalgie non riesca ad attuarle.

D'altronde anch'io che dovrei essere un uomo di preghiera avverto che se non mi do' tempi e spazi, finisco per essere solo il celebrante.

Il disastroso terremoto in Abruzzo proprio nella Settimana Santa, mi ha portato a proporre, come piccolo gesto dopo la confessione, a tante persone, di pregare per una famiglia rimasta senza casa, sicuro che dove non posso arrivare io con il mio aiuto ci arrivi il Signore con il suo conforto e sostegno.

Ho proposto questa intenzione di preghiera perché credo nella "comunione dei Santi", cioé in questa sorta di vasi comunicanti spirituali.

Sono certo che compiranno bene il gesto spirituale con i propri familiari, lo capisco dagli occhi e dal consenso commosso.

Ma poi nel quotidiano, non riusciranno a sostare per rigenerarsi, o come qualcuno dice per ricaricare le batterie e, riconoscere il volere di Dio, ringraziarlo o lodarlo.

Finalmente mi ricolloco nel tempo, guardo l'orologio ed è passata mezz'ora da quando sono uscito dal confessionale. Mi sento a mio agio. Il silenzio della chiesa mi fa bene, la mente è libera dai soliti pensieri, il respiro è calmo. E' come se il mio petto si fosse dilatato. Sto facendo l'esperienza di un animo che si è placato senza più l'urgere di emozioni, reazioni, sentimenti, tensioni, ansie, esaltazioni, frustrazioni, problemi.

Mi sembra di essere un ampio e calmo stagno in cui la luna si specchia. Sono nelle condizioni buone perché avvenga qualcosa. E' proprio come per quella luce della luna che pone nel mio stagno una condizione nuova.

E' il momento dello Spirito, cioé di una presenza diversa. Mi ritornano le parole di Gesù: "vi manderò il mio Spirito". Non è infatti uno stadio superiore quello che ho raggiunto. E' semplicemente che nel mio intimo ho eliminato sassi, sterpi che non possono accogliere il buon seme. Ho solo liberato l'animo e ora è terreno buono in cui arriva il suo Santo Spirito. Santo significa diverso, e io questa diversità mica la posso costruire, la posso solo ricevere come dono.

Sono importanti le motivazioni, quello che però fa decidere per la preghiera, è fare l'esperienza di Dio che si china su questa mia piccola e povera umanità per farla partecipe di un incontro troppo rimandato e atteso.

Capisco la bellezza di alcune preghiere, vera espressione dell'esperienza di Dio. Prendi questa: "Apri la tua porta anche se ho fatto tardi. Non chiudere la tua porta: sono venuto a bussare. A chi ti cerca nel pianto apri, Signore pietoso. Accoglimi al tuo con vito, donami il Pane del regno".

Lui è sempre pronto ad un incontro ravvicinato, devo stabilire il contatto.

Cosa ho detto a Lui non lo so, gli ho dato asscolto e mi sono trovato a scrivere questi pensieri, quasi un messaggio ad un penitente che mi diceva la sua voglia di pregare e non ci riusciva.

don Piergiorgio


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