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da Camminiamo Insieme - anno 26, n.27 del 08/03/2009

di Don Piergiorgio Solbiati

 

Sui giornali appaiono gli estremi di ogni comportamento umano. Le cronache ci parlano di barboni incendiati, di stupri, violenze e inganni ad anziani. Sono giovani o adulti stranieri o italiani a commettere simili atrocità. Ma ci sono ancora nelle cronache giovani che si spendono per aiutare, portare conforto, difendere le categorie più deboli. Mi chiedo perché alcuni si comportano in un modo e altri diversamente? Perché alcuni sono misericordiosi e altri non hanno pietà? Tutto dipende dal menù che viene proposto, cioè dall'educazione che uno riceve e fa propria. L'attuale crisi economica ha posto con estrema evidenza l'implacabilità delle leggi di mercato che tengono in considerazione solo l'utile. Nella corsa per arrivare primi non c'è sempre la lealtà, la correttezza, l'onestà, le reali capacità, ma la furbizia, il non farsi prendere, l'accusa sfacciata, la difesa ad oltranza. L'incitamento degli adulti a farsi valere ad ogni costo può produrre effetti devastanti. In agguato c'è il cuore che può essere duro o tenero, aperto alla compassione o impietoso, affabile o scontroso, cordiale o studiato, arrendevole o spietato, censore o tollerante. Il nazismo riteneva la compassione un fatto di debolezza, arrivando a delitti che ancora oggi fanno rabbrividire. Avere compassione e farsi carico della debolezza altrui è invece un atto che esige grande forza d'animo fino alla solidarietà a rischio della stessa vita. Il misericordioso ha compreso che Dio non ha bisogno del volto duro e della voce imperiosa di chi condanna a morte per difende il suo nome. Dio si è già esposto sulla croce, proprio per la sua premura a favore di ogni uomo. Luca, nel suo Vangelo, ha una preoccupazione che traspare in ogni pagina. Gesù, con la sua partecipazione alle vicende umane, parla e fa conoscere che Dio è misericordioso. Tante persone hanno paura del giudizio di Dio e pensano di trovarlo preciso, puntuale, metodico nel valutare ogni peccato o mancanza. Chiedo loro di essere più tolleranti, accoglienti verso se stessi, e di praticare l'evangelico "misericordia voglio e non sacrificio". Non servono digiuno e penitenze se ci rendono duri e spietati censori, servono se aprono il cuore e la vita alla debolezza nostra e altrui per accettarle e modificarle. La Bibbia quando parla di questa compassione non solo dice del cuore, ma delle viscere, del grembo proprio ad indicare che, una creatura nel grembo della madre per crescere ha bisogno di tante attenzioni, premure, cure che dicono l'amore della madre. Solo con questo amore si migliora il mondo. Se nella nostra crescita abbiamo trovato persone che ci hanno dato tempo, offerto spazio, corretto con calma inclinazioni sbagliate, suggerito vie nuove, perdonato incoerenze, atteso risultati, rinnovata la fiducia, riproposta la stima, riannodata l'amicizia, ecco la misericordia di Dio ha preso ancora carne, è stata sul mio cammino e mi ha fatto diventare grande. E' così che uno dedicherà poi se stesso per chi è più debole, piccolo, indifeso e si unirà con altri perchè il bene si diffonda e coinvolga. Uno non solo si sente vivo, quando vive con misericordia, ma rende vivi e rinnova chi gli è vicino. Si fa presto a dire che occorre perdonare, è invece fondamentale accorgersi che il fanciullino che è dentro di noi, ha bisogno di essere accompagnato verso una maturazione che esigerà tempo e premura. Tante persone mi dicono la loro insoddisfazione, nervosismo, tensione, depressione, sconforto. Occorre cambiare menù e sulla tavola porre pane e misericordia. Così non solo non ci faremo del male, ma sperimenteremo la felicità interiore. don Piergiorgio

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